DI SEGUITO LA NOTA STAMPA DEL SINDACO DI GIOIOSA JONICA SALVATORE FUDA
Trovo vergognoso, fasullo, e profondamente offensivo per le donne della Locride e di Gioiosa in particolare, il taglio che la giornalista RAI ha voluto dare al servizio andato in onda sul TG1 delle 20:00 in data 10 settembre, riguardante la condizione femminile nel nostro comprensorio e nel mio paese in particolare (le riprese sono state fatte a Gioiosa Ionica e le interviste “tagliate ad arte” sono state rilasciate da cittadini gioiosani).
Un servizio che non racconta la verità di una terra e di un paese in cui le donne hanno un ruolo determinante nella vita della comunità, svolgendo regolarmente diverse attività lavorative in tutti i settori dell’economia e dei servizi. Non corrisponde assolutamente a verità, ciò che si è voluto trasmettere all’opinione pubblica nazionale, di un paese in cui le donne “non trovano la necessità di lavorare”.
Sarebbe troppo lungo elencare le innumerevoli donne gioiosane esempio di emancipazione femminile. Mi sentirei di citarne una su tutte: Clelia Pellicano, femminista, personalità con una dimensione europea vissuta nel secolo scorso. Ma come si possono dimenticare le gelsominaie protagoniste di dure lotte sindacali per affermare i propri diritti; oppure tutte le donne che oggi lavorano, fanno le mamme e danno un determinante contributo alla vita sociale, politica e amministrativa del nostro comune, come le tre donne che siedono in Consiglio comunale presieduto da una di esse.
Esiste purtroppo un giornalismo scorretto e fasullo che manipola la realtà. Non posso accettare che queste false notizie circolino in questo modo e sia così disinvoltamente veicolata un’immagine distorta della comunità che rappresento. Quello che è stato mostrato non corrisponde a verità. Quello che abbiamo visto è semplicemente scandaloso e vomitevole.
È vero che la nostra terra è una terra piena di difficoltà, in cui la ‘ndrangheta rappresenta una “piaga sociale” che impedisce lo sviluppo socio-economico delle nostre comunità, ma la ‘ndrangheta come scelta di vita è la scelta di una minoranza di persone. Una minoranza che attraverso pratiche violente spesso fa valere interessi particolari a danno di quelli generali, e che schiaccia quella maggioranza silenziosa che faticosamente e onestamente invece sceglie la via della legalità. È un prezzo che in termini di libertà paghiamo tutti, sia donne che uomini. Un prezzo che paga lo Stato, uno Stato che non è stato. Non è stato finora presente, non tanto in termini di repressione con i magistrati e le forze dell’ordine che spingono più che possono, quanto in termini di promozione. È mancata e manca la funzione promozionale dello Stato, che in termini di rendere operanti quei diritti sanciti nella Costituzione della Repubblica risulta oggi poco efficace: fino a quando i diritti risulteranno favori, i cittadini non saranno mai liberi. E il lavoro è un diritto costituzionalmente riconosciuto a tutti senza distinzione di genere.
Tuttavia dare un’immagine distorta della società locridea, che sicuramente ha le sue contraddizioni e negatività, è un’ingiustizia troppo grande che non può essere sopportata, sulla quale non possiamo tacere. Un prezzo in termini di immagine che non possiamo e non dobbiamo pagare.
Non voglio certamente nascondere nessuna realtà. Certo è vero che ci sono situazioni di sofferenza e di patimento di molte donne costrette a subire ingiustamente una mentalità maschilista, ma non mi sento di dire che sulla questione del lavoro esiste nella nostra terra una impostazione culturale fortemente votata all’esclusione delle donne dal mondo del lavoro. C’è una questione di genere che sicuramente riguarda tutta l’Italia, rispetto alla dimensione europea, e probabilmente nelle regioni meridionali questo si avverte maggiormente e si amplifica per le difficili condizioni economiche. Ma da questo a raccontare un quadro così degradato dal punto di vista culturale, per come è stato fatto nel servizio del TG1, ce ne vuole. Io penso che nelle nostre comunità esista una questione di genere e che bisogna lavorare per superarla, ma che la sua dimensione non sia quella raccontata dal TG1.
Tuttavia sono contento del fatto che si sia sollevato uno spontaneo moto di indignazione delle donne di Gioiosa e della Locride, sopratutto sulla rete, che dimostra (semmai ce ne fosse stato bisogno) che la realtà sociale in cui viviamo non ha nulla a che fare con le cose che, con faciloneria e dilettantismo giornalistico, ha raccontato Felicita Pistilli a milioni di italiani.
Tuttavia penso che non dovremmo darci pace finché quegli stessi milioni di italiani non avranno la possibilità di conoscere le cose come stanno.
Per giustizia ed amor di verità, come segno minimo di attenzione, chiedo al TG1 di tornare a Gioiosa e nella Locride, per dare la possibilità alle tante donne, oneste e laboriose, di raccontarsi davanti all’opinione pubblica nazionale, raccontando anche i limiti che vivono, ma in una dimensione credibile e veritiera.