RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA SEGUENTE NOTA DEL MONSIGNOR OLIVA
Al termine di questo incontro-dibattito, il primo da quando è iniziato il mio ministero qui in diocesi, desidero esprimere un sincero e caloroso ringraziamento a tutti i partecipanti. Grazie per la partecipazione e l’accoglienza di questo invito.
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Ringrazio l’Ufficio diocesano comunicazioni sociali, nella persona del suo direttore prof. Giovanni Lucà.
Ritornando indietro nel tempo, desidero dire il mio grazie a tutti voi per l’attenzione data alla mia ordinazione episcopale. Era un evento che andava oltre ogni riferimento alla mia persona.
Per me quest’incontro voleva avere anzitutto un significato di riconoscenza verso quanti come voi ci aiutate a conoscere e a leggere la realtà del nostro territorio. E’ vero che la comunicazione può trasfigurare la realtà o sfigurarla. Noi ci contentiamo che sia presentata più fedelmente possibile.
Esprimo, in nome della Chiesa diocesana, gratitudine e apprezzamento per il servizio reso al nostro territorio, che senza la vostra informazione resterebbe ancora più ai margini. Il vostro è un contributo imprescindibile per leggere e comprendere “i segni” di questo nostro tempo. Sappiamo bene che viviamo in un mondo complesso che rende difficile la comunicazione. Un mondo globalizzato, dove, paradossalmente, è divenuto più difficile “comunicare”. E’ più facile praticare la comunicazione “virtuale” di quella “reale”. In questo contesto il vostro servizio è prezioso nella misura in cui offrite corretti criteri di lettura e di conoscenza della realtà umana e sociale.
Permettetemi qualche breve considerazione, a conclusione. Mi piace sottolineare che la comunicazione è un’arte, che richiede un’intelligenza illuminata ed illuminante. “Intus-legere” è entrare nella realtà, nel fatto: la notizia non è semplicemente narrazione del “nudo accadere delle cose”, quanto atto dell’intelligenza, che aiuta il lettore a cogliere il senso profondo di quanto accade. Ciò che si scrive, al di là della curiosità che è capace di provocare, deve aprire ad una riflessione che aiuta ad andare oltre il semplice accadere delle cose. Per suscitare interesse chi scrive deve avere uno sguardo più ampio e disinteressato, superando la tentazione della sterile cronaca o enarrazione spicciola della “banalità” quotidiana. L’intelligenza narrativa esige uno stile comunicativo, che non si lascia sedurre dal clamore e dalla risonanza immediata, di breve respiro e spesso anche “di bassa lega”, che la notizia può suscitare.
Una seconda considerazione. Lo stile della comunicazione presenta l’evento, l’accaduto anzitutto nella sua verità o consistenza oggettiva, al di là dell’interpretazione. Viene prima l’evento e poi la sua interpretazione. Nell’interpretazione entra in gioco la soggettività connotata di opinabilità. Qui occorre mettere in atto quel supplemento di saggezza che contraddistingue il vero cronista dal distributore d’informazione “low cost”. A proposito mi piace sottolineare un dato non sempre evidente: l’evento raccontato appartiene ad un vissuto umano dentro una trama di relazioni, spesso sconvolte o disturbate. Come scrive papa Francesco, “raccontare significa comprendere che le nostre vite sono intrecciate in una trama unitaria, che le voci sono molteplici e ciascuna è insostituibile”. Quanto si scrive è veicolo dell’umano, dei suoi segreti e delle sue contraddizioni, talvolta espressione di esaltazione e di condivisione, o anche di sofferenza e compassione, quando agli onori della cronaca assurgono la povertà e fragilità dell’umano, mai motivo di denigrazione della persona, per quanto indegna. Il fatto raccontato non ha mai come protagonista il “mostro” da sbattere in prima pagina, ma una persona, che conserva la sua dignità, anche quando ha sbagliato. A proposito sono convinto che la comunicazione ha un grande compito sociale: denunziare il male rilevato e contribuire a sanare ed elevare la realtà sociale, facendo emergere quel sano dinamismo relazionale che non toglie la speranza in un mondo più giusto anche quando emergono i lati oscuri del vivere sociale.
Sogno un giornalismo dalla parte dei deboli, voce di chi non ha voce; un giornalismo voce critica in un mondo omologato e preda di una sudditanza ideologica che non fa cogliere la varietà e ricchezza dei colori.
Sacrosanto è quanto si legge nel Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali: “La sfida che oggi ci si presenta è reimparare a raccontare, non semplicemente a produrre e consumare informazione”. La sola informazione non soddisfa il bisogno del lettore: “l’informazione è importante ma non basta, perché troppo spesso semplifica, contrappone le differenze e le visioni diverse sollecitando a schierarsi per l’una o l’altra, anziché favorire uno sguardo d’insieme”.
Concludendo, devo confessare che, prima di venire in questa terra, di cui scopro giorno dopo giorno angoli meravigliosi, ne avevo una conoscenza solo “per sentito dire”, da quanto letto sulla stampa. Come me, tanti altri. Cosa posso dire: la conoscenza che ne avevo non era del tutto esaltante. La Locride racconta la Locride. E’ questa la via principale di conoscenza per quanti abitano altrove. Viverla però in prima persona è tutta un’altra cosa. Anche i limiti, che pur ci sono, non tolgono la bellezza di cui il Signore l’ha dotata. Raccontare questa bellezza con più passione e amore – come hanno saputo fare tanti scrittori nostri conterranei (basti pensare ad un Corrado Alvaro) – è il percorso da seguire, per aprire le porte ad una nuova stagione per la nostra terra.