di Adelina B. Scorda
LOCRI – Un’udienza tutta tesa a ascoltare i cinque testimoni della difesa del processo Black Garden che vede fra gli imputati Pietro Crinò e il Fratello Antonio all’epoca dei fatti rispettivamente sindaco di Casignana e direttore tecnico della Zetaemme, società che gestiva la discarica di Casignana.
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L’indagine iniziò a seguito di una serie di segnalazioni pervenute ai vari organi di controllo da un gruppo di cittadini, l’attuale comitato “no discarica di Casignana”, il quale segnalò sia la presenza di percolato nel vallone Rambotta, sia un gestione deficitaria del sito e che portò nel novembre del 2011 al sequestro della discarica di Casignana e della società che la gestiva. Segnalazioni avvalorate dallo studio approfondito effettuato da Francesco Raso, specializzato in indagini ambientali, ‹‹facendo emergere un altissimo tasso d’inquinamento››.
Il percorso iniziato già nella precedente udienza, dove sul banco dei testimoni prodotti dalla difesa salì l’ingegnere Maurizio Avallone che presentò una relazione che sembrò in parte smontare l’impianto accusatorio, inserisce adesso fra i nomi della lista prodotta dagli avvocati dei fratelli Crinò anche Angela Cardile, dirigente del dipartimento suolo e rifiuti dell’Arpacal l’ingegnere Fabio Scionti e il geologo Carmine Malivindi, questi ultimi redattori di una perizia tecnica che in sintesi sembrerebbe porsi da supporto alla precedente relazione dell’ingegnere Avallone, ad oggi inserita agli atti.
La linea difensiva perseguita dall’avvocato dei Crinò avrebbe tentato, attraverso una serie dettagliata di domande, poste alla dirigente dell’Arpacal Angela Cardile, di mettere in risalto l’eccessiva attenzione che comitato dei cittadini e media avrebbe creato attorno alla discarica di Casignana causando un eccessivo allarmismo. Sottigliezze che la Cardile sembrerebbe aver colto precisando come “tutti i controlli effettuati dall’Arpacal dal 2008 ad oggi, sono e furono indirizzati a verificare la gestione della discarica. Sopralluoghi che misero in evidenza alcune criticità del sito, segnalate subito agli organi preposti ai quali fu richiesta la realizzazione dei lavori necessari per la messa in sicurezza del sito al fine di evitare la fuoriuscita di percolato”.
La discarica, come chiarito dal geologo Malivindi, non risulterebbe geo-morfologicamente idonea a contenere le volumetrie di rifiuti abbancati, una sola nota positiva sulla struttura del sito è stata messa in luce dal tecnico della difesa, ossia la presenza di un banco di argilla spesso 30 metri che costituirebbe una barriera naturale e impermeabile. Sulla presenza poi, di percolato nel vallone Rambotta è stato specificato dal geologo Malivindi che “pur non essendo la discarica di Casignana da un punto di vista geomorfologico perfetta, in quanto situata a ridosso di un vallone, va comunque segnalato che il torrente di cui si fa menzione non è un corso d’acqua perenne ma prevalentemente secco e per questo meno a rischio. Realizzare una discarica sull’imbocco d un torrente può essere pericoloso – ha proseguito – se alla discarica non si forniscono strumenti smaltire il percolato in maniera costante e perfetta”.
Un nuovo tassello si aggiunge al dibattito processuale,a d attirare l’attenzione del tecnico è proprio la conformazione anomala delle vasche di raccolta delle acque meteoriche che essendo prive di copertura sarebbero le maggiori responsabili della fuoriuscita del percolato frammisto ad acqua. Le indagini di Malivindi che si basano anche sulle perizie tecnico –scientifiche di personale specializzato sosterrebbero anche la natura non inquinante del percolato “ qualora – ha specificato Malivindi – quando solo un piccolissima quantità è frammista a metri cubi d’acqua”. L’udienza è stata aggiornata al 15 aprile per l’esame dei testi prodotti dalla difesa e per l’esame degli imputati.