di Adelina B. Scorda
Portatori di un fardello troppo pesante, custodi e vittime di colpe non proprie, sono quegli uomini e quelle donne che da anni denunciano l’indifferenza delle Stato sulle morti di tumore. Noi non siamo la terra dei fuochi, ma siamo terra di ‘ndrangheta e di politica collusa con il malaffare, siamo vittime di un sistema sordo, muto e cieco , siamo figli di uno stato che s’indigna e poi non cambia. Siamo terra di sole e mare, senza fabbriche, né lavoro, siamo terra inquinata e terra dove si muore. A lottare oggi sono in tanti, si sono incontrati e si sono uniti per combattere una guerra dura, per far sentire più forte la loro voce.
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Africo, Rosarno, adesso Reggio Calabria, a invitarli in “città”, un uomo di chiesa, un prete che dedica la sua vita alla lotta contro i tumori. Lui, Giovanni La Diana insieme con “Articolo 32” di Africo-Locri, l’associazione “La Fenice” di Ravagnese, “Calabria e Calabresi” di Villa San Giovanni e moltissimi cittadini hanno voluto creare una rete ancora più forte, più salda. Alzare la propria voce, farsi vedere, per urlare ‹‹Siamo qui e chiediamo giustizia››. Unico l’obiettivo da raggiungere: ‹‹Basta con queste morti assurde, vogliamo la bonifica dei territori e il diritto di curarci in ospedali all’avanguardia qui in Calabria››.
C’è però qualche altra cosa di cui discutere perché nonostante i moniti e i proclami Reggio e la sua provincia non sa ancora cosa sia un registro tumori. Nessun quadro epidemiologico, nessuno studio o screening del territorio e dei suoi abitanti, solo delle liste artigianali fatte da semplici cittadini che tentano di capire cosa stia accadendo nei loro paesi, nelle loro famiglie, ai loro amici o parenti e a se stessi. Da un punto si dovrà pur iniziare, ma oltre le oggettive difficoltà dell’opera s’inserisce anche la mano sporca della politica: ‹‹Sappiamo – scrive Antonio Pratticò di Articolo 32 Calabria – che l’avvio del registro tumori non è ancora avvenuto perché non si sono messi d’accordo a chi affidarlo, questo è quello che ci hanno detto. Noi siamo stanchi di questi giochi, abbiamo un’arma e la useremo. Come associazioni, se non saranno chiarite le condizioni che impediscono l’avvio del registro tumori, non voteremo alle future regionali. Questo perché se ci troviamo in questo stato di degrado la colpa e solamente della politica, se non si riesce a capire la causa di questa “epidemia tumorale” e a combatterla è perché la politica si è “mangiata” tutto››.
Ogni città della provincia ha la sua storia, si parla di rifiuti interrati, di falde acquifere inquinate, di navi affondate e di discariche. Africo, come Villa, Rosarno, Brancaleone, Gioia Tauro. Politica e malaffare, ignoranza e ingordigia, causano danno anche dove le norme e sembrano essere rispettate. ‹‹Per 25 anni – racconta il presidente di Articolo 32 Africo – nel torrente La Verde furono scaricati rifiuti di ogni genere ai quali successivamente si dava fuoco, ma siamo anche vittime di una discarica a norma che però aveva continue fuori uscite di percolato che ancora oggi finisce nel torrente adiacente e di conseguenza a mare. Solo dopo una serie di denunce e dopo le indagini eseguite dal Noe, sono scattati gli arresti domiciliari per il sindaco del comune che ospitava la discarica e per i componenti della società che la gestiva. Sindaco sul quale a oggi pesa il processo Black Garden ma che siede in consiglio regionale››.
Una lotta quella portata avanti da questi uomini e queste donne segnate dal dolore e dalla perdita che già in un altro incontro avvenuto a Rosarno, al quale furono presenti anche l’Arpacal e il procuratore Cafiero De Raho. Durante quel primo appuntamento si accennò ‹‹alla possibilità che sarebbe giunto in Calabria un elicottero speciale in grado di rilevare le radiazioni emanate da eventuali fusti interrati. Passa del tempo e scopro che l’elicottero visione Crotone, la Piana di Gioia Tauro e parte della Locride, si parte, perché salta Africo››. Africo, un comune di 3000 anime, 200, invece sono i morti a causa del “male”negli ultimi dieci anni, e 14 i decessi solo nel 2013. ‹‹Ma di Africo – continua – si parla in alcuni dei documenti desecretati dallo Stato, dove intercettazioni, pentiti, satelliti e riscontri dei servizi segreti fanno menzione a fusti interrati già dal 1994. E allora perché saltare Africo. A noi non interessa sapere chi è il responsabile, di loro devono preoccuparsi gli inquirenti, noi vogliamo sì giustizia ma soprattutto pretendiamo che queste morti ingiuste spariscano››.
Un’osservazione poi opinabile, sicuramente, ma che consente una riflessione: ‹‹Chi è il peggiore, il delinquente che ha sotterrato i fusti per soldi e ignoranza o chi, apparato dello stato li ha consegnati al pregiudicato? E voi con che nome chiamereste chi per circa vent’anni ha secretato documentazioni così importanti per i cittadini non facendo nulla, anzi, permettendo che migliaia di persone si ammalassero e morissero? Mi auguro che il Procuratore Cafiero De Raho possa darci presto una risposta. Questo è quello che vogliamo e quello che chiediamo come Associazione, ma soprattutto come persone. In questa lotta abbiamo bisogno di tutti escluso di chi non può scrivere o dichiarare la verità, perché mentendo o omettendo insulta la dignità di chi lotta››.
Da oggi trascorrerà un mese per il prossimo incontro quale sarebbe stato invitato anche il procuratore Cafiero De Raho.