di Antonio Baldari (foto fonte La Gazzetta dello Sport)
La querelle della settimana ha avuto riguardo ad una sorta di recrudescenza del fenomeno “razzismo” con l’altrimenti detto “caso Acerbi-Juan Jesus”, dal nome dei due calciatori rispettivamente di Inter e Napoli, protagonisti di una normalissima situazione di giuoco, come tante ne accadono nel mondo del calcio, finita entro il rettangolo di gara con le scuse del primo al secondo per qualche parola di troppo. Punto e fine delle trasmissioni.
E invece no, a qualcuno è parso sin troppo vero l’avere la possibilità di ricamarci sopra per giorni, settimane se non addirittura mesi, così da spiattellare in pasto all’opinione pubblica nientepocodimenoché un caso di razzismo, perché per tale è stato fatto passare; ora, al di là di tutte le considerazioni attinenti a tale episodio, cosa ha detto l’uno e cosa ha detto l’altro; cosa intendeva dire l’uno e cosa intendeva dire l’altro e via di queste accezioni, interpretazioni e/o eccezioni, il discorso è molto più semplice di quello che è stato fatto passare: i giocatori convenuti a singolar tenzone si sono parlati, chiariti e scusati. Aripunto ed arifine delle trasmissioni.
Il nocciolo della questione è questo e soltanto questo posto che, come detto, sono cose che succedono, si verificano, si dicono e si fanno in campo ed al campo appartengono, dopodiché farne un caso, arrivando addirittura alla procura federale, per aprire un’inchiesta, convocare le parti in causa per sentirle ed arrivare a spaccare in quattro il capello sulle ragioni dell’una e dell’altra parte, beh, appare davvero esagerato, appare il solito pasticciaccio brutto all’italiana.
Perché ci si deve complicare la vita sempre e comunque, cedendo ai desiderata di chissà chi, per fare chissà che cosa, rispetto ad una tematica, sì, molto delicata e da prendere con le dovute cautele ma che se si dovesse considerare per ciò che accade dentro e fuori il rettangolo di giuoco si sarebbe dal giudice sportivo a pranzo, cena e colazione per i tanti nonché reiterati casi di razzismo, con tutto ciò che ne consegue sul piano sportivo da dovere, forse, sospendere tutti i campionati di calcio.
E poi, diciamocela tutta, il razzismo è una cosa seria e non va affatto banalizzato a seguito di un battibecco per una partita di calcio, che non lo merita per niente; piuttosto ci si occupi di ben altro razzismo – che non è solamente per il colore della pelle! – che nella società civile (?) italiana abbonda abbondantemente e non si scrive quasi mai una riga: facciamo valere, per una volta tanto, chi chiede scusa perché resosi conto di aver sbagliato, che è già un’enormità di notizia in questo strabenedetto Paese chiamato Italia.