R. & P.
Caulonia 6 giugno 2018
Mi ero proposto, alcuni anni fa, di tenermi lontano dalla polemica politica quotidiana del nostro paese. Ma una circostanza imprevedibile ha forzato le mie buone intenzioni: il tipo di opposizione che si è sviluppata contro l’attuale Amministrazione Comunale. Ho sentito critiche eccessive, rozze, e di pessimo gusto; non penso soltanto al manifesto funebre contro l’Amministrazione Comunale (che comunque non ha precedenti nel nostro paese), e alla lettera minatoria contro la Sindaca, entrambi prodotti dal clima avvelenato che avvolge il paese; mi ha lasciato veramente perplesso, l’ingiuria di “fascista” scagliata, senza soppesarla adeguatamente, contro gli amministratori. L’ho trovata oltre che sommamente ingiuriosa diseducativa: crea confusione nei giovani che non hanno studiato quel triste periodo della storia d’Italia. Ben altra cosa fu il fascismo e travisare la storia ai propri fini di bottega non è una cosa apprezzabile.
Proprio in questi giorni mi è capitato sotto gli occhi un articolo scritto da Antonio Gramsci pubblicato l’11 febbraio 1917.
E’ un inno alla vita vissuta, e la sua fu tragicamente vissuta.
Gl’indifferenti
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
Per mesi ho guardato dalla finestra mentre l’Amministrazione veniva massacrata. Dopo aver letto l’articolo di Gramsci ho deciso di compromettermi.
Nicola Frammartino