di Gianluca Albanese
LOCRI – «Farmaci come Idrossiclorochina, se somministrati in tempo, possono bloccare la tempesta infiammatoria innescata dal Covid-19: non combattono il virus ma agiscono sui sintomi, contribuendo, in maniera che induce alla fiducia, alla guarigione, portando altresì a un decremento dei ricoveri ospedalieri».
Quando il medico locrese Nicola Rulli parla di prevenzione, vaccini e corona virus lo fa nei tempi e nei modi giusti. E con cognizione di causa.
Fu così, lo scorso 24 febbraio, quando venne a spiegarci questo fenomeno pandemico appena arrivato in Italia dalla Cina, nei giorni in cui i più prendevano d’assalto i supermercati, senza nessuna misura di prevenzione. E di chiusura delle scuole e altre misure di distanziamento sociale non ne parlava quasi nessuno.
Fu così lo scorso 9 marzo, quando la vulgata predominante era incentrata sull’asserita non necessità dell’uso delle mascherine, al fine di chiudere naso e bocca, vere e proprie porte d’ingresso e di uscita del virus. Il medico Rulli uscì pubblicamente invitando tutti all’uso delle mascherine.
Oggi, dopo un paio di settimane dall’entrata in vigore del D.P.C.M. denominato “Io resto a casa” abbiamo radicalmente modificato le nostre abitudini, evitando di uscire di casa, prendendo dimestichezza con bollettini di Protezione Civile e Grande Ospedale Metropolitano, monitorando giornalmente i numeri dei contagiati, la tendenza in atto e, ahinoi, il numero dei pazienti ricoverati in terapia intensiva e deceduti.
Ma è una visione incentrata completamente sugli ospedali, sui quali in questi giorni si concentra il dibattito politico locale e regionale, coi medici di famiglia relegati, fino a pochi giorni fa, a meri “segnalatori” di pazienti di ritorno dalle zone ad alto contagio, per via della procedura in corso.
Oggi, no.
Come spiega il dottore Rulli, infatti, con la somministrazione di farmaci ai pazienti presi in tempo, e con una politica tesa a dotare i medici di medicina generale dei cosiddetti “Kit dei test rapidi” (grazie ai quali, con una semplice goccia di sangue, come si fa per i pazienti affetti da diabete, si capisce in pochi minuti l’eventuale presenza di anticorpi indicatori della presenza del virus) entro pochi giorni si potrebbe arrivare a una cura domiciliare più efficace e a un calo dei ricoveri ospedalieri.
Ma procediamo con ordine.
Nicola Rulli compie una considerazione preliminare. «La pandemia – spiega il medico – si muove e cresce in base all’organizzazione dei popoli: non c’entrano climi o etnie, ma come gli Stati si sono organizzati per prevenire le diffusione del virus. Ci sono i Paesi dell’Est Europa, infatti, in cui vige un vero e proprio controllo da persona a persona, in virtù del quale chi incontra per strada qualcuno che non porta la mascherina o la indossa male, glielo fa presente subito, correggendone la condotta e mantenendo basso il numero dei contagiati. Mi ha colpito molto positivamente vedere gli speaker della Tv in Repubblica Ceca condurre i telegiornali indossando la mascherina. In Italia, invece, non ci sono stati messaggi chiari, tempestivi ed efficaci da parte delle autorità che avrebbero dovuto mandarli. Non è stato spiegato il meccanismo di trasmissione aerea del virus (goccioline di saliva “droplet” ma anche aerosol e respiro da soggetto a soggetto a distanza ravvicinata), tanto da confondere inizialmente la gente comune, che in molti casi sembrava aver confuso il Covid-19 col colera, tanto che si pensava fosse sufficiente lavarsi spesso le mani e non indossare la mascherina, quando sarebbe bastato spiegare che il primo passo per evitare la diffusione del contagio era quello di coprire naso e bocca, proprio per chiudere ogni porta in entrata e in uscita, aggiungendo che il paziente sano e asintomatico è in realtà il peggiore diffusore del virus. Ebbene – prosegue il medico locrese – ora che sappiamo bene che bisogna coprire naso e bocca, che il distanziamento sociale è legge, così come la messa in quarantena dei soggetti contagiati, possiamo concentrarci sulla prevenzione secondaria, che ci permette di intervenire all’insorgere dei primi lievi sintomi (febbre, tosse, ecc.) proprio per bloccare la tempesta infiammatoria che aggrava la situazione generale del paziente: non si muore, infatti, per il virus, ma per il danno polmonare che si verifica nei casi più gravi, ovvero per l’edema che impedisce la funzione di scambio tra ossigeno e anidride carbonica. Insomma, si possono prescrivere farmaci prima che si verifichi la “cascata infiammatoria” perché se non uccidono il virus, quantomeno ne bloccano le conseguenze.
Ma quali sono questi farmaci?
«Il primo – spiega Nicola Rulli – è l’Idrossiclorochina, un antimalarico usato anche per altre patologie come artriti e lupus eritematoso sistemico, il cui nome commerciale è “Plaquenil 200” ed è già in uso in Francia, negli Stati Uniti e in altri Paesi. Costa meno della tachipirina e agisce da stabilizzatore dei processi cellulari e molecolari che portano alla cascata infiammatoria. L’altro farmaco è il Koletra, un antivirale assai costoso che viene usato nella cura dell’AIDS, il cui utilizzo è appena stato autorizzato dall’Aifa. In base alle esperienze scientifiche fatte – aggiunge il dottore Rulli – la loro somministrazione nella prima fase della malattia rallenta l’azione che porta al danno polmonare: se blocchiamo in tempo la tempesta infiammatoria, permettiamo all’organismo del paziente colpito da Covid-19 di formare gli anticorpi contro il virus, mettendosi al riparo. Si tratta del filtro più efficace, come sono certo si potrà quantificare nei prossimi giorni».
Insomma, mentre continuiamo a rimanere a casa per evitare ogni forma di possibile contagio da corona virus, dal medico Rulli vengono messaggi di speranza e fiducia in vista del ritorno alla vita normale.
Ovviamente, da Medico di Medicina Generale, Rulli difende il ruolo e le attribuzioni della sua categoria professionale, lanciando altresì un appello alla Presidenza della Regione: «Sarebbe molto opportuno che i medici di famiglia venissero dotati dei kit di test rapidi che in pochi minuti e con una semplice gocciolina di sangue, sono in grado di stabilire se nell’organismo del paziente ci sono quegli anticorpi che si formano in 6-7 giorni e indicano la presenza del virus Covid-19. Questo permetterebbe un controllo capillare dei pazienti senza i tempi lunghi e le rigidità dei controlli effettuati mediante “tampone”».
Un ultimo pensiero viene rivolto dal dottore Rulli ai suoi colleghi morti in questi giorni nel Nord Italia. «Andavano sicuramente protetti e tutelati meglio – dice con amarezza – perché per andare in guerra ci vuole l’elmetto: non si va a cranio scoperto. Mi auguro che ora lo si faccia con maggiore attenzione, specie con riferimento ai neo laureati che vengono reclutati in queste ore e che necessitano del dovuto addestramento».