di Gianluca Albanese
LOCRI – «Conosco benissimo Cosimo Cherubino: era uno dei migliori clienti della mia gioielleria e per lui avevo sempre un occhio di riguardo». Sono le parole del collaboratore di giustizia Domenico Oppedisano, fratellastro di Salvatore Cordì detto “‘u cinesi”, il boss dell’omonima cosca di ‘ndrangheta locrese, ucciso a Siderno il 31 maggio del 2005. Collegato in videoconferenza da un sito riservato, Oppedisano è stato escusso nell’udienza odierna del processo “Falsa Politica”, a carico di decine di presunti affiliati alle consorterie di ‘ndrangheta sidernesi, oltre che di ex amministratori.
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Cinquanta minuti scarsi tra esame e controesame del teste dell’accusa, nulla di più, al cospetto del collegio presieduto dal giudice Alfredo Sicuro. Giusto il tempo di premettere che «Ho deciso di collaborare con la giustizia nel 2010, dopo che Antonio Cordì, figlio di Cosimo, mi chiese di rendere falsa testimonianza a favore di Giuseppe Curciarello e Antonio Martino, nel processo a carico contro autori e mandanti dell’omicidio di mio fratello Salvatore. Me lo chiese – ha proseguito Oppedisano – per “aggiustare” il processo e dare un segnale dopo che i Cordì e i Cataldo fecero la pace e quindi non avrebbero avuto alcun motivo per commettere il delitto ma io, che pur non avendo mai fatto parte della ‘ndrangheta ero in buoni rapporti con i miei fratelli e tutti i parenti, non me la sentii di assecondare la proposta di Antonio e quindi preferii collaborare con la giustizia».
Sul fratello Salvatore, Oppedisano ha detto che «Aveva una posizione dominante nella cosca, tanto che anche Guido Brusaferri pendeva dalle sua labbra».
Durante l’esame condotto dal Pubblico Ministero Antonio De Bernardo, il teste ha riferito di conoscere molto bene l’ex consigliere regionale Cosimo Cherubino, imputato nel processo, e non solo come cliente della gioielleria. «Era di casa dai Cordì – ha detto Oppedisano – e soprattutto era amico di Cosimo, ucciso nel ’97 e ricordo che rimase da noi a lungo durante il lutto». Un rapporto di amicizia, quello tra Cherubino e i Cordì, che avrebbe avuto dei risvolti anche in chiave elettorale. «So che i Cordì lo appoggiarono, sia alle elezioni regionali che in precedenza, quando – ha detto Oppedisano – ottenne un largo successo elettorale alle elezioni provinciali e che loro erano così amici che, in caso di bisogno, si mettevano vicendevolmente a disposizione».
Una circostanza, quest’ultima, che però, durante il controesame, condotto dal difensore di Cherubino, l’avvocato Francesco Albanese, non è stata ulteriormente chiarita, tanto che il teste ha ammesso di non ricordare episodi specifici durante i quali Cherubino si mise a disposizione dei Cordì.
Voce roca e aria a tratti saccente, Oppedisano ha detto di conoscere bene anche i Commisso di Siderno «Molto amici da sempre dei Cordì»- ha detto – e di aver incontrato, nel 2010, nello studio medico dell’ex presidente del consiglio comunale di Siderno Totò Macrì il patriarca Antonio Commisso classe ’25 «Che avrà – ha riferito il teste – 82-83 anni; portati bene, ma sono quelli gli anni». Nello studio medico del professionista sidernese, Oppedisano ha riferito di essere andato coi suoi sodali Luciano Carbonaro e Cosimo Cavaleri, che entrarono a parlare col medico impegnato in politica e al termine dell’incontro, come ha dichiarato oggi Oppedisano «Mi dissero che c’era un accordo di massima tra tutta la famiglia Commisso, Macrì e Cherubino, in virtù del quale la potente consorteria sidernese avrebbe appoggiato Cherubino alle elezioni regionali del 2010 e Macrì alle elezioni provinciali dell’anno successivo».
Una circostanza, quella appena descritta, che cozza con quanto emergerebbe dall’ordinanza di custodia cautelare, con riferimento alla presunta spaccatura all’interno della famiglia Commisso in occasione delle elezioni regionali del 2010: col “mastro” Giuseppe Commisso e i suoi più stretti sodali pronti ad appoggiare Cherubino, mentre Antonio Commisso classe ’25 e i suoi fedelissimi avrebbero votato l’ex sindaco Alessandro Figliomeni, candidatosi con una lista a sostegno dell’allora governatore uscente Agazio Loiero.
Tra l’altro, nel controesame, Oppedisano disse di non sapere della candidatura o meno di Totò Macrì alle elezioni provinciali del 2011 che – è il caso di ricordarlo – non ci fu. Anzi, lo stesso medico preferì defilarsi dalla politica attiva.
Un’ultima considerazione viene riservata dal teste dell’accusa a Cosimo Cherubino che, secondo quando riferito da Oppedisano «Aveva parecchi “comparati” e andava d’accordo con molti esponenti delle famiglie di ‘ndrangheta, tra cui gli Aquino di Marina di Gioiosa Ionica».
Durante il controesame, condotto dall’avvocato Albanese, oltre ai rilievi esposti in precedenza, è emerso che nella riunione tenutasi nello studio medico di Macrì con Antonio Commisso, Oppedisano, Carbonaro e Cavaleri, Cherubino non c’era e, a domanda specifica del legale di quest’ultimo, che chiedeva come mai una persona estranea a qualsiasi contesto associativo di ‘ndrangheta come lo stesso Oppedisano ha detto di essere, fosse messa al corrente delle cose della consorteria, il teste ha risposto che «I Cordì m’informavano comunque, perchè siamo fratelli e non bisogna per forza essere affiliati per essere messi a conoscenza di cose di ‘ndrangheta».
Prima della sospensione dell’udienza, aggiornata al prossimo 5 giugno per l’escussione dei testi a discarico degli imputati (tranne quelli di Cherubino, che saranno sentiti il 19 giugno) il PM De Bernardo ha chiesto l’acquisizione di un’informativa con due nuovi progressivi di intercettazioni compiute sempre nella lavanderia “Ape Green” gestita dal boss sidernese Giuseppe Commisso detto “il mastro”, mentre era intento a parlare di elezioni regionali del 2010 e di campagna elettorale col rosarnese Domenico Arena, cognato del boss Vincenzo Pesce. In particolare, secondo quanto contenuto nelle intercettazioni, il mastro chiese al suo interlocutore se fossero venuti altri candidati a chiedere il voto alla cosca tirrenica e Arena gli disse che l’unico politico in lizza per quelle consultazioni che si presentò fu l’allora sindaco di San Luca Sebastiano Giorgi, accompagnato, in quella circostanza da Francesco Strangio, detto “Ciccio boutique”. Entrambi sono detenuti nell’ambito dell’operazione “Inganno” dello scorso 12 dicembre.