R. & P.
GIOIOSA IONICA – Quello che le donne dicono. E che bisogna imparare ad ascoltare. Specie quando “le donne” sono le pazienti di una psicoterapeuta particolarmente attenta e appassionata, che le riceve nella struttura pubblica con la finestra che dà sul mare «Quel mare che irrompe e fa parte della terapia stessa».
“Diario di una finestra sul mare. Cartella FD53/09” è il secondo libro di Filomena Drago, che racchiude, come è scritto nella quarta di copertina, storie raccolte in “Anni di attività di “prima cura” con le famiglie, gli adolescenti e le persone violate”, presentato domenica scorsa, 15 ottobre 2017 all’auditorium comunale di Gioiosa Ionica.
Davanti a una folta platea di estimatori della Drago, già conosciuta nelle vesti di scrittrice al tempo del romanzo d’esordio “Viola”, tre giovani tirocinanti hanno esordito leggendo alcuni brani del libro «Nel quale – ha spiegato Filomena Drago – ho cercato un filo conduttore capace di legare le varie storie, trovandolo nella finestra sul mare e nella voce narrante. C’è anche una paziente misteriosa, che entra in punta di piedi e poi diventa voce narrante, alla quale raccomanda la storia del drago Leo, metafora della vita».
Tra un passo e l’altro, letto da Alessandra, Annabella e Rosalia – questi i nomi delle tre tirocinanti – nel parlare di queste testimonianze riportate nel libro, raccolte durante le sedute di terapia, la Drago ha ammesso che «Gli altri mi hanno dato più di quanto io non abbia dato loro».
Ma chi sono “gli altri”, protagonisti delle storie narrate e chiamati con nomi di fiori, per ovvie ragioni di tutela della privacy? Bambine straniere adottate come Iris, o “Down” (ma la definizione più appropriata per l’autrice è “Persone con esigenze straordinarie, più che diversamente abili”) come “”Fiore di loto”; Azalea, la cui madre è stata uccisa accidentalmente dal genero che in un raptus di follia omicida voleva colpire la sorella della stessa Azalea, o Dalia, ragazza di campagna cui è stato negato il diritto alla frequenza scolastica da un padre-orco che la possedeva tutte le sere.
Dopo questa prima parte, in cui si è altresì accennato alle tre sezioni che compongono il libro, è iniziato il dialogo tra l’autrice e la divulgatrice culturale Maria Antonella Gozzi, che prima di rivolgere le proprie domande, ha definito il libro della Drago «Un testamento etico per i più bisognosi».
Nel corso del dialogo, l’autrice che ai primordi della sua carriera faceva fatica a spiegare a un’utenza pro avvezza il suo ruolo di psicoterapeuta, e che ha ricordato quando una bambina la definì “medico dell’anima”, ha detto che «La crescita culturale necessaria a prevenire fenomeni di devianza si ottiene lavorando sul territorio tutti i giorni e senza fretta» e che «La politica deve vigilare affinché la burocrazia funzioni: quando ho espresso problematiche ai vari direttori generali, sanitari o di dipartimento, ho solo perso tempo…» e, a proposito della storia – tristissima – di Dalia, che parlava solo con capre e galline e che morì a 40 anni vittima dei troppi farmaci e dell’isolamento «Se fosse andata a scuola, tutto ciò – ha detto la Drago – non sarebbe successo. La scuola, però, avrebbe bisogno del supporto degli psicologi per decodificare i segnali che emergono».
Quindi, dopo aver spiegato il significato della metafora del drago, l’autrice ha ricevuto una bella sorpresa che le ha regalato qualche attimo di commozione, quando la collaboratrice Rosalia le ha dedicato un affettuosissimo pensiero.
Dopodiché è iniziato il dibattito, in cui sono intervenuti, tra gli altri, la dirigente scolastica Marilena Cherubino, la professoressa Sara Milicia, il poeta e scrittore Giuseppe Gervasi, la presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati Gabriella Mollica Luly, la psichiatra Nuccia, la commercialista Teresa Macrì e Nicola Fiorenza. Quest’ultimo ha citato la propria esperienza di marito e padre vittima di un matrimonio “sbagliato e finito male” mentre il sindaco di Gioiosa Ionica Salvatore Fuda, dopo una lunga riflessione sul senso della comunità da ritrovare in tempi come quelli contemporanei, così difficili per chi amministra i comuni, ha concluso dicendo che «Questa serata mi è servita a ricordare con maggior vigore il senso di responsabilità che deve farci superare ogni forma di accidia».
Prima di dedicarsi alla lunga teoria dei lettori desiderosi di un autografo o di una foto ricordo, Filomena “Nuccia” Drago ha concluso la serata dicendo al pubblico che «Se le parole che abbiamo detto vi hanno lasciato qualcosa dentro, vuol dire che è stata una serata davvero proficua».