RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LE SEGUENTI DICHIARAZIONI DEL GRUPPO CONSILIARE “BIVONGI AL FUTURO” ALLEGATE NELL’ULTIMO CONSIGLIO COMUNALE DEL 4 OTTOBRE 2014 IN MERITO ALLO STATO DI ATTUAZIONE DEL PROGETTO SPRAR
Già dall’estate 2013 il Sindaco, nel dare comunicazione al Consiglio Comunale dell’intenzione di partecipare al bando SPRAR, annunciava la convocazione di una assemblea pubblica per discuterne. Da quell’annuncio in diverse occasioni (Consigli Comunali, conferenze capigruppo, comitati) abbiamo evidenziato la necessità di una discussione in Consiglio dell’argomento, ottenendo sempre la stessa risposta: un’assemblea pubblica sarebbe stata convocata a breve.
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Ora siamo ad oltre un anno da quel primo annuncio, con il progetto già avviato, ad ascoltare “Comunicazioni del Sindaco sullo stato di attuazione …” che è cosa ben diversa da un’assemblea pubblica (più volte promessa), oppure di una discussione preventiva in Consiglio.
Chiariremo nel seguito che non siamo contrari al progetto.
Siamo contrari a questo modo di gestire le cose. Avremmo voluto dire la nostra in merito, ascoltare i cittadini in sede pubblica, dopo di che la maggioranza avrebbe potuto comunque portato avanti il progetto, come è sua prerogativa.
Riteniamo comunque che non sia troppo tardi e reiteriamo la richiesta un’assemblea pubblica per ascoltare i cittadini.
Si dirà, anzi è già stato detto, che chi è contrario al progetto è un razzista. Non è necessariamente così. È vero però che l’ignoranza è l’anticamera del razzismo. Siamo sicuri che una corretta informazione sulle finalità del progetto, a chi è rivolto, come è gestito, da chi è finanziato, ecc… farà cambiare atteggiamento a quei pochi (o molti) bivongesi che hanno manifestato la loro contrarietà. Non li si può banalmente liquidare semplicemente come razzisti.
Finora, in diverse situazioni in cui se ne è parlato, l’ultima solo l’altro ieri nell’incontro con i genitori degli scolari, è stato posto l’accento solo sulla ricaduta economica, facendo l’equazione un_ospite = tot_euro = tot_posti_di_lavoro. Continuare a fare leva sui 40/50 euro giornalieri per superare le ritrosie dei cittadini, porta esattamente nella direzione opposta rispetto all’obiettivo minimo dello SPRAR che è l’accoglienza integrata. È sbagliato. È diseducativo. Rafforza il convincimento che si tratti esclusivamente di una questione di soldi. L’accoglienza deve essere un sentire, un valore, quando la si trasforma solo in un fattore economico si snatura la sua essenza.
Non abbiamo sentito parole sulle potenzialità offerte dalle occasioni di confronto, scambio solidale ed arricchimento reciproco culturale. La Cultura non è solamente il numero di laureati, di cui andiamo tanto fieri. La Cultura la si apprende con l’educazione, attraverso l’esempio, l’esperienza, il confronto.
Dietro ogni volto, che sia nero, o giallo, o rosso, c’è un uomo. Un uomo che ha lasciato la sua terra, la sua famiglia, ha affrontato un viaggio di migliaia di chilometri, che gli è costato una fortuna, dove ha visto morire dei suoi compagni, ed è giunto in Italia o in Europa e ha chiesto asilo. Nessuno venga a dire che lo hanno fatto per guadagnare 2 euro e mezzo al giorno, per avere una ricarica del cellulare e vitto e alloggio gratis per sei o dodici mesi!
Oggi è il 4 ottobre, il 3 ottobre dello scorso anno il naufragio di un barcone ha causato 366 morti accertati e 20 dispersi in mare. Ma questo è solo il fatto più eclatante, quello posto all’attenzione dei media. Nei primi otto mesi del 2014 si sono contati 1889 morti nel mediterraneo, 1600 solo nei mesi di giugno, luglio e agosto.
Siamo tanto affannati a difendere i nostri piccoli privilegi, a nasconderci dietro lo spettro della crisi, a piangerci addosso perché non arriviamo alla fine del mese, che non abbiamo capito che i veri poveri vivono senza tetto né legge, che per loro l’acqua potabile è una fontana a venti chilometri di distanza e i diritti un miraggio oltre il deserto e il mare.
Non conosciamo le storie personali di questi disperati. Sappiamo che le condizioni nei loro paesi di origine li hanno spinti ad arrivare fin qui e a richiedere asilo politico. E questo, per ora, ci deve bastare.
Il diritto d’asilo è garantito a livello internazionale dall’articolo 14 della Dichiarazione dei dritti dell’Uomo e in forma più stringente dalla Convenzione di Ginevra del 1951.
In Italia il diritto d’asilo è assicurato dall’articolo Articolo 10 della costituzione che recita: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
Come sappiamo quest’articolo fa parte dei DIRITTI FONDAMENTALI ed è immodificabile.
Non è l’Europa che ci impone di accogliere chi fa richiesta d’asilo, non sono le direttive europee: è la Costituzione italiana.
Quello su cui si può discutere, e tutte le opinioni sono legittime, sono “le condizioni stabilite dalla legge”, e cioè il decreto legislativo 25/2008 “Sulle norme minime per le procedure applicate negli stati membri al fine del riconoscimento e della revoca dello Status di rifugiato”, modificato in seguito più volte, questo si, derivato da una direttiva comunitaria.
Lo SPRAR (Servizio di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) è un sistema formato dagli enti locali italiani che mettono a disposizione una serie di servizi legati all’accoglienza, all’integrazione e alla protezione dei richiedenti asilo e rifugiati. È nato nel 2001 con l’obiettivo di garantire un percorso di accoglienza integrata: il superamento della semplice distribuzione di vitto e alloggio per il raggiungimento della costruzione di percorsi individuali di inserimento socio economico.
Ad un ente (o ad enti convenzionati) che aderisce allo SPRAR vengono assegnati un numero di posti (il cui massimo dipende dalla popolazione), e per ogni posto è prevista una spesa giornaliera di circa 40 euro. Il Ministero dell’interno chiede all’ente di assumersi una parte di questa spesa (cofinanziamento), finanziando il ministero la restante parte.
È fondamentale chiarire a chi è rivolto il progetto: ai Richiedenti Asilo e ai Rifugiati. Questi sono uomini donne e bambini che non sono immigranti irregolari. Irregolare è colui che ha eluso i controlli alle frontiere nazionali, oppure è entrato con un visto e alla scadenza non è rimpatriato, oppure è rimasto nel paese nonostante un provvedimento di espulsione.
Accedono allo SPRAR un esiguo numero di persone provenienti dai CARA (Centri di accoglienza governativa per i richiedenti asilo) dopo una di settimane, a volte mesi, in una non vita che distrugge la dignità delle persone. I CARA sono quasi sempre strutture originariamente dedicate ad altre funzioni: da ex edifici industriali a ex aree aeroportuali militari, attrezzati nella maggior parte dei casi con container e prefabbricati, per lo più lontani dai centri urbani e difficilmente raggiungibili. Qui, le condizioni di accoglienza sono minime: stanzoni dormitorio che ospitano un numero elevato di richiedenti asilo; pochi spazi comuni; servizi igienici insufficienti; servizi alla persona limitati. Li vediamo in televisione, quando accennano qualche forma di protesta. Per il resto sono invisibili.
Questo per dire che per un comune come Bivongi, che ha conosciuto e conosce ancora il fenomeno dell’emigrazione, anche se legata a situazioni nemmeno lontanamente paragonabili, e che ha sempre accolto e ospitato persone provenienti da ogni luogo, l’adesione al progetto SPRAR dovrebbe essere considerato un obbligo morale.
PER QUESTI MOTIVI SIAMO FAVOREVOLI ALL’ADESIONE DI BIVONGI AL PROGETTO SPRAR.
Detto ciò dobbiamo tenere presente la nostra situazione attuale e la nostra capacità di “garantire un percorso di accoglienza integrata per il raggiungimento della costruzione di percorsi individuali di inserimento socio economico”, obiettivo primario dello SPRAR. Il comune di Bivongi ha presentato come capofila un progetto che interessa anche i comuni di Monasterace e Locri.
Una prima valutazione si può fare dal confronto con i progetti degli altri enti.
Balza subito all’occhio l’entità del cofinanziamento. A livello nazionale, su 353 enti ammessi, Bivongi figura al 45° posto con 125.125,00 € (precedendo città Udine, Catania, Reggio Emilia, solo per fare degli esempi, con popolazioni ben al di sopra dei 100.000 abitanti), e al 3° posto se si considerano i comuni al di sotto dei 5000 abitanti, superato solo dai comuni di Petralia Soprana con 90 posti assegnati e Jelsi con 45 posti assegnati.
Se si considera invece il cofinanziamento per numero di abitanti, Bivongi risulta al 7° posto con 90,8 €/abitante (non considerando Monasterace e Locri). Al 6° se si considerano gli enti sotto i 5000 abitanti, dietro Collegiove (156 abitanti), Chiesanuova (216), Ascrea (279) e Sant’Alessio in Aspromonte (317).
Per quanto riguarda la percentuale di cofinanziamento, Bivongi, compartecipando con il 35% della spesa, risulta al terzo posto in assoluto, mentre se si considerano gli enti sotto i 5000 abitanti figura al primo posto.
Dal confronto appare che il cofinanziamento è sproporzionato e richiede un ingente sforzo al Comune e alla cooperativa convenzionata, che con una percentuale di cofinanziamento scelta in modo più oculato, avrebbero avuto risorse ben maggiori e fornire servizi più adeguati.
PREOCCUPA IL RIDOTTO (RISPETTO AI PROGETTI DI ALTRI ENTI) SPAZIO DI MANOVRA ECONOMICA, CHE NON VORREMMO SI RIVERSARSE SULLA QUANTITÀ E QUALITÀ DEI SERVIZI OFFERTI. ANNUNCIAMO FIN D’ORA CHE MONITOREREMO ATTENTAMENTE L’INTERO PROGETTO.
Dal confronto appare che il cofinanziamento è sproporzionato e richiede un ingente sforzo al Comune e alla cooperativa convenzionata, che con una percentuale di cofinanziamento scelta in modo più oculato, avrebbero avuto risorse ben maggiori e fornire servizi più adeguati.
PREOCCUPA IL RIDOTTO (RISPETTO AI PROGETTI DI ALTRI ENTI) SPAZIO DI MANOVRA ECONOMICA, CHE NON VORREMMO SI RIVERSARSE SULLA QUANTITÀ E QUALITÀ DEI SERVIZI OFFERTI. ANNUNCIAMO FIN D’ORA CHE MONITOREREMO ATTENTAMENTE L’INTERO PROGETTO.
Riguardo all’inserimento socio-economico che cosa può offrire la nostra Comunità agli ospiti del progetto? Quali sforzi saranno fatti dal Comune? E perché gli stessi sforzi non vengono fatti a favore dei (tanti) disoccupati bivongesi?
Non vogliamo innescare o fomentare una guerra tra poveri. Abbiamo già detto chi sono i veri poveri, e, fortunatamente, non siamo tra questi. Ma la domanda, legittima, sale dalla società civile e chi impegna cospicue risorse della Comunità, come sarà detto di seguito, deve dare delle risposte.
Si è detto che il comune di Bivongi non spenderà un solo euro dal suo bilancio, ma dovrà comunque impegnare risorse umane, immobili e attrezzature per un importo equivalente di 62.100€ per il 2014 e 67.500€ per ciascuno degli anni 2015 e 2016.
Possibile che nelle pieghe del ristrettissimo bilancio del Comune ci sia margine per una tale operazione? Quali immobili/attrezzature/operatori sono stati destinati al progetto e quale era la loro precedente destinazione?
Ancora, qual è l’effettivo contributo dei comuni di Monasterace e Locri sia in termini di impegno finanziario (o forniture di personale, servizi ecc…) che in termini di strutture di accoglienza? Dalle poche informazioni che abbiamo dei 25 RARU, 21 siano ospitati a Bivongi e 4 a Monasterace, mentre nessuno è dislocato a Locri.
E come è stata fatta la ripartizione delle spese di cofinanziamento tra Comune e cooperativa convenzionata?
QUESTE ED ALTRE DOMANDE VORREMMO PORRE INSIEME AI CITTADINI IN UN DIBATTITTO, PER QUESTO RINNOVIAMO IN MODO FORMALE LA RICHIESTA DI CONVOCAZIONE DI UN’ASSEMBLEA PUBBLICA.