DAL CITTADINO FRANCESCO TUCCIO RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA SEGUENTE NOTA STAMPA
CAULONIA – C’è un sottobosco oscuro nel mercato dell’energia, fatto di inganni e d’aria fritta. Siamo al limite o forse fuori dalla legalità, certamente al di là dell’etica che ogni mercato dovrebbe avere.
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Si costituiscono società fittizie per avanzare domande di concessione delle risorse pubbliche e si producono progetti di centrali nel campo delle fonti rinnovabili: l’idroelettrico e l’eolico. Ottenuta la concessione o nel corso dell’iter della stessa, spesso con il sostegno e le promesse della politica si cerca di vendere il pacchetto completo. L’attrattiva è forte: l’Italia ha una forte dipendenza energetica dall’estero, ha un fabbisogno in crescita e gli investimenti nel settore appaiono di sicura remunerazione. C’è, dunque, chi è ben disposto ad acquistare carta ed a caro prezzo. E’ già successo!
E potrebbe succedere ancora. L’Albe Sud, società in accomandita semplice con sede legale a Genova, si è costituita nel 2003 e nello stesso anno ha chiesto alla Regione Calabria la concessione per l’utilizzo, a fine di produzione idroelettrica, delle acque dell’Allaro. Da allora ad oggi sono passati 10 anni e nel Registro delle Imprese la società risulta INATTIVA. Non ha mai operato, non ha esperienze nel settore e con un capitale di 5.000 € vorrebbe realizzare un investimento di più di 17 milioni. Non ha, quindi, neanche capitali e ci è difficile pensare che potrà ricorrere al credito nel momento in cui piccole, medie e grandi imprese falliscono per mancanza di liquidità e di approvvigionamento presso le banche.
Basterebbe solo questa considerazione per liquidare l’argomento, bollando l’Albe Sud sas come interlocutore non qualificato e non credibile. Ma è in corso l’iter della concessione di grande derivazione delle acque suffragata dal progetto per la costruzione della centrale con cui bisogna misurarsi per ottenere una bocciatura definitiva.
Innanzitutto, ci sono eclatanti vizi procedurali. Il Dipartimento N. 9 della Regione Calabria ha emesso l’ordinanza di istruttoria della concessione in data 18 luglio c.a., imponendo l’affissione all’albo al Comune di Caulonia per ricevere eventuali opposizioni entro il 12 agosto. Ha compiuto una grave inadempienza omettendo di allegare il progetto, esso stesso oggetto primario e integrante di valutazione. L’ordinanza in questione, poi, è stata pubblicata sul BURC il 16 agosto, ossia dopo il completamento della prima fase istruttoria a livello locale.
In merito al progetto numerosi sarebbero i punti critici da sollevare a conferma delle preoccupazioni manifestate fin dal primo momento in relazione al forte impatto ambientale ed al rischio geologico che l’intera opera comporterebbe lungo il tratto, dalle bellezze naturali assolute, di ben 5 km. Il discorso si prolungherebbe con i dovuti tecnicismi e potrebbe risultare stancante, perciò ci limitiamo a due sole questioni di più diretta percezione.
Dopo l’invasiva opera di presa in cemento armato (una colata lunga 50 mt, alta 5 mt e larga 8 mt.), una galleria lunga più di 2 km che dovrebbe trafiggere il cuore granitico della montagna, è prevista una vasca di carico (da cui dovrebbe partire una condotta forzata dal diametro di 1,5 mt per compiere un salto di 275 mt prima di raggiungere le turbine) e nella stessa dovrebbe avvenire la depurazione di 4.400 litri/secondo d’acqua dal trasporto dei detriti, sabbia e ciottoli che altrimenti si depositerebbero sulla spiaggia. E’ evidente il depotenziamento del fenomeno naturale di ripascimento sotto l’azione di redistribuzione delle correnti marine. Per noi il danno risulterebbe molto grave perché l’erosione ci ha già portato via decine e decine di metri di arenile, ovvero una risorsa ambientale indispensabile per la difesa della costa contro le mareggiate. Pensiamo al lungomare di recente due volte distrutto e alle numerose abitazioni che su di esso si affacciano esposte a continuo rischio, nonché al turismo che ha il solo carattere balneare e che senza spiaggia sarebbe cancellato.
Stucchevole, infine, è l’ubicazione dell’edificio della centrale (12X12 mt) per l’irresponsabilità che l’accompagna. E’ previsto esattamente a 300 mt dall’Eremo di Sant’Ilarione, adiacente alla presa irrigua del Consorzio di Bonifica, nel pieno greto della fiumara, in uno spazio che non ha più di 20 mt tra il muro d’argine e l’attuale corso d’acqua. Non solo si vorrebbe costruire praticamente sull’acqua, ma si ha pure la presunzione di restringere il suo deflusso. E’ come costruire in montagna per ritrovarsi nel fondo del mare Ionio. La stessa Regione Calabria, nel Piano Tutela Acque 2013, definisce l’Allaro “fiume sotto sorveglianza” e nella Carta della Rete di Monitoraggio Acque a Specifica destinazione d’uso lo qualifica “probabilmente a rischio”, ma i cauloniesi e soprattutto gli agricoltori, memori della storia delle sue continue e funeste esondazioni, conoscono benissimo la sua forza distruttiva, e quella centrale così esposta costituirebbe un fuscello in balia della prima pioggia intensa, anche di una sola ora in base ai recenti mutamenti climatici.
Se le istituzioni che ci governano fossero scrupolosi nell’applicare la legge potremmo dormire su sette cuscini, ma sappiamo che non è così, e troppi sono stati le tragedie annunciate e gli scempi compiuti per avere fiducia. Nostro malgrado, siamo costretti a combattere contro le più evidenti assurdità e lo faremo fino in fondo, specie ora che si è realizzato un fronte di opposizione ampio tra il Consiglio Comunale tutto, le associazioni locali, il comitato dei cittadini, il Consorzio di Bonifica e la Coldiretti.