R. & P.
«Carcerazione preventiva. Una vera e propria stortura tutta italiana, che determina l’abuso della custodia in carcere».
Lo afferma il deputato di Coraggio Italia Felice Maurizio D’Ettore, tra l’altro coordinatore regionale del partito in Calabria, sostenendo le ragioni del sì al quesito n. 2, concernente i “Limiti all’abuso della custodia Cautelare”, nell’ambito del Referendum sulla Giustizia in programma il prossimo 12 giugno.
«L’abuso della custodia cautelare è sotto gli occhi di tutti – aggiunge -. Il problema serio è di riportare la disciplina sancita dall’articolo 274 del Codice di Procedura Penale nell’ambito dei valori costituzionali, ovvero la presunzione di non colpevolezza e le misure da ritenersi eccezionali in caso di eventuale restrizione della libertà personale.
In concreto accade, però, che la valutazione del fatto di reato venga effettuata anche molto tempo dopo la sua commissione oppure tenendo conto di precedenti antichi rispetto alla realizzazione della condotta criminosa.
Un detenuto su tre è trattenuto in carcere in base ad un’ipotesi prognostica di reiterazione del reato e non sulla base di una precisa, attuale e concreta valutazione della gravità del fatto commesso che è diversa dalla sola considerazione della gravità in astratto del titolo del reato prefigurato.
La Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno più volte ribadito che il pericolo di reiterazione del reato deve essere attuale e ben determinato.
Non sempre ciò si verifica in concreto. Non ci si deve meravigliare poi che i detenuti chiedano indennizzi per l’ingiusta detenzione, oltre mille ordinanze di liquidazione ogni anno. Sono tra i 7 e gli 8 mila i soggetti che non hanno avuto almeno il vaglio del primo grado di giudizio, ma sono stati comunque assoggettati alla custodia preventiva.
Ci sono, altresì, persone che, trovandosi loro malgrado in questa situazione, pur essendo poi stati scarcerati, hanno perso il lavoro e si sono viste chiudere le proprie attività imprenditoriali».
D’Ettore, inoltre, ci tiene a sottolineare, che non è vero che per i reati più gravi, con il Sì al Referendum, sarebbe più agevole la possibilità di reiterazione.
«La disciplina – insiste – rimarrebbe applicabile con riguardo alla valutazione dell’eventuale reiterazione del reato nei casi di delitti concernenti l’uso di armi, la violenza contro le persone, la criminalità organizzata e i delitti contro l’ordine costituzionale.
Ne consegue che non risulterebbero nemmeno favoriti, come qualcuno afferma senza fondamento, i delinquenti seriali. E per tutti i reati contro le persone resta sempre da valutare l’uso, non solo della violenza fisica, ma anche morale nella commissione del reato.
Per cui l’abrogazione derivante dal Si al referendum non riguarderebbe queste ipotesi. Chi afferma il contrario sostiene, quindi, tesi false ed inconsistenti dal punto di vista giuridico poiché la fattispecie del reato, anche in casi del genere, verrebbe rimessa alla concreta e puntuale valutazione da parte del giudice.
Quando il Parlamento è in ritardo su certe riforme, è pertanto giusto che con il ricorso al Referendum si vada ad influire su temi delicati qual è quello dell’adozione della misura cautelare».
Temi importanti rimessi alla sovranità popolare, al giudizio del corpo elettorale, che è sempre buona cosa anche se con riguardo a temi complessi. Bisogna ricordare infine che oltre il 50% delle misure cautelari carcerarie non trovano poi esito nel processo e vedono, invece, la scarcerazione dell’indagato.
Ecco perché già in questa fase, cosiddetta “preliminare”, il giudice deve tenere conto di pesi e contrappesi, di un equilibrio ragionevole tra diversi interessi di natura costituzionale che spesso non vengono collocati nella giusta dimensione quando si parla soltanto di pericolo, in astratto, della reiterazione del reato.
Si ritiene sufficiente una mera prognosi, un: “si potrebbe reiterare”, come giudizio ipotetico. Ma non basta solo l’occasione e nemmeno la gravità del titolo del reato, è necessario che siano gravi le circostanza concrete della commissione del delitto e che ci sia sempre una valutazione puntuale e dettagliata. In questo modo si ristabilisce la tutela della libertà del soggetto e l’equità del giudizio penale».
I referendum, pertanto, rappresentano uno strumento previsto dalla cornice costituzionale per intervenire sull’ordinamento anche in questa materia.
Tra l’altro, anche in tema di custodia cautelare, ci sono stati abusi notevoli. Si ricordano, infatti, casi clamorosi di soggetti incarcerati in via preventiva e poi liberati.
E’ evidente, in sostanza, che il tema di fondo è che il giudice valuta spesso con una clausola di stile la possibile reiterazione del reato, tanto è vero che ad oggi circa 850 milioni di euro sono stati pagati dallo Stato per i risarcimenti da ingiusta detenzione.
Troppi sono i soggetti in custodia cautelare, uno su tre detenuti, secondo lo stesso ministero della Giustizia e ciò con effetti rilevanti per il funzionamento dell’organizzazione dell’ordinamento carcerario».
Insomma «una vera e propria stortura italiana» ribadisce D’Ettore.