di Gianluca Albanese
LOCRI – «Tra i sogni e le ambizioni del “Mastro”, relative a candidature alle elezioni, non c’era Cherubino da sistemare, ma Totò Macrì, Riccardo Ritorto e Mimmo Barranca». All’udienza odierna del processo “Falsa Politica“, a carico di 7 imputati accusati di 416bis e altri reati, l’ex consigliere regionale Cosimo Cherubino, in sede di controesame, ha puntato tutto sulla sua asserita estraneità al presunto “accorduni” tra il boss Commisso Giuseppe classe ’47 e alcuni maggiorenti del centrodestra cittadino, in vista degli appuntamenti elettorali successivi all’epoca dei fatti.
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Non solo. Cherubino ha aggiunto un concetto già espresso nel corso dell’esame da parte del Pm della DdA di Reggio Calabria Antonio De Bernardo sostenuto nell’udienza dello scorso 4 dicembre, quando disse di essere stato «preso in giro dal centrodestra cittadino che – spiegò il 4 dicembre – non mi sostenne davvero alle elezioni regionali del 2010». E ha aggiunto alcuni dati numerici. «Alle elezioni provinciali del 2006 – ha riferito oggi in aula Cherubino – l’allora candidato Riccardo Ritorto prese 3.600 voti a Siderno perché godette del supporto di tutto il centrodestra unito; alle Regionali 2010 io ne presi 2.200 nel mio paese».
Concetti, questi, che Cherubino ha toccato anche nella coda odierna dell’esame iniziato il 4 dicembre dal Pm De Bernardo, davanti al collegio presieduto dal giudice Alfredo Sicuro (a latere Cosenza e Gerace), ribadendo che «Dopo la delusione delle elezioni regionali del 2010, il mio gruppo politico chiuse le segreterie nel territorio e, in vista delle elezioni comunali del 2011, decidemmo di lasciare libertà di coscienza ai singoli militanti: alcuni si candidarono col centrodestra che supportava il candidato sindaco Ritorto, altri col centrosinistra del candidato sindaco Panetta, altri ancora con una lista civica che candidava a primo cittadino l’architetto Futia. Personalmente – ha concluso l’esame Cherubino – mi astenni dal fare politica attiva, specie dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia, e non parlai più di politica in pubblico».
IL CONTROESAME
L’avvocato difensore di Cherubino Sergio Laganà gli ha subito chiesto di chiarire alcuni aspetti relativi alle risposte rese nel corso dell’esame sostenuto il 4 dicembre. In particolare, gli ha chiesto lumi sulle occasioni in cui ha incontrato il boss Antonio Commisso classe ’56 (detto “Ntoni i ‘bbocatu”).
«Lo incontrai – ha riferito Cherubino – in occasione della campagna elettorale che precedette la mia candidatura alle Provinciali del 1998. Lui era al bar “Tentazioni” che prendeva un caffè e io distribuivo ai negozianti del corso di Siderno il mio materiale di propaganda elettorale. Appena mi vide – ha proseguito l’imputato – mi disse che era inutile lasciare a lui i fac-simile elettorali perché non mi avrebbe votato. In un’altra occasione, lo incontrai in un altro negozio e lui disse a un’altra persona “Questo è il candidato…”truscia truscia” ché di voti non ne prende”».
Successivamente, nel rispondere ad altre domande, Cherubino ha detto che «Nel 1995 lavoravo nella baracca di salsicce che mia zia (titolare del bar Tentazioni) allestì per la festa patronale di Siderno», di essere stato «Dirigente della squadra di calcio fino alla fine degli anni ’90» e di aver incontrato «Cosimo Cordì di Locri qualche volta nel mio istituto scolastico privato, quando era studente».
Cherubino, che ha riferito di aver «Perso 28 chili» e di assumere «13 farmaci diversi in questa fase» si è detto «assolutamente estraneo ai reati contestatigli» e ha ripercorso alcuni passaggi tra i principali della sua attività politica già evidenziati nel corso dell’esame, aggiungendo che «Non sono mai stato appoggiato elettoralmente dalla famiglia Commisso» e che «Quando mi candidai a consigliere provinciale, nel 1998 e nel 2002 Locri non fece mai parte del mio collegio elettorale di riferimento».
Sempre su domanda dell’avvocato Laganà, Cherubino ha detto di conoscere «Stinà Roberto dai tempi della scuola ma non mi sostenne mai elettoralmente perché era vicino a Riccardo Ritorto e Mimmo Barranca. Una volta mi chiese il favore di assumere sua moglie nel mio istituito scolastico privato ma io non lo accontentai».
Ne è seguita una minuziosa ricostruzione sugli scarsi risultati elettorali alle Regionali 2010 in alcuni paesi come Palizzi, Bova e Rosarno e una altrettanto dettagliata ricostruzione dei suoi referenti elettorali in ogni paese in un contesto in cui «Aprimmo – ha detto Cherubino – parecchie segreterie politiche. Non solo a Siderno, ma anche a Locri e Reggio Calabria».
Sull’ipotesi di realizzare una discarica nei pressi di contrada Ferraro nella seconda metà dello scorso decennio, Cherubino ha ricordato subito che «Io e il mio gruppo fummo i primi ad esprimere la nostra contrarietà e a promuovere manifestazioni e incontri all’ufficio del Commissario per l’Emergenza Rifiuti in Calabria»-
Sul presunto appoggio elettorale che – secondo il teorema accusatorio – gli avrebbe garantito il braccio destro del “Mastro” Mino Muià, Cherubino ha detto che «Non gli ho mai chiesto di appoggiare la mia candidatura e non lo frequentavo perché sapevo che era solito esagerare nel parlare e faceva illazioni. Giocava sempre con 10.000 mazzi di carte e prometteva sostegno elettorale a tutti, tanto che nella sua contrada di residenza (Ferraro) furono molti i candidati a prendere voti, anche persone residenti lontano da qua, come Pietro Crinò e l’allora sindaco di Bagnara Zappalà», ribadendo di aver incontrato la moglie di Muià nell’aprile del 2010 «in relazione ad alcune pratiche che seguivo come referente cittadino di ConfAgricoltura e io già la conoscevo in quanto lavorava, prima di fidanzarsi nell’ufficio del mio amico Enzo Leonardo».
Ancora sul mancato supporto elettorale da parte dei maggiorenti del centrodestra sidernese alle elezioni del 2010. «Nessuno di loro – ha detto Cherubino – mi portò nelle case dei loro sostenitori abituali. Addirittura, Mimmo Barranca mi portò da un sacerdote che quando si rese conto che eravamo lì a fare campagna elettorale ci cacciò. Totò Macrì, poi, faceva finta di telefonarci per accontentarci ma non s’impegnò mai a favore della mia campagna elettorale. Per due motivi: il primo è che sicuramente ce l’aveva con me perché avrebbe voluto candidarsi lui al consiglio regionale e mi considerava come uno che gli aveva “rubato” la candidatura; il secondo è che lui aveva stretti legami con altri candidati di centrodestra, come Vilasi, Caridi, Candido e Bilardi ai quali credo che “divise” il suo bacino di voti».
In relazione alle Comunali 2011 a Siderno, poi, Cherubino ha ribadito di non aver «Mai preso parte a riunioni “occulte” a casa di Mimmo Barranca o del coordinatore cittadino del Pdl Michelangelo Vitale, detto “Tomba”. Le candidature le facevano sempre loro e loro decisero di candidare Ritorto a sindaco nel 2011 e Barranca a consigliere provinciale nel 2012.
Ancora su Commisso Giuseppe del ’47, detto “Il Mastro”.
«Non siamo mai stati invitati insieme – ha detto Cherubino – a dei matrimoni e io non ero nemmeno cliente della sua lavanderia: mi servivo alla Pulipel quasi sempre e, qualche volta, da Belvedere».
L’imputato ha aggiunto che «Non partecipai ai funerali o al lutto del locrese Cosimo Cordì e quello che dice il pentito Giuseppe Costa nei miei confronti è destituito da ogni fondamento. Non l’ho mai conosciuto, nemmeno di vista, e non sono mai stato affiliato a nessuna organizzazione criminale. Secondo me ha qualche risentimento personale per me perché io e il mio gruppo politico, a fine 2007, fummo a favore della costituzione di parte civile al processo per l’uccisione di Gianluca Congiusta, che vedeva il fratello Tommaso come imputato principale, tanto che una volta indirizzò ai giornali una lettera in cui mi diceva che non mi dovevo permettere di prendere decisioni, viste le mie vecchie vicissitudini giudiziarie, dalle quali comunque uscii assolto».