di Donato Robilotta*
Grazie a Franco Crinò per aver voluto tenacemente aprire una discussione tra socialisti alla ricerca del partito che non c’è, nonostante la esistenza di alcune sigle, nonostante i tanti i socialisti senza patria.
Vedo oggi che la parola socialista, che solo qualche anno fa non si poteva pronunciare, è tornata di moda. La usano quelli che avevano abiurato e preso le distanze, quasi per far dimenticare che erano stati socialisti, la usano quelli che il socialismo lo hanno combattuto, come Eugenio Scalfari, la usa chi socialista non lo è mai stato, come per esempio il sindaco di Milano Sala. Il quale poi quasi pentitosi di quello che aveva detto ci ha tenuto a precisare che bisognerebbe scindere il socialismo dalla figura di Bettino Craxi. Che è stato l’interprete più autentico del socialismo democratico, liberale e riformista non solo in Italia ma in tutta Europa.
La usano anche alcuni rigoristi e liberisti che pensano così di nascondersi dietro la parola socialismo liberale per far dimenticare quello che sono stati.
Credo che nessuno più di noi, che socialisti lo siamo sempre stati, senza abiure, e che abbiamo sempre lavorato per costruire una forza politica come il Psi di Bettino Craxi degli anni ’80, possa definirsi socialista a tutto tondo.
Mi sono interrogato sul fatto che stia tornando di moda la parola, socialista e soprattutto se ci sia oggi uno spazio politico adeguato al di là dei nostri desideri.
Credo che la crisi economica causata dalla pandemia e l’esigenza di più protezione sociale e più welfare porti alcuni a utilizzare la parola socialismo per contrapporla al mercato e alla globalizzazione, non capendo che proprio il covid ha dimostrato che non ci sono barriere e che non ti puoi richiudere all’interno del tuo territorio pensando di isolarti dal mondo.
Noi che liberisti non lo siamo mai stati, ma liberali e riformisti si, sappiamo che il mercato esiste e bisogna farci i conti, così come occorre tener conto della globalizzazione. Ma sappiamo anche che compito della politica è quello di dettare norme per regolamentare il mercato in modo da renderlo compatibile con l’esigenza di più protezione sociale.
Nell’epoca della demagogia imperante, figlia di mani pulite, io ritengo ci sia l’esigenza di una forza politica che dica al paese la verità, intanto sul passato. Perché se oggi la politica è debole è frutto di quello scontro che va sotto il nome di mani pulite che aveva come obiettivo non di combattere la corruzione ma, usando lo strumento del finanziamento illegale, la politica. Non è un caso che proprio da allora la politica è sotto scacco dei diversi poteri, da quello giudiziario a quello finanziario.
Bisogna capire bene quello scontro, politica-antipolitica, per saper leggere il presente e aver chiaro quello da fare nel futuro.
Lo dico perché oggi guardando quello che accade il problema principale è proprio quello della debolezza della politica, che va rafforzata costruendo una nuova classe politica adeguata e strutturata che abbia forti ideali e che sappia che senza partiti veri, forti, la democrazia sarà sempre debole e in pericolo.
Una forza che dica la verità sul presente di un paese che come il Titanic rischia di affondare se non affronta nodi strutturali, a partire dall’enorme debito pubblico e dalla bassa produttività. Problemi che dipendono da noi e non dall’Europa. Anzi senza l’euro e la Ue avemmo già fatto la fine dell’Argentina.
Un partito che rifugga dal giustizialismo e dal pauperismo dell’attuale maggioranza di governo così come dal sovranismo nazionalista che ci isola in Europa e nel mondo.
Una forza che dica si all’Europa, senza se e senza ma, e che indichi come obiettivo da raggiungere quello degli Stati uniti d’Europa, avendo chiaro il suo ruolo cerniera e assolutamente indispensabile nel Mediterraneo.
Stando attenti a non scambiare la parola socialismo con assistenzialismo o neo statalismo, perché il socialismo fonda la sua essenza sul lavoro che non si crea per legge ma con investimenti produttivi.
Una forza che sposi lo sviluppo come strumento di crescita e per combattere le diseguaglianze, una forza a favore delle grandi opere, una forza si Tav, si Tap, si Ilva, si termovalorizzatori e che ponga il problema del ripensamento sul nucleare, la cui rinuncia ci rende dipendenti da altri paesi sul terreno dell’approvvigionamento energetico, con gravi ripercussioni sulla nostra bolletta energetica e sul costo del lavoro.
Insomma, un partito dello sviluppo contrapposto alla visione assistenzialista e pauperista che sta prevalendo in Italia.
Un partito che rifugga dalla demagogia e dai populismi, che parli non alla pancia ma al cervello degli italiani e a quel mondo che non va al voto perchè non trova un’offerta politica adeguata nell’attuale sistema politico Istituzionale.
Roma, martedì 14 luglio 2020
*: già assessore del Nuovo Psi alla Regione Lazio