R. & P.
Il borgo di Camini, di appena 780 abitanti, situato in una zona amena, vede il mare Ionio dall’alto, attraverso gobbe ondulate di colline. Noi, del gruppo Borghinfiore di Siderno, siamo giunti in automobile, dopo un’ora circa di cammino tra la ss. 106 e la provinciale che sale, al semaforo, dal bivio di Riace Marina verso le campagne retrostanti. Camini non è soltanto un borgo collinare, ha una lingua di terra che raggiunge il mare, tra Monasterace e Riace, un’area camper. Il Sindaco ci ha detto che al Comune appartiene un striscia costiera di kmq 17, che si sta sviluppando turisticamente, e che proprio nei fondali tra Camini e Riace sono rimasti sepolti per millenni i famosi Bronzi scoperti nel 1972.
Sarà stata la domenica di sole e cielo limpido, sarà stata la campagna verde con mandorli fioriti, oppure i laboratori attivi tra i vicoli, o tutto insieme, il paesino ci ha conquistati, dandoci speranza per il futuro di piccole comunità, che hanno inglobato nuovi gruppi etnici, che sembrano vivere fuori della storia, lontano da guerre da cui alcuni di loro sono fuggiti, come ci ha raccontato Duà in seguito, arrivata qui con la sua famiglia sei anni fa, dalla Siria.
Rosario Zurzolo ci ha introdotti alla conoscenza di luoghi tipici, dal Municipio in alto, presso un’ampia piazza alberata dove in estate si svolgono concerti e conferenze, alle vie lastricate da sampietrini simili a tante altre dei borghi reggini, grazie a leggi regionali sul restauro di antichi Comuni, tra case modernizzate, divenute “villaggio albergo”, come comunemente si indicano l’insieme di edifici restaurati e offerti ai migranti. Residenti e migranti lavorano per gli stessi progetti, tra attività agricole e artigianali, tra scuola-lavoro e gestione dei servizi. È intervenuto anche il Sindaco, durante il percorso, un architetto tornato dal Settentrione nel 1999 per amore verso il proprio paese e orgoglioso del programma d’accoglienza attuato in collaborazione con l’Associazione di cooperative “Jungi Mundu” che ha dato vitalità al luogo, fermando gli abitanti, creando occupazione, favorendo l’iter lavorativo non dall’interno verso i paesi costieri, ma “dalla costa all’interno, verso il borgo collinare”, come ama dire Rosario e anche il Sindaco Pino Alfarano.
Camini per secoli fu casale di Stilo. Divenne Comune autonomo nel 1806. Oliveti, vigne, legumi, frutti vari, furono e sono risorse principali, a cui si sono aggiunte serre da fiori; si sta diffondendo la nuova attività del turismo, favorito da quattro chilometri di spiaggia sabbiosa, dalla enogastronomia ai suoi primi passi, dai prodotti tipici locali e mediorientali (siriani e arabi).
Le villette costruite nelle frazioni prossime al mare, per esempio a Ellera, che nel passato ha ospitato pure un centro molto noto per disabili, e la predilezione di inglesi e olandesi vacanzieri per tale zona, ne avevano fatto presagire un certo sviluppo. Pur piccolo, ne ha tutte le potenzialità, da quanto abbiamo potuto apprendere. Solo i fondi finanziari e i progetti arenati sono insoddisfacenti, altrimenti il dipinto che raffigura il filosofo Campanella giovane si sarebbe restaurato (si trova nella chiesa principale dell’Assunta, in un angolo della volta ricca di figure bibliche in precario stato di conservazione), e anche altre importanti infrastrutture si sarebbero costruite. Comunque vanno avanti le attività legate al vino con le cantine bivongesi, la coltura in serre dei fiori, un Centro per disabili mentali.
Il Gruppo Borghinfiore ha visitato alcuni laboratori artigianali: di tessuti al telaio, di tintoria con sostanze naturali, di sartoria, ceramica, pittura, liuteria, ubicate nelle principali vie del paese, tra gli antichi catoi recuperati e i pianterreni dei palazzi vecchi; fanno parte della cooperativa sociale Eurocoop Servizi, che unisce insieme residenti e migranti, laboratori e vendita, scuola e informazione. Lo scorso anno il Comune ha ricevuto il Premio Codacons 2021, a Roma, per la Sezione “Piccolo Comune Amico”, riservato a chi tra i 350 piccoli Comuni primeggi in progetti d’utilità sociale.
Da parecchi anni
l’Amministrazione comunale, l’Associazione Jungi Mundu, i cittadini locali, portano
avanti l’accettazione di migranti e la collaborazione nelle attività comuni.
Attualmente sono
intorno a 150 elementi, tra adulti e bambini, domiciliati a Camini. Sono per lo più siriani,curdi, nigeriani, ganesi, di altre nazionalità che sono passati di qua e vi sono rimasti. Durante il percorso, oltre al presidente Zurzolo, ci hanno guidato e spiegato tante conoscenze la signora Caterina (di Caulonia), la studentessa siriana Duà che frequenta l’Istituto Turistico di Gioiosa, il cui padre Mohamed, sfuggito alla guerra (ma ferito) vive qui con la famiglia da sei anni, da muratore è divenuto fotografo ufficiale di Jungi Mundu.
Oltre a tessuti diversi, le botteghe offrono tappetini, sciarpe, foulard di seta ‘cruenta’ (non raffinata) colorati con sostanze ecologiche, borse e borsette, vestiti e giubbotti tra cui uno di ultimo modello con strisce bianche catarifrangenti (utile a chi cammina di notte a piedi o in bicicletta), vasi e piatti dipinti in ceramica, strumenti musicali quali liuti e lire, zufoli e flauti semplici, tamburi e kazù in varie tipologie di legno, anche in ciliegio (più pregiati). Abbiamo conosciuto il liutaio, anzi maestro liutaio Vincenzo Piazzetta, originario di Lamezia, il muratore Cusmano di Camini e il ceramista siriano fratello di Duà che ha imparato qui il mestiere e usa il tornio, la creta e i colori con impegno.
Nel palazzo sede dell’Associazione, oltre all’ufficio si trovano i locali per la scuola, il doposcuola, la cucina. Dalle finestre e dal balcone – che conserva ancora alla base una lunga lastra di granito locale di qualche secolo fa – si gode un ampio panorama, di prati coltivati con accanto casette necessarie a piccole fattorie di migranti e/o locali, di tetti con tegole d’argilla.
Il territorio di Camini si protende all’interno fino a Pazzano, con cui confina a Nord Ovest; confina anche con Riace, Stignano, Bivongi, Monasterace, oltre che col mare Ionio.
Tra i palazzi nobiliari, ci sono stati indicati quelli di Musuraca e di Politi.
Abbiamo visto strade pulite, alcune larghe altre strette, vasi con piante e fiori presso porte e lungo muri, parcheggi per le auto, case vecchie e nuove che lasciavano trasparire elementi medievali in soglie di pietra locale, in ringhiere di ferro, in qualche finestra bifora, in rari portali arcuati.
Abbiamo apprezzato la cucina di un ristorante (pure della cooperativa): accanto ai maccheroni, fatti a mano con i tradizionali steli di giunco, conditi al sugo di polpette di maiale, non sono mancati i falafè (una specie di frittelle rotonde a base di ceci e vari aromi) e i baclawà (simili a torroncini) siriani, preparati dalla madre di Duà. Producono liquori con prodotti del luogo, tra cui il liquore al melograno che abbiamo pure assaggiato per curiosità nel ricordo della magnogreca dea Persefone alla quale era sacra la melagrana, segno di fertilità.
“Jungi Mundu”, insomma, contiene una formula innovativa rispetto alle cooperative operanti in varie regioni italiane: italiani e stranieri giunti da migranti operano in sintonia d’intenti, collaborano insieme, non ci sono padroni e dipendenti, non ci sono caporali e braccianti, bensì laboratori e servizi distribuiti a seconda delle attitudini e capacità.
Tommaso Campanella si sarebbe meravigliato e compiaciuto di tale ‘piccola Città del Sole’!
Caterina Mammola