di Gianluca Albanese
LOCRI – «La Procura vuole mettere il bavaglio su una vicenda scabrosa che mi vede imputato. E’ squallido il fatto che non ci fanno risentire il collaboratore di giustizia Domenico Novella su alcuni punti chiave». Penitenziario di Novara. Il detenuto al carcere duro Domenico Audino è collegato in videoconferenza col tribunale di Locri. Chiede e ottiene di rendere una dichiarazione spontanea che assume la valenza di una disperata invocazione di giustizia, uno sfogo in cui contesta duramente un impianto accusatorio basato – a suo dire – sulle dichiarazioni mendaci di Novella che, secondo lui, «Se lo interrogate dieci volte, vi darà dieci versioni diverse».
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Nove anni di 41bis gli hanno lasciato dei segni molto profondi, e la sua dichiarazione spontanea avrà delle sicure ripercussioni nel dibattito sulle condizioni carcerarie. Audino dice di aver vissuto finora «Nove anni in cui ho subìto ogni tipo di abuso, mancano solo quelli sessuali» e dice che quello che riferisce oggi in aula «E’ avallato da quanto constatato dal magistrato di sorveglianza».
Ripete ossessivamente la parola «squallido», e non si limita al semplice sfogo quando fornisce indicazioni precise e lancia accuse specifiche.
«Perché – si chiede – non rendono noto il contenuto dell’agenda a suo tempo sequestrata a Bruno Piccolo?» e aggiunge «Si gioca sulla vita di un essere umano, si fa carriera sulle mie spalle come dimostra la mia condanna che sarà servita per far fare carriera a qualcuno».
Secondo Audino «Nell’agenda sequestrata a casa di Piccolo ci sono i termini dell’accordo tra lui e la Procura per fare accuse e garantirgli protezione» e parla delle condizioni in cui è costretto «Dormo con la testa appoggiata su un cuscino a dieci centimetri dalla tazza del water».
Parla in maniera concitata: «Non si scherza – dice – con le vite umane e io devo essere messo in condizioni di dimostrare la mia innocenza e gli abusi che ho subito. Se non volete avere un peso sulla coscienza – dice rivolgendosi alla Corte – mi dovete dare la possibilità di difendermi. Novella ha raccontato un sacco di bugie sul capo d’imputazione di questo processo».
Quindi, fa riferimento a una circostanza citata dal collaboratore di giustizia, ovvero un attentato ai suoi danni in agro del comune di Fabrizia, quando, secondo Novella, spararono a un’auto al cui interno c’era lo stesso Audino che fu colpito da alcuni proiettili tanto da essere condotto al pronto soccorso dell’ospedale di Locri quasi dissanguato.
«Il tentato omicidio ai miei danni – ha detto Audino – l’ho subito a Bianco, non in montagna, e arrivai al pronto soccorso di Locri quasi in pericolo di vita. Come avrei fatto a rimanere in vita se mi avessero sparato a Fabrizia, vista la distanza con Locri?».
Audino ha aggiunto che «Ho ancora un’ogiva conficcata nel mio corpo. Perché – ha detto rivolgendosi alla Corte – non mi fate operare per estrarre l’ogiva dal mio corpo e verificate: se quella che ho dentro di me è compatibile all’11% con quelle riportare nei verbali del tentato omicidio di Fabrizia, io non faccio nemmeno appello e considero la sentenza definitiva; in caso contrario posso dimostrare la mia piena innocenza, visto che nella macchina crivellata da decine di colpi di arma da fuoco a Fabrizia non c’è traccia di liquidi organici compatibili col mio Dna e io sono entrato nel processo non con riscontri oggettivi ma solo a seguito delle dichiarazioni di Novella».
A questo punto, Audino sfida la Corte: «Voglio essere interrogato di presenza, perché quando ci si guarda negli occhi è meglio, non è come parlare in videoconferenza» e rivolgendosi al presidente Monteleone spiega: «Se non è serena nella conduzione di questo processo, stralci la mia posizione e, a proposito di giusto processo, si vada a leggere le dichiarazioni di Amanda Knox e Raffaele Sollecito nel processo Meredith».
La dichiarazione di Audino si chiude con un’invocazione al presidente: «Spero di trovare in lei la voce della giustizia».