di Gianluca Albanese
SIDERNO – I metodi risoluti usati da Infusini Domenico, uno dei principali indiziati dell’operazione “Bacinella 2” condotta dalla Guardia di Finanza, sotto la direzione della Dda di Reggio Calabria (e che ha portato alla custodia cautelare in carcere di dodici persone (più sei agli arresti domiciliari) hanno rischiato, in un paio di occasioni, di creare “incidenti diplomatici” tra appartenenti alla medesima consorteria di ‘ndrangheta e con boss di cosche tradizionalmente alleate. E’ quanto emerge dalla lettura delle prime 120 pagine dell’Ordinanza di Custodia cautelare in carcere.
{loadposition articolointerno, rounded}
In una prima occasione, infatti, il boss Cosimo Figliomeni classe ’65, detto “brigante” aveva rimproverato Infusini, reo di aver compiuto un vero e proprio pestaggio ai danni di un suo debitore inadempiente, tale I. D., che, messo alle strette, si era rivolto al “brigante” per denunciare l’accaduto.
«Mi mortifico – ha detto Cosimo Figliomeni, rivolgendosi a Domenico Infusini – quando vengono da me e mi dicono che ti comporti in questo modo per soldi, che uno come lui – il riferimento è a I.D. – non può avere problemi per 3.000 euro», consigliando Infusini di farseli restituire in due-tre volte, e aggiungendo «Di non fare andare più queste persone al distributore – si riferisce alla stazione di servizio “Esso” di cui Infusini è titolare – perché sono passato due-tre volte e ho visto solo “rumenti” – spazzatura – e queste cose alla mia immagine “sdicono”», cioè stonano.
Peggio ancora quando a Marando Isidoro, residente a Mammola e anch’egli oggetto di custodia cautelare in carcere, nelle vesti di “intermediario” di un altro debitore ritardatario nel saldare i debiti contratti a usura venne impedito di farsi vedere a Siderno fino al saldo del debito del soggetto terzo nei confronti di Domenico Infusini.
A questo punto, Marando, sentendosi messo sotto pressione, decide di rivolgersi al boss di Marina di Gioiosa Ionica Rocco Aquino, a capo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, il quale fa pervenire a Infusini, tramite un altro degli arrestati (Figliomeni Vincenzo classe ’62) una “imbasciata”, con tutta la sua veemente reazione per l’accaduto.
«Isidoro Marando – ha mandato a dire Rocco Aquino a Domenico Infusini – può venire dove vuole e fare che vuole, che ha il permesso dei “cristiani”», ovvero degli ‘ndranghetisti di spessore, aggiungendo che avrebbe discusso della questione con un altro boss di spicco della cosca Commisso, ovvero Antonio Galea e che aspetta di discuterne di persona con Cosimo Figliomeni detto “brigante“.
Un messaggio, quello di Aquino, che Domenico Infusini prende molto sul serio, tanto da rivolgersi al boss Riccardo Rumbo, detto “Franco”, il quale gli consiglia di evitare certi tipi di situazioni, perché controproducenti, vista la sua posizione.
Una volta tornato dal Canada, poi, Cosimo Figliomeni si recherà, insieme ad Antonio Galea, da Rocco Aquino per “aggiustare” la situazione, non prima di aver provveduto a redarguire, sempre insieme ad Antonio Galea, Domenico Infusini.
«Ancora una volta – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere – si denota la subordinazione diretta dell’Infusini alla ‘ndrina Rumbo-Galea-Figliomeni, dalla quale riceve direttive e disposizioni».