I centoventi “camici bianchi” centroamericani dello scorso mese di agosto si andavano ad aggiungere ai precedenti 51 del dicembre dello scorso anno per un totale di 171 unità, oggi si apprende che per le ormai imminenti festività natalizie ne arriveranno altri centotrenta che, in un anno esatto, fanno trecentouno; davvero un bel traguardo raggiunto dalla compagine governativa calabrese nel far rispettare il timing dell’assunto impegno per andare a coprire alcune, specifiche, falle della Sanità calabrese, però la domanda nasce spontanea: i medici, gli infermieri, i paramedici, i parasanitari e tutti coloro che gravitano nell’orbita medico-sanitaria calabrese si dovranno arrendere, prendere baracca e burattini ed andarsene altrove o possono contare ancora di trovare albergo professionale nella propria terra?
di Antonio Baldari
“L’intenzione di proseguire su questo terreno pare essere una convinzione più che superficiale, a cui fa da contraltare una vera e propria ritrosia di risorse umane altrettanto non convinte di rimanere in Calabria per l’esercizio della professione, da medico o da infermiere fate vobis!”; scrivevamo esattamente così, poco più di tre mesi fa, nel momento in cui vi era stata una manifestazione di encomio, in quel di Locri, ad alcuni dei medici cubani che la regione Calabria aveva voluto portare qui destinandoli nei vari nosocomi provinciali.
E ci avevamo visto lungo posto che, quei 120 “camici bianchi” centroamericani, si andavano ad aggiungere ai precedenti 51 del dicembre dello scorso anno per un totale di 171 unità, oggi si apprende che per le ormai imminenti festività natalizie ne arriveranno altri centotrenta che, in un anno esatto, fanno 301; non c’è che dire, davvero un bel traguardo raggiunto dalla compagine governativa calabrese guidata da Roberto Occhiuto, puntualissimo come un orologio svizzero nel far rispettare il timing dell’assunto impegno per andare a coprire alcune, specifiche, falle della Sanità calabrese.
Come sempre però, lubranamente agevolando, la domanda nasce sempre spontanea: quel “processo di cubanizzazione” in atto che sta conoscendo una forte accelerazione in termini di unità di lavoro da impiegare e fors’anche in specifici termini di qualità, può considerarsi definitivo? In altre e più spicce parole, i medici, gli infermieri, i paramedici, i parasanitari e tutti coloro che gravitano nell’orbita medico-sanitaria calabrese si dovranno arrendere, prendere baracca e burattini ed andarsene altrove o possono contare ancora di trovare albergo professionale nella propria terra?
Questo anche e soprattutto perché le Università calabresi, intanto, continueranno a sfornare dei professionisti di tutto riguardo ma che senso avrà se non potranno professionalmente e legittimamente esercitare nella propria terra? Ai governanti di Calabria l’ardua sentenza.