di Pino Mammoliti*
Siamo come sempre un popolo che giudica, spesso giudicato e quasi mai si interroga o viene interrogato.
L’ultimo sfregio sociale ci è stato fatto dalla stampa nazionale a livello planetario, il penultimo riguardava la vicenda dello Sporting Locri. In entrambi i casi: condanna senza appello, siamo un popolo di ‘ndranghetisti e di uomini con gli anelli al naso. Le due vicende annunciano la stessa trama ma offrono poi un finale sbalorditivo.
Il tutto mentre il popolo fiaccola, prega, piange e, con estrema disinvoltura, viene giudicato colpevole a prescindere. Non si è saputo nulla di chi ha terrorizzato calciatrici e dirigenti del calcio a 5; poco sappiamo della storia degli imbrattamuri.
Siamo comunque una Città che, dal calcio alla calorosa accoglienza al Capo dello Stato, passando dal vivere quotidiano, è intossicata di ‘ndrangheta ed i suoi abitanti, nella migliore delle ipotesi, sono portatori sani di cultura mafiosa.
Ma non è così!
A Locri 732 famiglie sono senza reddito fisso, la disoccupazione colpisce il 70% dei giovani, indipendentemente dall’estrazione sociale, la povertà bussa alle porte di tanti senza preavviso. Lo Stato annuncia contrasto alla corruzione e nuove prospettive di lavoro, senza fare né l’uno né altro.
E come veniamo descritti? Qual è la considerazione che si fanno di noi i connazionali quando varchiamo i confini di casa? Quanti torti ed ingiurie dobbiamo ancora subìre, anche a causa della nostra incapacità di indignazione?
Chiedo all’Amministrazione Comunale di costituirsi in giudizio contro la Prefettura ed il Ministero dell’Interno, perché, se le telecamere a Locri non funzionano, il rischio di non individuare responsabili di reati ancor più gravi farebbe registrare il primo caso di “Grande Fratello” sordo e cieco.
Quindi è inutile, perfettamente inutile che si paghino dei servizi –in questo caso più che essenziali- che non offrono alcuna garanzia.
Con maggior fiato chiedo, al Procuratore della Repubblica ed al Vescovo, di ricomporre un quadro di giustizia e solidarietà rimuovendo così un relativismo delle forme, delle convenzioni e dell’esteriorità, che rende impossibile conoscere la verità assoluta che è così diversa da ciò che pare.
*: avvocato