di Gianluca Albanese
REGGIO CALABRIA – Nicola Irto rinuncia a candidarsi alla presidenza della Giunta Regionale. L’annuncio in una lettera inviata al segretario nazionale del Pd Enrico Letta, mentre le motivazioni sono state spiegate in un’intervista rilasciata a Susanna Turco de “L’Espresso”.
Tra le motivazioni addotte dall’ex presidente del consiglio regionale “Lo stallo politico dell’alleanza. La morsa feudale delle correnti in guerra, i personalismi. L’immobilismo timido al governo. Il trasversalismo nel nome di interessi opachi”.
Un vero e proprio
atto d’accusa, quindi, condito da una citazione musicale particolarmente in
voga in questi giorni, quando irto diche che “non si può stare “Zitti e buoni””.
“Letta – si legge nell’intervista a L’Espresso – ha spostato a sinistra l’epicentro della lotta
fra correnti, facendo emergere realtà in cerca d’autore o soggettività che si
stanno facendo notare per spasmodico attivismo, come è il caso dell’ex ministro
del sud Peppe Provenzano, oggi vice-segretario aspirante capocorrente.
Sommovimenti che invece di rafforzare il presente, isolano chi è in campo e
indeboliscono il futuro. «Appare di continuo una volontà di mettere in
discussione le decisioni prese da molto tempo dal partito democratico calabrese
e dagli alleati di centrosinistra: ma continuando a perdere tempo si lascia
terreno alla destra e a De Magistris», denuncia Irto: «Rinuncio quindi
all’incarico e chiedo a Enrico Letta di trovare una soluzione per non
continuare a svilire la dignità degli elettori e dei militanti del Pd in
Calabria».
Da qui a un accorato appello a tutti i livelli del partito, il passo è breve:
«Il Pd deve cambiare, non solo per poter mettersi in gioco alle elezioni, ma
con una nuova generazione che c’è, anche se viene vissuta con fastidio da chi
pensa solo a fare carriera: ma non possiamo ridurci ai feudi, dobbiamo essere
una comunità aperta. Non possiamo solo pensare con chi ci alleiamo: il Pd deve
dire cosa vuol fare, se vuol parlare agli elettori».
Per meglio esplicitare il concetto, Irto ha spiegato, nell’intervista a “L’Espresso”
che “Da mesi il confronto politico resta avvitato su se stesso: parlano tutti
di coalizione prescindendo dai programmi. La Calabria è allo stremo, per gli
atavici problemi strutturali e per l’ulteriore anno di pandemia, eppure sembra
non importare a nessuno. A volte mi sembra di essere l’unico che cerca di dare
una visione di futuro, a pensare sia indispensabile un quadro netto di
progetti, chiarezza per attuarli. Non basta infatti vincere, bisogna governare,
altrimenti torniamo alle sabbie mobili, che poi sono la storia anche di questa
terra: la melma dove si impantanano le coalizioni senza identità”.
Non manca un riferimento alle correnti che fanno capo ai maggiorenti di
partito, specie fuori dalla provincia di Reggio.
“Un partito – ha detto Irto a L’Espresso – che vuole essere attrattivo non può suddividersi
in piccoli feudi che giocano a pare gli strateghi per garantirsi una poltrona.
Né in Calabria, né altrove. Purtroppo intravedo questo schema anche al livello
di governo: c’è troppa timidezza. Da mesi mi sgolo, ad esempio, affinché si
affronti il tema della sanità in regione. Siamo ancora fermi, salvo l’ultimo
confuso decreto che ci fa passare da uno status di regione commissariata, a
quello di super commissariata, senza ovviamente alcun impegno economico vero
per superare il debito sanitario. Intorno al tema sanità c’è il capitolo
infrastrutture, ma neanche su quello si muove nulla. E al governo c’è il Pd:
non da mesi, da anni”.
E poi: “Ho visto stallo e tatticismo. E ho anche visto che c’è un
trasversalismo, in pezzi del centrosinistra calabrese, dovuto ad interessi
comuni con pezzi del centrodestra. Ho steso un programma in questi mesi, l’ho
condiviso con il vero motore della regione: studenti, imprenditori, terzo
settore, professionisti. Sarebbe stato bello concentrarsi su questo. Ma nessuno
vuol discutere di contenuti: solo di tattica, credendo di prendere un voto in
più. E intendiamoci: allargare la coalizione è una cosa giusta e intelligente,
ma non possiamo condannarci a muoverci con il bilancino. La Calabria ha bisogno
di iniziare a correre verso il futuro, con un governo chiaro che provi a
realizzare ciò che dice.
Dopo aver puntato l’indice contro chi non solo non l’avrebbe seguito nel
programma, ma addirittura lo avrebbe ostacolato.
“Il punto – ha dichiarato l’ormai ex candidato – non è fare questo o quel nome,
il punto è indicare una gestione approssimativa, che nel complesso non può
funzionare: pochi mesi fa mi hanno chiesto tutti di candidarmi e di iniziare
una sfida titanica, il mio nome ha trovato d’accordo Zingaretti prima e Letta
dopo. Ma ci sono stati troppi cambi di linea, troppe indecisioni, troppi pezzi
di partito impegnati ognuno nella sua piccola trattativa. Non si è fatta
chiarezza con il movimento Cinque Stelle, ad esempio”.
E sugli approcci di Provenzano verso De Magistris, Irto ritiene che “ È stata
una ingenuità politica continuare a inseguire de Magistris, che ha scelto di
candidarsi in Calabria per fuggire da Napoli e, dopo averla lasciata in un mare
di debiti, pensa di trovare qui un rifugio politico o una terra di conquista.
Abbiamo dato disponibilità per confrontarci sui nomi, anche disposti un passo
indietro: le primarie sarebbero state l’occasione per mettere insieme tutti
quelli che vogliono battere la destra. Ma lui ha detto sempre di no: quindi o
ha paura di confrontarsi, o non è davvero alternativo al centrodestra. È
un’altra vittoria del personalismo sulla responsabilità”.
Le considerazioni finali sono sul Pd e le sue correnti.
“Le motivazioni per cui Zingaretti si è dimesso, tre mesi fa, non sono sparite,
e le ho viste all’opera anche in questo caso. Dobbiamo intenderci su cosa siano
le correnti: sono forze che, come strumento di occupazione del partito, per
sopravvivere e auto-perpetuarsi hanno la necessità di controllare e dividere le
realtà territoriali, in uno scambio reciproco di servigi che trova il suo
ancoraggio nell’interesse personale e non nella crescita collettiva. Ecco cosa
è accaduto: queste forze, che sono sempre alla ricerca di feudatari, hanno
tentato di indebolire il progetto politico della Calabria, con atteggiamenti e
messaggi ambigui, trasversali. Senza un confronto chiaro”.
Irto conclude con un appello a Enrico Letta, teso al superamento delle correnti
e sulla necessità di costruire un altro PD “
“Proprio per questo – ha concluso – servirà un percorso che vada oltre elezioni, e
che investa anche sui giovani. Non ci sono solo i notabili, ma anche una leva
che è impegnata già oggi, anche se viene vista come fumo negli occhi da chi
pensa che il partito sia solo uno strumento per fare carriera. Bisogna
celebrare congressi, aprire a un confronto forte, intercettare e avere idee”.