di Gianluca Albanese (foto Enzo Lacopo)
SIDERNO – Tra De Coubertin e Marinetti; ovvero tra l’esigenza di esserci, partecipare all’agone elettorale e portare in dote i propri voti e fare tabularasa di quello che c’era fino a ieri. Una prima lettura delle liste elettorali alle regionali può essere fatta ora, una volta passata la tempesta delle “notti dei lunghi coltelli” (specie in casa Pd) e le conferme ottenute rispetto alle previsioni relative alle altre liste. Di certo, il rinnovamento tanto proclamato dai principali schieramenti non c’è stato e nel comporre le liste si è – piuttosto – cercato di dare un colpo al cerchio a uno alla botte.
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Inevitabile cominciare da quanto accaduto in casa Pd, con la direzione regionale “itinerante”, iniziata nel tardo pomeriggio a Reggio e conclusa nella notte di Lamezia, dopo che sono volati gli stracci nel nostro capoluogo di Provincia e lungo l’A3.
Chi c’era e ha commentato all’alba di stamattina, parla di un Pd coraggioso, deciso a “cambiare verso” veramente, voltando pagina rispetto a un recente passato fatto di consiglieri chiacchierati, indagati e alle prese con qualche guaio giudiziario. Ma soprattutto di esponenti di spicco dell’opposizione alla maggioranza di centrodestra che, per mero tornaconto personale (non è da tutti rinunciare a qualche mese d’indennità) non avrebbero avuto il coraggio di dimettersi dopo la condanna subita dall’allora governatore Scopelliti al processo per il “caso Fallara”.
Ci sta tutto, ci stanno le valutazioni politiche più disparate, ma il metodo usato ieri sera e stanotte nella direzione regionale del Pd è stato quantomeno discutibile. Fissare un criterio (nella fattispecie la non candidabilità di chi si è seduto in consiglio regionale per più di due consiliature) solo qualche ora prima della scadenza non è il massimo della lealtà e della trasparenza. O no?
Quasi un criterio “ad personam“, che nella nostra provincia (leggasi macrocollegio alle elezioni) ha visto l’esclusione di due ex assessori regionali dell’allora giunta Loiero, che da tempo avevano avviato la loro campagna elettorale.
Già, perché a fronte del piccone usato per colpire Naccari e De Gaetano, è stato steso il tappeto rosso a chi fino a pochissimi mesi fa era espressione di un altro partito (come Giordano, ex Idv) ed è stata data via libera alla candidatura del segretario provinciale del partito Sebi Romeo che, a rigor di logica, dovrebbe pescare nello stesso bacino elettorale di De Gaetano, del quale è considerato un fedelissimo. Ma tant’è.
Guardando alle altre liste che sostengono Oliverio, poi, viene da chiedersi il significato del “cambiare verso” quando ci sono molti che alle scorse elezioni hanno sostenuto, chi con una candidatura diretta e chi con un buon apporto elettorale, l’ex governatore Scopelliti e i suoi.
Per esempio, Pasquale Maria Tripodi, attuale capolista del Centro Democratico portò in dote 10.393 voti di preferenza al centrodestra di Scopelliti, Mario Mazza (ora candidato Cdu pro Oliverio) 3.104, mentre Raffaele Sainato (candidato nella lista “Autonomia e Diritti”) contribuì, nel 2010 ad eleggere Gianni Nucera dei Popolari Liberali per il Pdl che prese 7.717 voti. Quasi uno Sprar per richiedenti asilo in un centrosinistra dato per vincente, dunque.
Certo, la storia della politica (in particolare di quella calabrese) è fatta di frequenti cambi di schieramento, di salti della quaglia e non c’è il vincolo di mandato. Ma l’elettore medio può comunque chiedersi perché a fronte di due esclusi eccellenti nella lista del Pd si siano spalancate le porte a tanti ex di centrodestra, come se si volessero conciliare le esigenze di Oliverio (ai quali i voti degli ex di centrodestra sicuramente non fanno schifo) con quelle di Magorno, che ritinteggia la facciata del suo partito compiendo, in pratica, un’operazione di restyling alla quale dovrà fare seguito, se si vorrà dare sostanza a questo tipo di azione, un modo nuovo di governare la regione, ovviamente in caso di vittoria del centrosinistra. E, nel caso del Pd, bisognerà chiarire ai propri tesserati il concetto di importanza della militanza e della fedeltà al simbolo, se non si vuole rischiare di perdere più dei tre quarti di tesserati che hanno detto “bye bye” al partito di Renzi nell’ultimo anno.
E se nella coalizione centrista composta da Ncd e Cdu (candidato presidente Nico D’Ascola) ci sono due big uscenti come Gigi Fedele e Candeloro Imbalzano, a Wanda Ferro, candidata governatore di Forza Italia, Casa della Libertà e Fratelli d’Italia, l’operazione rinnovamento è riuscita solo a metà, con buona pace di quelli, come l’ex sindaco di Locri Francesco Macrì, tendevano a un totale ricambio della classe dirigente del centrodestra.
Già, perchè il capolista di Forza Italia è Sandro Nicolò, mentre il numero 2 è Gesuele Vilasi; nella Cdl, invece, oltre a Franco Crinò, fratello dell’uscente Pietro, c’è Tilde Minasi, fedelissima di Scopelliti almeno quanto il braccio destro del Governatore Daniele Romeo.
Non ci sono, nelle liste pro Wanda Ferro, candidati con un passato recente nel centrosinistra, segno che i “saltatori della quaglia abituali” hanno intuito che stavolta il vento soffia nell’altra direzione.
Almeno questo è il sentore diffuso. Come sempre, saranno gli elettori a decidere.