R. & P.
Eccellenza,
mi perdoni se mi ritrovo a scriverLe pubblicamente, ma in tempo di Covid meglio scegliere strade alternative agli incontri ravvicinati che, per motivi contingenti alla situazione di criticità, rischiano di diventare fugaci e poco incisivi.
Con estremo rammarico abbiamo appreso dell’allontanamento, dopo la conclusione del suo ministero di parroco, del nostro caro Don Giuseppe Raco, che ha speso 42 anni nella nostra comunità di Roccella per l’evangelizzazione nello stile dell’umiltà e del silenzio, doti che più di ogni altre lo hanno caratterizzato e lo contraddistinguono.
Siamo coscienti che la malattia, purtroppo, ha posto un freno oggettivo alla sua azione pastorale ed è comprensibile che Lei, quale Pastore della nostra Chiesa locale, saggiamente abbia provveduto ad una limitazione dei suoi onèri sacerdotali, ma da qui a spostare un anziano e malato sacerdote in un posto diverso da quello da lui stesso scelto per la vita e per la morte, sembra davvero un eccesso protezionistico.
A noi comunità viene davvero difficile accettarlo.
Noi comunità abbiamo già accolto con un sincero e caloroso benvenuto il nuovo Parroco al quale sin da subito abbiamo offerto piena collaborazione e sostegno, ma la nostra gioia non può essere piena, e non lo sarà, fin quando non verrà condivisa con Don Giuseppe, l’unico al quale spetta l’onore di accompagnare la nostra Parrocchia al nuovo sacerdote, all’insegna della continuità anche nel fisiologico ricambio generazionale.
Non riusciamo ad accettare che si sposti perché significherebbe tollerare che lui venga sradicato dalla cittadina per la quale si è speso per quasi mezzo secolo e contemporaneamente strappato a noi, non solo come punto di riferimento spirituale (che ben avrebbe potuto coadiuvare il nuovo arrivato), ma come pezzo fondamentale della nostra storia personale.
Caro Monsignor Oliva, molti come me hanno negli album di famiglia le foto di battesimo, prima comunione, cresima, professore di religione a scuola, matrimonio e battesimo dei propri figli con Don Giuseppe come celebrante, o concelebrante.
Lui è parte integrante della storia del nostro paese ma, anche e soprattutto, è parte delle nostre storie personali, è uno di famiglia.
Perché ora privare noi della sua presenza e lui della nostra vicinanza?
Ora che finalmente anche per noi comunità è arrivato il momento di restituirgli un po’ di tutto quell’affetto che per anni ci ha elargito senza remora alcuna, ora che siamo noi a poterci prendere cura di lui, questa decisione non riusciamo proprio ad accettarla.
Non vogliamo disobbedirLe, Monsignor Oliva, e non vogliamo neppure fare proteste teatrali, né tanto meno creare tensioni o rotture che non appartengono né al nostro spirito di roccellesi né, tantomeno, a quello di laici impegnati.
Ma non possiamo assistere inermi a questa ingiustizia.
Lui non si difenderà, perché difendersi non fa parte del suo carattere, ma noi abbiamo il dovere morale di intervenire in suo aiuto.
Siamo altresì coscienti del dovere di assistenza che grava su di Lei e per questo insisto nel rassicurarLa: ce ne faremo carico noi!
Lui che ha rinunciato a stare con la sua famiglia d’origine per tornare a finire la sua missione a Roccella, lui che ha fatto della sua vocazione un esempio di vita per tutto il clero, non è giusto che subisca tutto ciò e, visto che siamo coscienti che non possiamo chiedere a Don Giuseppe di rientrare qui a Roccella, perché farlo contro il parere del Vescovo sarebbe disobbedienza (e figuriamoci se Don Giuseppe disobbedirebbe mai al suo Vescovo!) allora sono qui, a nome di tutta la comunità roccellese, a chiederLe di restituircelo, a chiedere che sia Lei a rimandarlo da noi, con la promessa che non lo caricheremo di impegni e/o responsabilità, con la garanzia autorevole che lo assisteremo come assistiamo i nostri anziani, che non sarà lasciato solo e che la sua presenza non sarà pastorale ma personale.
Potrei dirLe molte altre parole nella speranza di toccarLe il cuore ma non è quello il mio obiettivo.
La mia speranza è farLe arrivare l’impegno responsabile che noi comunità ci stiamo assumendo nella consapevolezza che ciò che più sta a cuore a tutti è il bene di Don Giuseppe, per realizzare il quale non si può bypassare la sua volontà (anche se silenziosa e muta) che è, ed è sempre stata, vivere e finire i suoi giorni nella sua Roccella, dove ha già deciso che un giorno sarà seppellito.
Nell’attendere fiduciosa un Suo riscontro e sperando nella Sua benedizione, porgo i miei rispettosi saluti.
Roccella Jonica, 3-11-2020
Avv. Maria Elisa Lombardo