R. & P.
L’appello delle associazioni Adda e Comma Tre non può passare inascoltato. I disagi evidenziati dai loro rappresentanti sono comuni a quelli di tante famiglie calabresi che, ogni giorno, si scontrano con ritardi inaccettabili, burocrazia inconcludente e politica distratta. Il loro appello non può che essere il nostro. Liberi e uguali, il movimento che mi ha assegnato il compito di rappresentarlo nel collegio uninominale Gioia Tauro – Reggio Calabria al Senato, non è insensibile a questi temi. L’uguaglianza, l’inclusione sociale, l’azzeramento delle differenze economiche, sociali e culturali sono l’essenza di un’idea politica modernamente di sinistra che sia ancorata ai precetti della Carta Costituzionale e al modello economico e sociale disegnato dai costituenti.
Il programma sostenuto da Pietro Grasso, il leader di Liberi e uguali, disegna un welfare universale che sia in grado, fra le altre cose, di adottare un piano sociosanitario nazionale per la non autosufficienza incentrato sulla domiciliarità e articolato in funzione del grado di bisogno e di definire un piano integrato di interventi a favore delle persone con disabilità, che ne favorisca la vita indipendente e che interessi non solo l’inserimento lavorativo ma anche, ad esempio, l’accessibilità delle case e dei luoghi pubblici nonché la mobilità territoriale.
Sono convinto che, davanti alle difficoltà delle persone diversamente abili e dei loro parenti, sia necessario il massimo confronto con le associazioni e le famiglie che vivono questa dimensione al fine di prestare la massima attenzione ai diritti dei più deboli.
Bisogna fare in modo che queste esigenze ritornino ad essere una priorità della politica. Soprattutto in Calabria. Questa regione, affranta da un Piano di rientro che punta esclusivamente al recupero del debito, è il fanalino di coda nell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza. La Calabria deve tagliare le spese superflue, rimettere in sesto il bilancio del Servizio sanitario regionale ma non può farlo a discapito di chi ha bisogno più di altri di ridurre il grado di insicurezza sociale.
L’inclusione sociale e il contrasto alla diseguaglianza, diritti inalienabili di ogni persona, necessitano di investimenti importanti. Troppo spesso, però, l’Italia impegna fondi ma non è in grado di trasformarli in servizi. Il territorio di residenza, sovente, si trasforma in un fattore discriminante nell’accesso alla sanità, all’istruzione o ai servizi sociali.
In Calabria questa sensazione si accentua. Le percentuali si moltiplicano.
Iniziamo dalla scuola e dalla sua accessibilità per le persone diversamente abili. Quello dell’istruzione è un diritto disatteso per i diversamente abili che, purtroppo, sono costretti a rinunciare al perseguimento di questo obiettivo per i troppi ostacoli che si frappongono fra il loro diritto e la realtà delle cose. Ostacoli prima di tutto strutturali. Per questo crediamo sia indispensabile riprogrammare i fondi comunitari in direzione di interventi infrastrutturali per la realizzazione di scuole moderne, per l’acquisto di mezzi di trasporti adeguati e per il definitivo abbattimento delle barriere architettoniche al fine di favorire una concreta inclusione scolastica.
E’ inspiegabile, poi, la scelta della politica di inserire nelle classi un numero elevato di alunni. Questa decisione è funzionale solo alle politiche di risparmio imposte dal Ministero ma rende impossibile la costruzione di un rapporto educativo adeguato.
Nelle scuole calabresi è necessario aumentare le ore di sostegno per ridurre un gap strutturale che le separa dalle istituzioni scolastiche efficienti del Nord del Paese e, anche, programmare e sostenere le attività pomeridiane. All’aumento del monte ore, poi, deve seguire l’incremento numerico del personale tecnico amministrativo, degli insegnanti di sostegno e degli assistenti volontari.
L’amministrazione regionale, poi, deve accompagnare gli enti locali e gli istituti scolastici nella realizzazione di progetti efficaci per l’utilizzo dei finanziamenti nazionali e comunitari disponibili attraverso la creazione di una task force di tecnici che sia di supporto agli enti attuatori nella preparazione dei progetti. La Regione, insieme alla Città Metropolitana, non può solo mettere a disposizione le dotazioni economiche, non può esimersi dall’impegno di finalizzare questi investimenti, di trasformarli in utilità sociali. Magari, solo per fare un esempio, ampliando sul territorio la presenza di centri specializzati per la cura dell’autismo.
In questa terra, segnata da una crisi soffocante, è determinante implementare il sostegno al reddito delle famiglie chiamate a prendersi cura di un parente diversamente abile, ciò al fine di convertire il reddito in benessere. Questa azione, poi, deve essere accompagnata da una fiscalità di vantaggio che allenti la morsa dell’erario su nuclei familiari già particolarmente svantaggiati.
E’ necessario creare una rete di assistenza che, con il coinvolgimento degli operatori del terzo settore ed il sostegno diretto dello Stato, sia in grado di offrire a queste famiglie un supporto concreto.
Famiglie sulle cui spalle ricade intero il peso dell’assistenza e che, negli ultimi mesi, hanno dovuto sopportare l’ennesima beffa rappresentata dal testo unificato che regola la figura del Caregiver. In questo campo, è necessario prevedere la disponibilità di risorse nazionali che sostengano questa azione normativa e stimolare costantemente le Regioni all’applicazione delle disposizioni normative.
Ma soprattutto, e concludo, appare di fondamentale importanza valutare la possibilità di procedere all’abolizione del comma 3 dell’articolo tre del provvedimento legislativo che, nelle sue previsioni, riduce drasticamente la possibilità delle famiglie di offrire ai propri cari in difficoltà un’assistenza familiare completa.
Rita Commisso, Candidata Camera Liberi e Uguali
Francesca Laura Sgambellone, Candidata Senato Liberi e Uguali
Domenico Mantegna, Candidato uninominale Camera Liberi e Uguali
Pietro Sergi, Candidato uninominale Senato Liberi e Uguali