RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Se i dati sulla povertà relativa, basata statisticamente sul reddito procapite vede una situazione di sofferenza nel meridione d’Italia e specificatamente in Calabria di una famiglia su due con a capo un disoccupato, più agghiacciante è il quadro che concerne la povertà assoluta, quella cioè di chi è quasi al di sotto della soglia di sopravvivenza.
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Nel 2012, sempre secondo quanto emerge dai dati Svimez, in Italia, 1 milione e 725 mila famiglie (il 6,8% delle famiglie residenti) risultano in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni e 814 mila individui (l’8% dell’intera popolazione). E di questo numero quasi la metà risiede nel Meridione. Le situazioni più gravi sono in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. La realtà della nostra regione è angosciante. Il 27,4% delle famiglie residenti in Calabria, infatti, ha superato la soglia della povertà relativa. La differenza di reddito medio tra i più ricchi e i più poveri è di 1 a 5,5, che tradotto significa che ad ogni euro di una famiglia tra le più povere, corrispondono 5,5 euro in una famiglia ricca
E l’allarme lanciato dal rapporto di Save the Children sulla povertà infantile è ancora più inquietante La povertà, si legge nel dossier, continua a risultare più diffusa nel Sud Italia, tra le famiglie più ampie, in particolare con tre o più figli, soprattutto se minorenni. Dai dati relativi all’ampiezza, alla tipologia familiare, al numero di figli minori presenti e alla residenza, risulta in condizione di povertà relativa il 28,5% delle famiglie con cinque o più componenti, che diventa il 45,2% fra quelle che risiedono nel Mezzogiorno. Analoghe conclusioni si possono trarre dalla lettura dei dati sulla povertà assoluta, secondo cui sono 723mila i minori poveri. Povertà minorile che, osservano le Ong, risulta ancor più elevata se il capo famiglia ha un basso tasso di istruzione.
Al di là dei freddi numeri e delle statistiche appare sempre più evidente in città, soprattutto nei quartieri periferici, l’aggravarsi di una condizione di bisogno di cui l’affollamento di utenti alle mense per indigenti presenti nell’area urbana è solo uno dei segnali di allarme. Le associazioni di volontariato che spesso senza clamori svolgono attività di sostegno e assistenza anche a minori, operano in condizioni precarie e in strutture non adeguate.
Purtroppo le ultime notizie sui tassi di disoccupazione in Calabria, soprattutto quella femminile che nel 2013 è salita al 23,5%, non sembrano lasciare spazio a facili illusioni, ma solo a considerazioni sulla necessità di trovare e rapidamente soluzioni di economia sociale alternativa.
Pensare a censire seriamente il patrimonio abitativo comunale per destinarlo a forme già sperimentate altrove in Italia e in Europa di co-housing per soggetti disagiati o incrociare i bisogni di anziani soli e parzialmente autosufficienti con donne disoccupate e bisognose di alloggi e di lavoro dignitoso; utilizzare i beni confiscati alla criminalità per esperienze di co-working e la sperimentazione di laboratori artigianali; censire le terre agricole regionali e provinciali abbandonate e sequestrate per affidarle a cooperative e disoccupati; diffondere anche qui, dove è estate sei mesi l’anno, l’uso degli orti urbani condivisi; ragionare concretamente sulla destinazione d’uso dei beni comuni per il bene della collettività e per i servizi di cura alla comunità, sono solo alcuni dei metodi e delle iniziative già sperimentate altrove, anche non lontano da noi.
Forse è solo questa la vera sfida politica che aspetta i prossimi amministratori cittadini e regionali e anche le associazioni che pur affrontando teoricamente la problematica del bisogno e dell’emergenza sociale, faticano poi a fare veramente rete e a pressare le istituzioni per risposte concrete.
Partiamo da qui, tutti, portatori di interesse, politici, operatori e cittadini per una proposta comune di ben-essere. Con un “NUMERO 0” da costruire insieme.