DI SEGUITO LA NOTA DELLA CGIL
RIACE – Testimonianze importanti, di forte impatto emotivo, vere. Uomini e donne che raccontano storie personali, storie di lotta e di resistenza. Antonino De Masi e Tiberio Bentivoglio – insieme con Mimma Pacifici, Segretario Generale Cgil Rc-Locri – sono stati, infatti, i protagonisti della tavola rotonda dal titolo “Impreditori resistenti: la Calabria è un’impresa?” che si è svolta ieri al Campo della Legalità di Riace.
Nell’introdurre i lavori, il Segretario Generale Spi Cgil Rc-Locri Salvatore Lacopo ha spiegato il grado di pervasività della ‘ndrangheta nella Provincia reggina: “una piccolissima parte di cittadini calabresi – ha detto – riesce a tenere sotto scacco la grandissima maggioranza di gente onesta e laboriosa. La ‘ndrangheta, infatti, non permette di fare impresa in Calabria a quegli imprenditori che non vogliono piegarsi, così ti viene consigliato dove devi rifornirti, chi ti deve fare i lavori, a quali grossisti ti devi rivolgere, quale personale assumere indipendentemente dal fatto che si presenti o meno a lavoro”.
Ma, oltre a questo lato negativo e reale della potenza della ‘ndrangheta, è emersa – nel corso dell’incontro – l’importanza del ruolo svolto dal Sindacato e da associazioni come Arci e Libera. Un lavoro di risveglio delle coscienze che ha permesso a molti di avere coraggio e riuscire, così, a ribellarsi al cancro mafioso della ‘ndrangheta.
A coordinare i lavori della tavola rotonda, Cristina Riso (Arci comitato territoriale RC) che ha introdotto gli interventi di Tiberio Bentivoglio e Nino De Masi: “Ci sono uomini- dichiara la Riso – che non hanno alcuna intenzione di essere considerati eroi, ma esempi di coraggio e determinazione nel resistere non solo alla ‘ndrangheta ma anche a quella parte dello Stato che spesso non aiuta ma ostacola. E soprattutto sanno essere uomini capaci di innescare percorsi di rottura del silenzio della gran parte della popolazione, l’arma più potente in mano alle cosche”.
Di fronte ai giovani di tutta Italia partecipanti al campo ed ai volontari dello Spi Cgil di Ravenna, i due imprenditori calabresi hanno raccontato, in modo semplice e con estrema lucidità, le difficoltà affrontate proprio perché possessori di un’attività economica.
La storia di resistenza alla ‘ndrangheta di Tiberio Bentivoglio inzia nel 1992 quando decide di ampliare il suo negozio di articoli sanitari e di non pagare il pizzo: “Mi sono rifiutato – ha detto – e sono stato punito. Ho subito vari attentati: furti, la distruzione del furgone, una bomba, l’incendio e così via… Non è stato facile dire di No”. L’imprenditore reggino, infatti, ha affrontato i suoi taglieggiatori, denunciandoli. Non si è pentito della scelta che ha fatto: “la mia – ha aggiunto –è stata una decisione difficile, sofferta ma che rifarei. Perché la propria libertà non ha prezzo”.
De Masi, invece, eredita la sua azienda dal padre. Un’impresa che dà lavoro a centinaia di famiglie dell’area portuale di Gioia Tauro e che pone “il valore del lavoro al centro la dignità della persona”.
“Purtroppo – ha sottolineato De Masi – la vita da imprenditore non è stata facile: da una parte, attentati, lettere anonime, e, per ultimo, 44 colpi di fucile Kalashnikov sparati contro il capannone della mia azienda; dall’altra, la sordità delle banche nell’accettare di finanziare progetti industriali seri, mettendo a rischio la permanenza e la tenuta di questa realtà industriale importante nell’area della Piana”.
Una scelta di vita, quella di dire No alla ‘ndrangheta, di cui non si è pentito.
Quella di Bentivoglio e di De Masi sono due storie simili e vere: due racconti accomunati da un unico valore, quello della dignità e del mantenimento della propria libertà.
Accanto a loro, c’è poi l’azione e la schiena dritta di una sindacalista che ha deciso di affrontare – in una terra difficile come quella della provincia reggina – non solo la ‘ndrangheta, i suoi interessi e le sue minacce; ma anche, quella zona grigia che esiste e persiste. Quell’area sita tra mondo politico, istituzionale imprenditoriale, che controlla determinate aree economiche del territorio.
“Per noi calabresi – ha detto Mimma Pacifici – l’esempio di gente onesta come De Masi e Bentivoglio ci deve dare ancora più coraggio. Le nostre battaglie per la legalità, per il rispetto dei diritti, sono sinonimo di libertà. Sono uno spiraglio. Sono forme di resistenza. Sono la testimonianza tangibile che un cambiamento è in atto; che la volontà di reagire, di vivere nella normalità è possibile. Per costruire un futuro migliore per noi e per i nostri figli”.