di Gianluca Albanese
SIDERNO – «Sembrava il treno anch’esso un mito di progresso, lanciato sopra i continenti»; e poi «Un treno per dove libero e ribelle correrò come un cavallo, sotto grappoli di stelle»; «dove fermano i treni, nasce un po’ di vita là, dovere fermano i treni, nasce sempre un nuovo varietà, nasce sempre un altro varietà»; per non parlare di «Andavano col treno giù nel Meridione, per fare una grande manifestazione, il 22 ottobre del ’72».
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Oggi, parlare di treni da queste parti, nella Locride dei binari visti come “rami secchi” del trasporto ferroviario nazionale, evoca soltanto versi della migliore canzone d’autore italiana. Per i meno esperti del settore, abbiamo citato, nell’ordine “La locomotiva” di Francesco Guccini, “Un treno per dove” di Claudio Baglioni, “Dove fermano i treni” di Ligabue e “I treni per Reggio Calabria” di Giovanna Marini.
Fino a quasi quarant’anni fa (la canzone della Marini è uscita nel ’75) a sentire parlare di “Treni per Reggio Calabria” si pensava a grandi manifestazioni della classe operaia settentrionale e di quella del Sud che si univano in una grande manifestazione nella Reggio presidiata dai neofascisti “Boia chi molla”; oggi, le cronache dei “Treni per Reggio Calabria” parlano di littorine da e per Taranto pagate al prezzo di un intercity e di “treni regionali” – fino a qualche tempo fa si chiamavano “locali” – che non riescono a schivare, in quel binario unico triste e non elettrificato due mucche intente a pascolare abusivamente lungo la linea ionica.
Cartoline da terzo mondo, insomma. Altro che Europa, sviluppo, Città Metropolitana , vocazione turistica ecc.
Chi scrive è nipote di un ferroviere nato nel 1900; uno dei tanti ragazzi che un secolo fa la linea ferrata ionica la costruì con le proprie mani, col sudore della propria fronte, raggiungendo in bicicletta il cantiere principale della zona situato a Roccella Ionica. Oggi, quel nonno tanto forte e burbero quanto buono, sarebbe un disoccupato.
La progressiva spoliazione di mezzi e risorse nella linea ferroviaria ionica ha tanti padri e aguzzini, da una parte all’altra dell’emiciclo parlamentare e in quello di palazzo Campanella. Sono stati esposti con chiarezza nell’incontro organizzato da LocRinasce qualche settimana fa e in cui hanno relazionato i vertici dell’associazione “Ferrovia in Calabria”. Oggi, però, vogliamo domandarci cosa abbiano fatto i cittadini di questo lembo d’Italia per impedire questo processo che dura almeno da tre lustri. A memoria nostra, poco o nulla.
Le battaglie dei singoli cittadini e gruppi sono state quasi sempre battaglie solitarie, perse in partenza, e non certo per la mancanza di solidità della proposta politica, anzi. Ricordiamo quella condotta da Sandro Gagliardi a Roccella Ionica e dal suo comitato per la difesa della ferrovia ionica. Una battaglia di strenua resistenza, quando si era ancora in tempo a evitare il peggio, quando questo territorio esprimeva parlamentari (che, sia ben chiaro, viaggiavano sui treni a lunga percorrenza come i cittadini comuni per raggiungere la Capitale), consiglieri e assessori regionali. Mancò il sostegno della gente, dei cittadini pigri, apatici, svogliati.
Da allora in poi la Regione virò decisamente sul trasporto su gomma, tanto che ora ci si sposta quasi esclusivamente con gli autobus per andare fuori regione, nonostante le grandi arterie siano ancora incomplete e non proprio sotto casa.
Dunque, cari conterranei, ci sta bene tutto questo? Se sì, continuiamo pure a fare come abbiamo fatto fino ad oggi, cioè nulla.
Se invece teniamo ancora all’uso della “nostra” ferrovia sosteniamo le battaglie di chi non vuole darla vinta a chi non crede più al trasporto su rotaia e punta tutto su quello su gomma. E non sono battaglie di retroguardia, men che meno strenue difese corporative di anziani ferrovieri in pensione.
Oggi, chi combatte per la rivalutazione della ferrovia ionica ha meno di trent’anni e sa cosa significa affrontare, da pendolare o viaggiatore a lunga percorrenza, i disagi derivanti dall’uso di un mezzo che è la quintessenza del trasporto pubblico.
Antonio Guerrieri, referente cittadino del Ciufer (comitato dei pendolari) del presidente Gattuso e Roberto Galati dell’associazione “Ferrovie in Calabria” sono due giovani determinati che denunciano le inefficienze e formulano proposte sostenibili. Le loro battaglie produrranno risultati solo se non li lasceremo soli ma appoggeremo le loro iniziative di sensibilizzazione e mobilitazione.
Affinché “I treni per Reggio Calabria” non sia più solo il titolo di una canzone da cantare al falò col pugno chiuso e un bicchiere di vino “rosso nostalgia”.
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