di Gianluca Albanese
Lungi da noi voler rispondere al pregiudizio con un altro preconcetto. Ci tireremmo la zappa sui piedi, visto che comunque parliamo di colleghi, sebbene più importanti e famosi di noi. Però, una valutazione tecnica sul servizio del Tg1 andato in onda nell’edizione delle 20 di ieri si può fare, visto il vespaio di polemiche e reazioni che ha suscitato dalle nostre parti.
Così, in maniera il più possibile asettica.
LA FASE PRELIMINARE
Conosciamo le riunioni di redazione. I loro tempi, le loro ricerche per trovare spunti d’interesse e le conclusioni, non sempre soddisfacenti, del confronto interno al corpo redazionale. E se a pensar male si fa peccato ma non si sbaglia, non abbiamo difficoltà a pensare che nel momento in cui l’inviata del Tg1 è stata mandata nella Locride, con tutta probabilità sarà partita con un’idea fissa e preconfezionata: terra di ‘ndrangheta, nella quale è ancora viva la stagione dei sequestri di persona e delle mamme coraggio venute da lontano, delle vedove di mafia che siedono in Parlamento e di una disoccupazione dilagante che colpisce soprattutto il genere femminile. Terra in cui ci sono paesi interni in cui, secondo certa stampa “Anche i bambini sono mafiosi”. E allora, visti anche i tempi strettissimi, le riprese, le testimonianze e la traccia del servizio erano chiare ancora prima di venire dalle nostre parti. Vorremmo sbagliare, ma se quasi vent’anni di mestiere ci hanno insegnato qualcosa, un fondo di verità in quello che scriviamo c’è.
LE RIPRESE
A giudicare dalla luminosità e dalla direzione del sole sembra siano state fatte tra le 10 e l’ora di pranzo. A quell’ora, le donne sono al lavoro. Almeno quelle che un posto di lavoro ce l’hanno. Le altre sono a casa a preparare il pranzo per la famiglia e a sbrigare le faccende domestiche; le più fortunate al mare, considerato il clima favorevole. Anche gli uomini a quell’ora lavorano. Quelli con la tuta e quelli in giacca e cravatta. E allora l’obiettivo superficiale del cameraman si sofferma su quello che, molto probabilmente, cercava: uomini non più in età professionale o disoccupati seduti al bar. Con la barba incolta, la pancia e la sigaretta in bocca. Bingo! La cartolina della Locride è bell’e fatta. “Non ci sono donne in giro”, sentenzia la collega in fase di postproduzione. Sfido io:ditemi chi trovate in giro nel resto d’Italia a quell’ora, escludendo mercatini rionali e centri commerciali. Ma va bene così. Almeno per la troupe della Rai. Gli avventori del bar evitano il microfono. Bingo e jackpot: oltre al tono dimesso della gente ripresa ci aggiungiamo omertà quanto basta. Ma è una ricetta fatta in fretta come i panini di certi fast food. Una battuta e via. Senza nemmeno la buona abitudine di chi il giornalismo televisivo lo fa con cuore, e al di là delle riprese, si sofferma a scambiare quattro chiacchiere fuori onda con le persone che incontra. Ascolta per capire meglio. In questo caso, avrebbe scoperto che quel signore coi baffi intervistato era un ex calciatore di serie A, la cui vita è abbastanza romanzesca da scriverci un libro. Ma non c’è tempo: ci sono altre vecchiette vestite in nero da riprendere, altri avventori da bar su cui “staccare”, altre strade assolate e piazze deserte per il ritratto che verrà.
FIMMINA TV
Conosciamo e stimiamo Raffaella Rinaldis da lustri. Sappiamo il suo modo di lavorare e argomentare. I tagli fatti alla sua intervista non le rendono giustizia. Così come non approviamo quelle riprese negli studi televisivi che in quei pochi secondi ritraggono ambienti spogli e dall’aspetto squallido. Nessuno spezzone di trasmissioni, nessuna attenzione particolare ai contenuti. Solo selezione di parole ammesse ad uso e consumo del messaggio che deve passare: ‘ndrangheta, povertà, degrado. E così sia. “Mamma Rai” come “’ a mamma” di certa letteratura che fa i soldi grazie alla ‘ndrangheta.
LA SCALETTA DEL TG
Cosa mandiamo in onda dopo il servizio sugli stupratori d’Oriente? Ma sì, quello sulle donne della Locride! Se qualcuno pensa che la scelta della scaletta sia stata casuale, crediamo si sbagli di grosso. Certe scelte non si fanno per caso. E allora, quasi ad assecondare una sorta di continuità tematica, dopo l’India viene la Locride.
QUELLO CHE LE DONNE (DEL TG1) NON DICONO
Il servizio, la cui durata così breve non lo potrà mai fare assurgere ad approfondimento tematico, nel suo brevissimo volo d’angelo ignora parecchie cose. Non dice che un settore strategico come la Sanità, nella provincia e nella Locride, è capeggiato da due donne. Non dice delle donne magistrato a capo della sezione penale del Tribunale, dell’esercito comprensoriale di professioniste e di rappresentanti istituzionali. Non dice delle donne che vivono nella maniera che preferiscono la loro femminilità, dei centri estetici sempre pieni, così come le palestre, e degli uffici (e i posti di lavoro in generale) in cui le donne lavorano almeno come gli uomini. Non dice delle donne creative dei laboratori teatrali e dei circoli letterari di una terra che avrà pure i suoi problemi, ma in cui la condizione della donna è identica al resto d’Europa.
Il servizio del Tg1 pecca di superficialità. E allora, come categoria, dovremmo fare ancora una volta autocritica e riprendere la buona abitudine di ascoltare e capire prima di scrivere. A Stoccolma come a Locri; a New York come a Platì. L’ascolto riserva sempre parecchie sorprese. E giova enormemente alla buona informazione, settore più che mai nevralgico nella società odierna. Dunque, care donne della Locride, andate avanti così. Incuranti della retorica di ogni 8 marzo e del minuto in prima serata sulla rete ammiraglia del servizio pubblico. Una giornata e un minuto passano. Il resto è vita, anche da queste parti. Anche nella Locride.