RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
La recente decisione della giunta nazionale del Coni di commissariare la sua articolazione calabrese, espressione della libera volontà delle federazioni sportive, ci costringe a chiederci se anche lo sport abbia subito il contagio di una società sempre più litigiosa che alla mediazione, all’interpretazione logica delle norme preferisce l’atto d’imperio.
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Il caso del Coni Calabria alimenta questo dubbio, soprattutto perché la decisione di rimuovere Mimmo Praticò appare più un atto di forza piuttosto che il tentativo di riportare l’agibilità dialettica in seno al governo dello sport calabro impedita, secondo alcuni componenti il direttivo, dal suo presidente. Mimmo Pratico, verso il quale esprimo grande apprezzamento per l’impegno al servizio dello sport calabrese, è stato cacciato via, cioè commissariato, e contestualmente chiesto il supporto al Collegio di garanzia dello stesso Coni. In tutti questi anni alla guida del Coni, Mimmo Praticò non è stato un semplice attore, ma un capitano coraggioso, un dirigente illuminato, un galantuomo che ha sempre rivendicato l’indipendenza dello sport rispetto ad altri attori sociali e politici. Tra l’Amministrazione da me presieduta e il Coni, c’è stato sempre un lungo rapporto sinergico: dalla scuola regionale dello sport all’ultima iniziativa tesa a dotare di defibrillatori tutti gli impianti sportivi della provincia reggina. Come tutta la società calabrese, anche il mondo dello sport sta attraversando un momento difficile. E l’uscita di scena di Praticò pone un grosso problema di rappresentanza che sta per essere delegata ad un commissario il quale, ancorché dotato di competenza ed esperienza, è sempre un corpo estraneo in una realtà territoriale che va capita ed aiutata senza fermarsi ad ascoltare il canto di quelle sirene che, come nel caso in questione, ha cancellato un Comitato democraticamente eletto.