di Antonella Scabellone
LOCRI-Una lunga giornata, interamente dedicata alle difese degli imputati, è stata quella odierna del processo Crimine. Una maratona iniziata nella mattina, intorno alle dieci e trenta, e conclusasi in serata a ridosso delle venti. Tanti i legali che si sono alternati al microfono per convincere la Corte (presidente Alfredo Sicuro, a latere Cosenza e Sergi) del’innocenza dei propri assistiti, secondo una linea comune che sostiene la lacunosità e l’ insufficienza degli elementi di prova su cui si regge l’impianto accusatorio, per lo più intercettazioni, telefoniche e ambientali, che “di per sé non potrebbero costituire piena prova dei delitti contestati in particolare del reato associativo (art 416 bis)”.
Il primo a prendere la parola è stato l’avvocato Antonio Alvaro in difesa di Roberto Commisso (per lui l’accusa ha chiesto 13 anni di reclusione) che nel mettere in dubbio il teorema accusatorio (la ‘ndrangheta non è Cosa Nostra, non c’è una Provincia che dà oridini- ha detto Alvaro- quasi a sminuire l’importanza dell’organizzazione criminale), ha sostenuto la non contestabilità al proprio assistito del reato associativo. A tal proposito il legale ha sottolineato che “un cognome non può essere un’etichetta” e che l’imputato, avulso dagli ambienti criminosi locali avendo vissuto per diversi anni al nord Italia, quand’anche è stato intercettato figura sempre come interlocutore passivo.
Per Antonio Figliomeni, detto “il topo”, è intervenuto l’avvocato Cosimo Albanese che ha contestato il ruolo di vertice attribuito dall’accusa al proprio assistito nel locale di Siderno “del quale non vi è alcuna prova nel processo anzi-ha aggiunto Albanese- Figliomeni frequentava solo gente per bene e onesta e i testi venuti a deporre ne sono la dimostrazione”.
Per Michele Fiorillo è intervenuto l’avvocato Costabile che ha respinto la tesi accusatoria secondo la quale l’imputato non solo sarebbe affiliato alla ‘ndrangheta, ma avrebbe avuto anche una carica importante, la c.d. “santa”. “La lotta alla mafia non può significare passare sulla pelle degli altri. Dodici anni di galera sono un’ipoteca sulla vita di una persona-ha detto Costabile riferendosi alla richiesta del Pm per il proprio assistito”. Poi, rivolto alla Corte “dovete pretendere la prova piena, l’imputazione per il 416 bis richiede molto di più di quanto è risultato da questo processo”.
Come interventi centrali si sono registrati quello di Arnando Veneto per Francesco Gattuso; Domenico Alvaro per Francesco Bonarrigo e Sergio Laganà per Giampaolo. Tutti hanno messo in dubbio l’attendibilità delle intercettazioni, dove sarebbero frequenti gli errori di persona; l’inconsistenza dell’impianto accusatorio in merito alla dimostrazione del reato associativo, l’attendibilità dei pentiti.
A concludere Armando Gerace e Antonio Severino, legali di fiducia di Giuseppe Bruzzese, il sessantacinquenne italo-canadese per il quale l’accusa ha chiesto 19 anni di reclusione, ritenendolo uomo di vertice del locale canadese di Thunder bay. I due avvocati hanno sottolineato come il lavoro investigativo in riferimento a Bruzzese sia lacunoso, in quanto dando per scontata l’esistenza del reato associativo non si è poi provveduto a verificare nel concreto in cosa ciò consistesse e come si fosse manifestato all’esterno. Tutto si sarebbe fermato “a dubbie intercettazioni ma quelle- lo hanno ribadito anche Severino e Gerace-non sono prove piene”.