di Antonio Baldari
Domanda da un milione di dollari, così, a bruciapelo: ha senso commemorare ancora oggi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? Così, d’amblè! Ha senso? O per meglio dire, ha maggiore efficacia la classica parata con tanto di gonfalone cittadino, subito dietro quello della presidenza della Repubblica, magari, con discorsi preconfezionati e, semmai, strappalacrime, che non fanno altro che rinnovare le dolorose piaghe introspettive e psicologicamente più deboli? E, unitamente a ciò, tanto di omaggio floreale sulle immancabili note del “canto degli Italiani”, ossia l’inno di Mameli, con la sempreverde deposizione della corona di fiori?
Ci sarebbe anche quella che poi è plurimediaticamente abusata conferenza-dibattito con il giudice Nicola Gratteri, il procuratore della Repubblica di Catanzaro che può sapientemente delucidare su quanto espressero cotanti, illustri, predecessori: ci fai un figurone con l’autorevole contributo che può assicurare all’assise il giudice originario di Gerace, che vale sempre il prezzo del biglietto ma…poi? Domani, cosa ne è di ambedue? O si vuole questo, e cioè che domani cada tutto nel dimenticatoio, Gratteri compreso con tutti gli anneddoti, le considerazioni e le validissime opinioni?
Oppure, c’è una terza, e probabilmente più complessa, via che è quella di rendere Falcone e Borsellino…materia scolastica! Sì, proprio così, con una sezione ampia e dettagliata all’interno della rinnovata veste grazie alla quale viene riproposta oggi, fra i banchi di scuola, quella che è sempre stata, ed oggi è essendo stata ripristinata, “Educazione civica”: già, educazione civica, ma perché proprio in questa disciplina, didatticamente bloccata nel senso che ciò che vai a somministrare ai ragazzi – ancorché il verbo non mi garbi molto, per la verità – sono le regole del vivere civile, il senso civico unitamente al rispetto delle regole?
E che c’azzecca, direbbe qualcuno del settore, Falcone con Borsellino e con l’educazione civica? Semplicemente l’affermazione del proprio lavoro, svolgendolo come essi stessi l’hanno svolto, nutrendo amore sconfinato e passione inesauribile per tutto ciò che quotidianamente essi hanno fatto, sudando con il sudore della propria fronte e, conseguentemente, compiendo tanti, tantissimi sacrifici affinché potessero raggiungere il risultato sperato, per amor proprio e verso il prossimo: potrebbe essere certamente più incisivo, lascerebbe senz’altro un segno maggiormente profondo nelle generazioni di oggi che, dal canto loro, non si cibano di tutto questo.
O si vuole che non ne mastichino affatto di tutto questo, non distogliendoli dal loro disincantato celebrare questi due giganti dell’Italia moderna e contemporanea, perché va bene celebrarli così ed amen? Senza che possano formare la propria coscienza animandosi di quei sani principi che intessero l’anima, la mente ed il cuore dei giudici Falcone e Borsellino?