di Adelina B. Scorda
BIANCO – Sono in mano alla procura di Locri gli incartamenti che riguardano il depuratore consortile di Bianco; le indagini ancora in corso e al momento non sono emersi molti particolari, ma quello che per il momento si sa da fonti autorevoli è che l’avviso di garanzia per i comuni di Bianco, Bovalino, Benestare e Casignana (per la quota di collettamento di contrada Palazzi) è stato depositato. Sarebbero, però indagati anche dipendenti di settore dei comuni interessati. Un’attività quella svolta dalla capitaneria di Porto e dall’Arpacal, attraverso il monitoraggio delle acque e dell’impianto consortile, in un lasso di tempo che va da agosto del 2015 al febbraio di quest’anno e che ha portato al sequestro delle pompe di sollevamento.
Una serie di congiunture ha consentito agli uomini della Guardia costiera di individuare una serie di irregolarità, verificate successivamente dall’Arpacal, che già nel luglio del 2015 avevano portato al sequestro probatorio del depuratore consortile di Bianco. All’epoca dei fatti fu verificato uno sversamento di liquami nel torrente Sant’ Antonio a Bianco. Inoltre, i prelievi effettuati nelle acque di Bianco a metà maggio 2015 a fine mandato dell’ex amministrazione comunale diedero indicatori di salubrità che superavano il limite consentito dalla normativa creando un dato senza precedenti, in quanto negli anni le analisi condotte sia dall’Arpacal che dai comuni del consorzio depurativo avevano sempre dimostrato l’eccellenza delle acque marine.
Al centro delle indagini, dunque, non solo la gestione dell’impianto consortile: si scava più a fondo, nella ricerca dei materiali impiegati, nella conformità di realizzazione, dopo anni di funzionamento a singhiozzo e continui sversamenti di liquame a mare, per un impianto costato ben oltre i 9 milioni di euro.
Questa volta le sanzioni non si sono esaurite al campo amministrativo, ma il fascicolo aperto dalla procura di Locri chiama in causa presunte responsabilità per disastro ambientale. Il consortile di Bianco, presenta numerose criticità che non riguardano il solo funzionamento del depuratore ma l’intero impianto.
A Benestare, ad esempio, che dall’inizio è il comune che ha presentato le maggiori criticità per un collettamento che pare non seguire neppure le logiche del buon senso , la Capitaneria di porto in alcuni sopralluoghi effettuati non sarebbe risuscita a ritrovare la vasca del troppo pieno in una delle stazioni di sollevamento poste sul territorio. Altro particolare, in contrada Palazzi le tubazioni dell’impianto si collegherebbero al vecchio depuratore al lato nord del ponte Bonamico.
Infine ci sarebbe da considerare un altro particolare non di poco conto, le tubazioni di tutto l’impianto dovrebbero trovarsi a vista e non interrate come risulta nella maggior parte del tragitto che collega i quattro comuni.
Amministratori e capi degli uffici tecnici dei quattro comuni interessati dovranno adesso rispondere della gestione di un impianto di depurazione che a tredici anni dalla sua realizzazione non è mai stato messo a regime, abbandonando le logica accusatoria dello scarica barile. Una responsabilità che non ricade esclusivamente sulle attuali amministrazioni comunali ma che chiamerebbe in causa anche le precedenti gestioni.
Qualche accenno al passato
Lo schema fognario del depuratore consortile di Bianco fu realizzato nel 2003 all’interno della costruzione dell’impianto di depurazione in località “S. Antonio” nel comune di Bianco a servizio dei comuni di Bovalino, Bianco, Benestare e Palazzi di Casignana. L’opera, finanziata dalla Regione Calabria, copriva un costo di 9 milioni di euro.
Una spesa esorbitante che avrebbe dovuto raccogliere i liquami fognari dei quattro comuni e trasferirli per un tratto di circa cinque chilometri, con tubazioni adeguate nonché pompe di sollevamento, gruppo elettrogeno e impianti elettrici, al depuratore di Bianco. La scelta di costruirei il depuratore centrale nel territorio di Bianco, non tenne conto, non si conosce il motivo, di un territorio, con dislivelli e curvature poco congeniali al deflusso dei liquami.
Per quanto concerne l’impianto depurativo di Bovalino, che fa ovviamente capo a Bianco, comune capofila, la problematica principale che si sussegue sin dall’inizio della messa in funzione è la rottura delle tubazioni in vari punti del tracciato, che si verifica sostanzialmente a seguito di una sbagliata progettazione ed esecuzione, come la mancanza di valvole di sfiato, una pendenza costante o il sottodimensionamento delle tubazioni utilizzate per la realizzazione (pn6 anziché pn16).
Benestare, invece, avrebbe beneficiato del collettamento con Ardore, sfruttando la pendenza territoriale di un impianto a caduta. All’interno del comune sono state previste tre stazioni di sollevamento (Ben1, Ben2, Ben3) e precisamente ubicate una in via Vitina e le altre due sulla provinciale che per raggiungere il sollevamento di Bovalino non sfruttano di logica la caduta ma la forza di un impianto elettrico che spinge i liquami dal basso verso l’alto.
I processi che regolano la depurazione delle acque reflue:
In un impianto di depurazione i reflui dovrebbero inizialmente confluire per caduta (è il modello consigliato) in un collettore centrale, da qui dovrebbero diramarsi delle stazioni con annesse pompe (quattro per ogni stazione) di sollevamento che spingono i liquami fino al sollevamento generale. Ovviamente, l’impianto funziona come un meccanismo a orologeria, se una stazione di sollevamento non funziona per qualsiasi motivo, ad esempio un guasto a un quadro elettrico, i liquami non giungono al depuratore centrale con le conseguenze che sconosciamo.
Al sollevamento generale inizia il vero processo di depurazione con una prima operazione di grigliatura che consiste nell’asportare dall’acqua i corpi di ogni genere allo scopo di evitare intasamenti nelle tubazioni e danni alle altre apparecchiature. A questo punto i liquami vengono trasferiti in delle vasche di equalizzazione e omogeneizzazione che operano alcuni processi di affinamento per poi essere trasferiti nelle vasche di disoleatura e dissabbiatura. Avviene poi il processo di denitrificazione, con il quale viene ridotta la quantità dei nitrati presenti nel liquame trattato che verrà successivamente avviato allo scarico.
A questo punto l’entrata nella vasca di ossidazione, dove sono presenti i fanghi di ricircolo, i batteri che fanno avvenire il processo di depurazione attraverso cui i liquami vengono totalmente depurati con l’opera finale della clorazione, cioè l’impiego dell’ipoclorito di sodio, il disinfettante più usato per tali trattamenti. Fondamentale per un esito positivo di tutto il processo è una linea fanghi adeguata, in modo che il fango prodotto venga accumulato e trasferito nelle discariche per essere smaltito.
Risulta chiaro che per consentire un adeguato funzionamento di un impianto di depurazione si necessita di fondi consistenti per rendere puntuale la manutenzione e per fronteggiare le spese di smaltimento dei fanghi. Una buona sinergia fra crediti e oneri consentirebbe una manutenzione puntuale dell’intero impianto.