di Adelina B. Scorda
BOVALINO – Proprio nella Locride dove alta è la concentrazione di comuni sciolti per infiltrazioni mafiose l’associazione del CDU ha organizzato un convegno con dibattito aperto sul tema: «Scioglimento dei Comuni per mafia. Principio di legalità o democrazia sospesa? Necessità di una riforma». L’interrogativo posto per il dibattito è se la legge, pur essenziale per porre un freno alle devianze che si creano tra politica e criminalità organizzata, la quale vanifica ogni tentativo di migliorare il livello socio-economico e culturale, facilitando ascese pericolose, debba essere riformata. A confrontarsi, non troppo delicatamente, sul tema spinato della singola legge, il coordinatore del convegno Mario Mazza, il sindaco di Bovalino, Tommaso Mittiga, il presidente dell’associazione dei comuni della Locride Giuseppe Strangio e ovviamente l’onorevole Mario Tassone, le cui dichiarazioni hanno ufficialmente chiuso il convegno dopo due ore e trenta minuti di dibattito.
Una breve ed esplicativa introduzione della giornalista Annamaria Impaltini, che ha ben chiarito le dinamiche innescate l’indomani dell’approvazione della legge, che in poco più di vent’anni ha portato allo scioglimento per mafia di ben 217 comuni italiani e 103 attualmente con commissione d’accesso, ha dato il là a una discussione che si preannunciava, per gli animi caldi presenti in sala, intensa e interessante da diversi punti di vista come, ad esempio, l’assenza dei commissari prefettizi chiamati in causa, loro malgrado, dal tema del convegno. Dinamiche, quelle riguardanti lo scioglimento dei civici consessi, che oggi appaiono offuscate da dubbi e dalla presunta privazione della democrazia che la legge nelle sue applicazioni causerebbe.
Un po’ di storia
La legge contro le infiltrazioni mafiose negli enti locali è stata introdotta nell’ordinamento giuridico italiano con decreto-legge n. 164, art. 1 del 31 maggio 1991 Il provvedimento legislativo nacque, infatti, in un momento di emergenza tra il 1991 e il 1992, quando lo Stato intervenne a seguito di una cruenta faida che vedeva come epicentro Taurianova, dove tra i vari omicidi e attentati destò molto scalpore la decapitazione di un uomo la cui testa venne lanciata in aria e fatta oggetto di un macabro tiro al bersaglio in pieno centro abitato. Fu quella una risposta straordinaria, dell’ordine costituito, a un’altrettanta situazione straordinaria che ha portato negli ultimi vent’anni a numerosi decreti di scioglimento contro altrettanti consigli comunali. La Corte Costituzionale ha stabilito nella famosa sentenza n. 103/1993 che gli elementi su cui deve poggiare lo scioglimento sono innanzitutto i collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata o in alternativa il condizionamento che la mafia impone agli amministratori oltre a ciò è necessario connettere al condizionamento o ai collegamenti dei pregiudizi che sono la mancanza di libera determinazione per gli organi elettivi e/o amministrativi (dirigenti, personale), l’andamento negativo dell’ente locale, il malfunzionamento dei servizi affidati all’ente oppure pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica; questa situazione prevista dalla Corte viene riscontrata dalle commissioni in determinati casi: appalti pubblici (ad esempio per la raccolta dei rifiuti, per la realizzazione di infrastrutture) affidati in maniera irregolare oppure ad un’impresa collegata direttamente o indirettamente (prestanome) alla mafia, concessioni o autorizzazioni amministrative rilasciate in modo irregolare o dietro minacce o pressioni oppure emesse in favore di soggetti collegati direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata (tutti ambiti che sono obiettivo delle mafie secondo quanto prevede l’art. 416 bis del codice penale italiano), affinità, parentela, frequentazioni degli amministratori e/o dipendenti pubblici con soggetti appartenenti direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata,precedenti penali o procedimenti penali pendenti a carico di amministratori e/o dipendenti pubblici, la presenza di una o più famiglie mafiose sul territorio comunale, abusivismo edilizio imperante,mancata riscossione dei tributi, adesione culturale o omissioni degli amministratori dinanzi alle gesta della mafia. La corte ha ricordato inoltre che per arrivare allo scioglimento di un ente locale per infiltrazioni mafiose gli elementi probatori non devono essere granitici (come invece è richiesto per provare la responsabilità penale di un soggetto o sottoporlo a misure di prevenzione) perché questo istituto è una misura di prevenzione sociale e si deve intervenire anche quando c’è il pericolo che una o più cosche “inquinino” l’ente pubblico.
La richiesta dei sindaci
Una legge cui i sindaci della Locride ne chiedono a gran voce la modifica, la sua astratta applicazione non porterebbe, com’è stato più volte rilevato in sede di dibattito, “a quell’operazione chirurgica di estirpazione della criminalità organizzata, ma posticiperebbe solo, e in alcuni casi neppure (esempio emblematico ne è Platì, quando a essere commissariato, fu la commissione straordinaria; un caso limite di commissariamento del commissario), la presa di coscienza della necessità di un cambiamento radicale che vada a colpire la radice del problema e non le sue ramificazioni” Una legge – prosegue il presidente di asso comuni Strangio – a metà strada fra i procedimenti amministrativi e quelli penali, posta in una terra di mezzo che genera solo confusione nelle sue forme di applicazioni”. Non meno distante la visione del sindaco Mittiga che mantenendo una posizione garantista fino a prova contraria, ribadisce la contrarietà alle metodologie di applicazione della legge. “Io- ha dichiarato Mittiga nel suo discorso di apertura ai lavori – sono il sindaco di un comune enclave, che non si elogia, per essere uno dei pochi comuni a essere estraneo a queste dinamiche, ma che riconosce in “primis” la difficoltà di essere amministratore, io mi sento di dire che i comuni sciolti per mafia, Ardore, San Luca, Platì, Careri, Casignana, non hanno nulla a che fare con la criminalità organizzata, lo dico perché con questi comuni Bovalino ha lavorato gomito a gomito e conosco la correttezza di questi sindaci. Come sindaci non vogliamo né impunità, né immunità, ma vogliamo che a pagare per gli errori commessi sia il singolo e non un’intera amministrazione. Non può pagare la popolazione per gli errori commessi, ad esempio dai dirigenti. Non possiamo continuare a essere capri espiatori di una legge che così com’è non porta a nulla, ma deve essere modificata. Se questa è l’alternativa, ben vengano i vecchi comitati di controllo e di verifica dell’ente. Lo scioglimento dei comuni per mafia non ha senso se poi lo stesso amministratore, siede legittimamente, come nel caso di quel galantuomo di Pietro Crinò in consiglio regionale. Da queste storture ci rendiamo conto che la legge non colpisce chi realmente delinque”. Una legge che nel corso della sua applicazione “non ha sortito grandi risultati – dichiara Strangio – ciò che chiediamo non è la sua abrogazione, come si è erroneamente pensato, ma solo ed esclusivamente la sua modifica. È, dunque, il principio secondo cui uno stato democratico deve interpretare le esigenze dei propri cittadini, il punto di raccordo della riflessione richiesta, da Mario Mazza, al giudice Luigi Condemi dove è il popolo a dover determinare il clima politico della propria comunità. Il venire meno del principio democratico anima, dunque, tutto il convegno, che mette alla gogna la figura del commissario, funzionario inutile e fin troppo costoso. La presenza imposta dei commissari prefettizi, che nulla conoscerebbero del territorio chiamati dall’alto ad amministrare genererebbe una fase di stallo non solo politica ma gestionale dell’intera comunità, “I commissari – ha sostenuto Franco Crinò nel suo intervento – non solo non fanno nulla perché non sanno, ma non fanno, perché ritengono che ogni atto che si produce, (un finanziamento, un bando) è un atto a favore (che fa gola) alla criminalità organizzata. Ma tenere il gioco fermo è un’azione mortale per le nostre comunità”. “Funzionari imposti che nessuno controlla – tuona Tassone – quello che bisogna capire è che la lotta alla criminalità organizzata si fa attraverso la democrazia e non con il suo decadimento. E’ da saggi parlare di un argomento così importante. Non è un fatto che riguarda i “sindaci” e i “consiglieri” e/o la burocrazia. Interessa la popolazione tutta. Per questo dobbiamo parlarne serenamente con spirito libero da preconcetti ma per il solo bene comune. Questo è un momento importante per un confronto serio sui temi della legalità che non possono non prevedere una sostanziale riforma della legge sullo scioglimento dei comuni per rendere sempre più efficace la lotta e il contrasto alla criminalità organizzata, evitando provvedimenti che si sono rivelati genericamente penalizzanti per realtà territoriali, senza colpire i veri responsabili d’illeciti e di connivenze con le organizzazioni criminali”. “Comprendere, dunque se la norma è realmente condivisibile e se concepita così com’è, rappresenta la soluzione al problema o se ancora troppo generica e soggetta all’interpretazione della sensibilità d’indagini basate più sul sospetto che su elementi di certezza”. È il quesito posto da Mario Mazza che prosegue affermando: Bastano i rapporti di parentela a determinare lo scioglimento di un comune? L’opera di risanamento che avrebbero dovuto compiere i commissari si è rivelata, in realtà, inutile e inefficace, in realtà la loro presenza sul territorio ha favorito le infiltrazioni mafiose, con quella fase di stallo che si è andata creando nel corso del loro non operato”. Una dura critica alla figura commissariale vista unanimemente come un palliativo e un inutile spreco di denaro pubblico. Pensieri comuni e decisione unanime, dunque, necessario è chiedere la modifica della legge. Una nota in fondo alla pagina: forse sarebbe stato più avvincente e interessante un confronto reale e diretto fra sindaci e commissari. Discutere dell’argomento fra concordi è come parlare a se stessi senza giungere mai a un reale cambiamento. Chissà se i commissari sono stati invitati a partecipare al convegno?