di Gianluca Albanese
LOCRI – Sono già passati dieci anni da quel 17 settembre del 2004, quando una mano vigliacca fece fuoco per porre fine all’esistenza terrena di un giovane buono, generoso, forte e altruista. Ma Massimiliano Carbone vive nel ricordo di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e nella lotta, incessante, per avere giustizia, condotta dalla madre Liliana, con una forza d’animo e una determinazione che solo una mamma può avere.
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La cronaca di questi due lustri ha detto molto ma non tutto su un delitto che ancora chiede giustizia. Una morte nell’adrone del palazzo di casa col buio alleato di quella mano vigliacca.
Il sangue di Massimiliano per terra, quel sangue che tante volte era stato donato, in vita, per salvare altre vite. L’urlo di dolore dei suoi cari e un delitto che ha scosso le coscienze.
«Spezzato a 30 anni, papà per sempre», è scritto in calce al manifesto che ne preannuncia la preghiera che tutti noi rivolgeremo per lui, domenica mattina alle 10,30 durante la santa messa che sarà celebrata nella cappella dell’ospedale di Locri. Già, papà per sempre, perché Massimiliano continua a esistere nella vita che ha creato.
Dieci anni fa un ragazzo di Locri, uno di quei “ragazzi di Locri” che seppe vivere lontano dal clamore della ribalta mediatica ma sempre pronto a spendersi per il prossimo cessava di vivere per mano assassina.
Punito perché amò.