di Simona Masciaga (Foto gentilmente concesse dal teatro Regio di Parma)
PARMA – Battaglia di Legnano, il terzo titolo messo in scena lo scorso 4 ottobre, ha trovato consensi anche tra il pubblico conservatore nonostante la solita presenza dei buatori seriali. L’idea della regista Valentina Carrasco è stata quella di puntare sul cavallo come vittima principale di ogni guerra più che sulle vittime umane, per la gioia degli animalisti.
Lasciando perdere la scena della testa mozzata che ricorda la scena del Padrino parte prima, l’intento della regista è stato sottolineare come il patriottismo, di cui l’opera trasuda, poteva essere consono all’ epoca della sua composizione e ancor di più ai tempi del Carroccio; qui invece, il nobile equino è la metafora del popolo innocente vittima di ogni atto belligerante. Si aggiungano anche i costumi di scena che ricordano molto le divise della Grande guerra e non quelle del 1176 o del 1849, anno della prima in una Roma in fervente Risorgimento.
Nota di merito va alle scene curatate da Margherita Palli, sia per l idea di evocare sul sipario l’affresco del Cavalier d’ Arpino ispirato alla battaglia tra romani e veienti, il reticolato che ingabbia i due amanti ritrovati ma non congiunti e, altresì l’ idea di tenere chiuso il sipario durante l’ esecuzione dell’ouverture del terzo atto per dare ampio spazio e respiro alla musica: la vera protagonista. Opera diretta dal giovanissimo Andrea Ceretta, che, a soli ventotto anni, già dimostra capacità notevoli: una promessa nel mondo della direzione orchestrale e di lui ne sentiremo parlare ben presto.