Si fa costantemente riferimento ai giovani, che è la password più gettonata per promuovere la “occupazione a parole”, che poi, però, non trova riscontro nei fatti, per come del resto si evince dal numero di figli messi al mondo nello Stivale, sempre più con saldo negativo, rispetto agli anziani presenti sul territorio nazionale, al punto da far parlare di “Inverno demografico” come non se ne discuteva da anni: provate ad indovinare il perché?
di Antonio Baldari (foto fonte Wikipedia)
Primo Maggio “festa del lavoro”. Punto e fine delle trasmissioni? Ma anche no, nel senso più largo del termine per una ricorrenza che, come la stragrande maggioranza di queste date da onorare, sono ormai divenute buone per tirare fuori dall’armadio il gessato di mezza stagione e poco altro. Perché la domanda nasce spontanea: è legittimo festeggiare ancora il 1° maggio se il lavoro manca sempre di più?
Sul Nostro Giornale abbiamo dibattuto spesso circa il comparto Scuola, tanto per citare un esempio, e segnatamente sui posti “a tempo indeterminato” che si sta tentando di assegnare da tempi biblici per poi, ogni anno, andare a scoprire che la coperta è come sempre troppo corta, come si è adusi dire in questi casi, in considerazione del fatto che non si fa in tempo ad assumerne un venti-trentamila, tanto per citare, che altrettanti si presentano da rimpiazzare l’anno successivo per coloro che vanno in pensione.
Per non dire di quelli che realmente mancano all’appello come posti da coprire perché “vacanti”, come si dice in gergo tecnico, e dunque con qualcuno che potrebbe occupare quel posto e invece non lo fa. Perché non viene autorizzato a farlo, come nel caso dei “posti su sostegno”, addirittura dovendo registrare per il Concorso Pnrr, in corso di svolgimento, un numero nettamente inferiore a quelli possibili ed eventualmente da coprire a tempo indeterminato.
Ad ogni buon conto, il succitato comparto “Scuola” è soltanto un amarissimo capitolo dei “cahiers de doléances”, posto che si potrebbe fare riferimento ad un altro comparto che da tempi biblici segna il passo per quanto concerne l’occupazione, ossia la Sanità, la tanto, chiacchieratissima, Sanità con l’esempio della Calabria su tutti, che si è vista costretta(?) a chiamare in forza degli autorevoli professionisti provenienti da Cuba giacché alle aspre – in ogni senso! – latitudini calabresi sono davvero sporadici costoro, fra gli indigeni, che scendono in campo e professionalmente prestano la propria opera.
Per poi non dire della Giustizia, con numerose realtà di tribunali civili e penali, anche qui facendo dei meri esempi, che languono per mancanza di personale e via di questi settori per un’Italia che, di tanto, in tanto, snocciola dei numeri per dire della percentuale in aumento in relazione all’occupazione salvo poi scoprire che tali numeri sono relativi al part-time o a “lavoratori a tempo”, oppure a cosiddetti “lavoratori stagionali” che, una volta terminati i giorni previsti a monte, scendono a valle ed in quella di lacrime che più lacrime non si può.
Si fa costantemente riferimento ai giovani, che è la password più gettonata per promuovere il “lavoro a parole”, che poi, però, non trova riscontro nei fatti, per come del resto si evince dal numero di figli messi al mondo nello Stivale, sempre più con saldo negativo, rispetto agli anziani presenti sul territorio nazionale, al punto da far parlare di “Inverno demografico” come non se ne discuteva da anni: provate ad indovinare il perché?