di Pietro Crinò*
Con riguardo alla recente sentenza con la quale il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso proposto avverso il decreto di scioglimento del consiglio comunale di Casignana, mi corre l’obbligo di specificare quanto segue.
Nell’anno 2013 ho dato incarico ai miei legali affinchè ci si opponesse ad un atto amministrativo che, sin da subito, evidenziava, secondo noi, gravi lacune in punto di diritto e diverse approssimazioni nei fatti narrati.
Abbiamo deciso di opporci, io e tutti i consiglieri del gruppo di maggioranza consiliare, al fine di vedere riconosciuta la illegittimita’ del provvedimento impugnato e la conseguente affermazione della massima correttezza e trasparenza che da sempre ha ispirato il nostro agire in seno all’Amministrazione Comunale di Casignana.
Non abbiamo mai ignorato l’orientamento, per utilizzare un eufemismo, “restrittivo” che, in quasi la totalita’, per dire il vero, dei precedenti trattati, ha da sempre caratterizzato il Tar Centrale.
Tuttavia, nel caso che piu’ ci riguarda da vicino, il Tribunale Amministrativo, non solo sembra non aver colto quei motivi che, a parer nostro e dei nostri legali, avrebbero imposto una diversa statuizione, ma, ancora e più gravemente, si ritiene che i Giudici non abbiano offerto alcuna risposta a molti degli argomenti che abbiamo posto a supporto delle nostre tesi difensive.
Ecco, perchè, dopo qualche attenta ora di riflessione, abbiamo deciso di proporre appello dinanzi al Consiglio di Stato avverso una sentenza che, certamente, va rispettata, ma di cui non se ne condividono le motivazioni, tanto in fatto quanto in diritto.
Potrei, qui, citare tutti i motivi per i quali ritengo ingiusta la recente sentenza, tuttavia, so benissimo che i processi non si celebrano nelle piazze, bensì nelle aule a ciò deputate.
Ad ogni buon conto, non posso non evidenziare la irragionevolezza, la infondatezza e la ultroneità di quanto affermato in sentenza con riferimento, ad esempio, alla questione relativa alla ben nota vicenda della discarica consortile di località “Traiano”.
Orbene, sul punto si deve rilevare l’assurdo giuridico, a mio modesto avviso, di fronte al quale ci troviamo, laddove il Giudice Amministrativo, chiamato a vagliare la legittimità di un provvedimento di natura amministrativa, nel riconoscerne la validità vada a porre a base dello stesso, quasi ostinatamente, una vicenda che nella sede propria ( quella penale ) ha riconosciuto, definitivamente, il Sottoscritto estraneo da ogni titolo di responsabilità.
Ma vi è di più, ciò che non è stato mai neppure contestato dagli inquirenti ( ed ovvero connessioni di qualsiasi natura ed entità tra la gestione della discarica ed ambienti malavitosi all’epoca dei miei mandati ) nella sede penale, rappresenta, paradossalmente, secondo i giudici amministrativi, l’argomento principale sul quale fondare la richiamata sentenza ( sic )! Come siano riusciti i commissari inviati dal Prefetto a ravvisare elementi mai contestati ( basti rivedere la conferenza stampa dell’allora Procuratore dott. Pignatone ) neppure dagli organi inquirenti ( con ogni probabilità necessariamente più esperti e validi sotto questo profilo ), questo, rimane un interrogativo a cui neppure la sentenza del Tar ha saputo offrire alcuna valida giustificazione.
Più in particolare, la sentenza de qua appare quanto mai carente di motivazione in ordine ai necessari presupposti ( devesi trattare, infatti, di elementi CONCRETI, UNIVOCI E RILEVANTI che fanno ritenere fondato il rischio di infiltrazione mafiosa ) richiesti indefettibilmente dalla norma. In ordine ai citati presupposti, i Giudici di prime cure, ritengono di averli, secondo noi semplicisticamente ed affrettatamente, individuati sulla base di un “ragionevolmente plausibile”, di un “potenzialmente” e sulla base della presenza di elementi anche di natura “meramente indiziaria”!
Neppure convince, inoltre, ricondurre de plano talune disorganizzazioni e/o irregolarità amministrative proprie, eventualmente, degli uffici comunali, direttamente in capo all’organo politico, il quale si trova così a pagare un prezzo, in solitudine, non direttamente riferibile alle proprie azioni; tenuta in debita considerazione, tra le altre cose, la necessaria distinzione e separazione, operata in primis dalla legge, tra la funzione di indirizzo politica e quella amministrativa.
Per tutte le considerazioni sopra esposte e per molte altre che faranno da corredo all’annunciato mezzo di gravame, abbiamo deciso di proporre appello avverso una sentenza che appare ingiusta, lacunosa, sbrigativa ed approssimativa in tutti i suoi punti, con la certezza che le nostre ragioni troveranno accoglimento presso i Giudici di Palazzo Spada.
*: ex sindaco di Casignana
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