di Rosario Rocca*
BENESTARE – Dov’è il Welfare? Sento il dovere di intervenire ancora, a distanza di qualche settimana dalla drammatica vicenda di Bettina Ceravolo, l’anziana signora benestarese, che sola e indifesa, di notte, è stata imbavagliata e derubata nella sua abitazione. E non certo per fare della speculazione politica, ma perché mi sento chiamato in causa, come Sindaco, da alcune provocazioni diffuse a mezzo stampa, qualche giorno addietro, dalla Prof.ssa Ivana Pascale.
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Per una questione di chiarezza, voglio ricordare, prima di tutto a me stesso, che già da qualche anno lo Stato non riconosce ai comuni inferiori ai 5.000 abitanti il cosiddetto fondo sociale. In seguito a questi tagli, il Comune di Benestare non può più disporre delle quasi 60.000 euro, con cui, almeno negli anni della mia Amministrazione, si realizzavano progetti sociali finalizzati al contrasto della disoccupazione giovanile e, nella maggior parte dei casi, destinati all’assistenza agli anziani. Al contrario dell’Amministrazione precedente alla mia che, con quei fondi, acquistò addirittura i lampadari della casa canonica. Scelte politiche! Tornando alla mia di Amministrazione, senza voler elencare tutti gli interventi realizzati a favore degli anziani soli, voglio solo ricordare alla Prof.ssa Pascale che per il biennio 2014/2015, sia il Servizio Civile (conclusosi qualche mese addietro), che un altro progetto che prevede l’impiego di circa 20 giovani attraverso voucher (che inizieranno invece la loro attività dopo l’estate), sono stati programmati per offrire servizi di supporto e di assistenza agli anziani.
Non credo che un comune, oggi, in un tempo di crisi economica e di tagli orizzontali alla spesa pubblica, possa fare di più. Se, comunque, alle provocazioni della Prof.ssa Pascale seguisse magari una proposta, ne sarei felice. Certo non posso organizzare ronde notturne con i voucher. E non solo perché sarebbe una misura illegittima e fascista, ma anche perché non vorrei attecchisse, ulteriormente, qui da noi, una certa cultura urlata, ultimamente in televisione, dalle signore e dai signori dal fazzoletto verde!
Preferisco la cultura della solidarietà su cui, cara Prof.ssa, nè da Lei e né da altri, mi sento di accettare lezioni. E, mi scusi l’arroganza, ma la mia di solidarietà (che Lei, insieme ad altri, definisce strumentale), quella che ho riservato per le famiglie e per gli anziani benestaresi derubati, mi è costata parecchia sofferenza.
E La prego, conti almeno fino a tre, la prossima volta, prima di additarmi un certo silenzio istituzionale, perché da Sindaco e per il bene del mio paese e della mia gente ho sempre, come adesso, condannato e denunciato apertamente fenomeni malavitosi che altri, prima di me, definivano “episodi circoscritti”.
Ma la storia di questi anni parla da sola, e nulla mi sento di dover dimostrare. Non credo comunque, che i furti nelle abitazioni, perpetrati ai danni di anziani soli o di famiglie, siano una questione di Welfare. Avrebbe potuto un progetto sociale, efficiente e lungimirante, evitare che dei malviventi violassero, di notte, l’abitazione di una signora anziana e sola? Ma ciò che trovo profondamente ingiusto e immorale è la continua lotta tra poveri che si vuole alimentare. E sempre contro i nostri immigrati. Un giorno dei disoccupati, un’altro dei terremotati, oggi degli anziani soli i drammi vengono associati alle risorse (comunitarie e non comunali tra l’altro) utilizzate per l’accoglienza di profughi e rifugiati. Come se i più disgraziati di questo tempo fossero la causa della crisi economica e della povertà sociale che albergano, ormai, in lungo e largo per l’Italia.
E non voglio riferire qui dei particolari emersi dalla vicenda ultima, ma ad imbavagliare, forse malmenare e derubare la povera signora anziana sola non sono stati certo ragazzi africani, e nemmeno svedesi o trevigiani. Sono stati dei ragazzi calabresi, benestaresi probabilmente. E allora mi chiedo perché si coglie volutamente l’occasione per attaccare i progetti di accoglienza. Anche a costo di fare del leghismo di sinistra! Mi scusi ancora, cara Prof.ssa, la presunzione, ma preferisco, smisuratamente alla sua, la mia idea di solidarietà che Lei, insieme ad altri, continueranno a definire strumentale. Chissà perché… ce ne faremo una ragione.