di don Pietro Romeo – Vicario generale della Diocesi di Locri-Gerace
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, voglio iniziare dicendo grazie a Dio perché nonostante questo lungo, anzi lunghissimo periodo di ristrettezze dovute alla pandemia del Covid 19, ristrettezze che non ci permettono di festeggiare come vorremmo in onore di Maria, Madonna della Montagna, noi siamo qui a celebrare la Risurrezione di Cristo nostro Signore e il “SI” di Maria, Madre di Dio e di tutta l’umanità; un Si che ha permesso l’evento della Resurrezione. Siamo in ristrettezza, non possiamo festeggiare come avremo voluto, ma la nostra fede non vacilla anzi siamo convinti che vivendo in questo modo i festeggiamenti in onore di Maria possiamo ritrovare l’essenza e il significato più vero nel venire in pellegrinaggio qui al Santuario Polsi.
Senza la Risurrezione, direbbe San Paolo, la nostra fede sarebbe vana e noi cristiani saremmo così degli sciocchi che vivono di fantasie. Ma Cristo è risorto e noi siamo figli di questa Risurrezione. Siamo figli che trovano nella Resurrezione il motivo per esprimere un linguaggio e dei segni che dicono: la vita ha sempre la meglio sulla morte; la resurrezione l’abbiamo sperimentata molte volte ogni volta che ci siamo fidati e affidati a Dio. Così siamo chiamati ogni giorno, ogni santo giorno, in mezzo a infinite notizie di morte, di sofferenza, di peccato, di guerre piccole e grandi, di schiaffi ricevuti, di ingiustizie a far sì che le nostre parole e i nostri gesti siano di vita, portatrici di vita, che generano in mezzo a tutto questo orrore la vita. Ora, se tutto questo è vero, ed è vero, noi tutti siamo qui ai piedi della Madre nostra, Maria, perché lei ha conosciuto e conosce profondamente la Resurrezione. Lei sa, e può indicarci perfettamente, come superare gli orrori di morte, le sofferenze che ci portiamo dentro, le prove della vita. Ogni preghiera, che con fiducia mettiamo ai suoi piedi, Lei, la Madre nostra, la ascolterà con cura e con attenzione materna.
E allora, quest’oggi, voglio riflettere con voi sul significato della maternità di Maria. Lo faccio perché sono convinto che la cultura odierna sta mettendo da parte il valore insostituibile, il significato profondo della maternità e del suo ruolo fondamentale per il futuro del genere umano. Molte sono le cose che mettono in pericolo questa maternità. Non ultima la pillola abortiva RU486. Una sigla e un numero per distruggere una vita umana. Una sigla e un numero per dire alle donne di rinunciare al dono più prezioso che Dio ha fatto loro: la maternità. Una sigla e un numero che permettono di giocare ai propri piaceri: “tanto se succede ce ne sbarazzeremo”.
La Parola che oggi abbiamo ascoltato dice il contrario. Afferma Papa Francesco, con cognizione di causa e sapienza, che «Nei Vangeli ogni volta che si parla di Maria si parla della Madre di Gesù» e riferendosi proprio al brano di Vangelo che abbiamo ascoltato egli dice: «anche se nell’Annunciazione non si dice la parola “Madre”, il contesto è di maternità, l’Angelo gli chiede di diventare Madre. Non solo l’atteggiamento di Madre accompagna il suo operato durante tutta la vita di Gesù: Maria è Madre». Tanto che, «alla fine Gesù la dà come Madre ai suoi, nella persona di Giovanni, è come se dicesse: «Io me ne vado, ma questa è vostra Madre».
«Le parole della Madonna sono parole di Madre» dice il Papa. E lo sono «tutte: dopo quelle, all’inizio, di disponibilità alla volontà di Dio e di lode a Dio nel Magnificat, tutte le parole della Madonna sono parole di Madre». Lei è sempre «con il Figlio, in tutti i suoi atteggiamenti: accompagna il Figlio, segue il Figlio». E ancora «prima, a Nazareth, lo fa crescere, lo alleva, lo educa, ma poi lo segue sempre. Maria è Madre dall’inizio, dal momento in cui appare nei Vangeli, da quel momento dell’Annunciazione fino alla fine, lei è sempre Madre». Di lei «non si dice “la signora” o “la vedova di Giuseppe”» — e in realtà i vangeli «potevano dirlo» — ma dicono sempre Maria è Madre.
Dunque Dio possiamo dirlo senza errore «ha voluto nascere da donna per insegnarci questa strada». La strada della maternità. Con questa introduzione di Papa Francesco riflettiamo sul brano del Vangelo che abbiamo ascoltato.
Innanzitutto partiamo da Gesù. Lo vediamo in croce, in una sofferenza che possiamo solo immaginare, ebbene, nonostante questo Lui vede il possibile dolore di una Madre e di una donna che sta perdendo l’unico figlio. Vede il futuro di una Madre che può rimanere sola. In croce, invece di preoccuparsi di sé stesso si preoccupa di Lei, della Madre. Ci sembra proprio uno sguardo di grande umanità, di quella umanità che mai si piange addosso, che sempre sa vedere il dolore è il disagio dell’altro, perché l’altro, è il centro della sua esistenza. Gesù che è cresciuto, dice il Vangelo di Luca, «in età, sapienza e grazia» in casa di Maria e Giuseppe, in questa casa ha imparato questo sguardo d’amore. Maria gli ha insegnato a vedere gli altri e a non essere un egoista sfrontato che pensa solo a sé stesso.
Poi ascoltiamo le parole di Gesù. A Giovanni dice “Ecco tua Madre”, cerchiamo di comprendere questa frase. Mi pare che Gesù sembra dire: ecco una vera Madre per te e per tutti quelli che si sentono e sono figli di questa Madre. E’ come se dicesse a Giovanni, il discepolo prediletto che rappresenta tutti noi, “io so che Madre è, io so come e quanto si è presa cura di me, io so come lo ha fatto e le tante cose che mi ha insegnato. Per esempio mi ha insegnato a far sì che l’anima mia magnifichi sempre Dio; che la mia anima sia umile e servizievole; che Dio fa grandi cose per chi mette la propria vita al suo servizio; mi ha insegnato che gli uomini superbi, i potenti, i ricchi egoisti alla fine perdono, perdono sempre, perché quello che conta è attingere sempre alla sua misericordia, la misericordia di Dio, che dona vita ed eternità”.
Gesù sta dicendo a Giovanni che la maternità di Maria educa a guardare la vita con gli occhi di Dio; educa a non conformarsi al modo di pensare comune, educa ad andare controcorrente per non omologarsi al modo di pensare della società odierna che vuole credere che senza Dio si sta meglio.
Poi si rivolge a Maria e dice “Ecco tuo Figlio”. Ed è come se dicesse a sua Madre continua a fare, per sempre, quello che hai fatto in modo materno con me. E’ un figlio, lo devi crescere, lo devi educare, devi fargli comprende i valori della vita; fagli capire che la sapienza nel discernere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato è importante; fagli capire la meravigliosa potenza amorevole della grazia di Dio. Digli di fare ciò che io, il Figlio di Dio, gli dirò di fare, indicagli la via. Digli di conservare, come hai fatto tu Madre, nel tuo cuore, tutte le cose che Dio ti ha detto. Insegna a lui cosa significa, dire SI a Dio perché tu Madre lo hai insegnato a me: Gesù sta dicendo a Maria di accompagnare, educare e far crescere nell’amore la Chiesa e tutti i figli di Dio. Se noi oggi siamo qui, è perché vogliamo portare con noi nel nostro cuore e nelle nostre case questo insegnamento che risuona per noi, portiamola a casa, portiamo con noi questa frase di Gesù: Ecco tua Madre.
I grandi padri della Chiesa avevano capito bene tutto questo e avevano affermato che la maternità di Maria non finisce in lei; va oltre. Dicono che «Maria è Madre, la Chiesa è Madre e la tua anima è Madre: c’è del femminile in tutta la Chiesa, che è materna e così la Chiesa è femminile perché è “chiesa”, “sposa”: è femminile ed è Madre, e come una Madre dà alla luce i suoi figli.
Nell’ultima scena che osserviamo si dice che “Giovanni la prese nella sua casa”. E così veniamo a noi, a noi che siamo qui oggi, perché come sempre questo Vangelo è soprattutto per noi, è proclamato per noi, perché la nostra vita migliori avendo come esempio queste parole sante e questi testimoni santi. E la domanda che potrebbe aiutarci a migliorare la nostra vita potrebbe essere questa: nella mia casa quanto e quale maternità è presente? Le nostre case stanno diventando sterili, non solo perché non facciamo più figli, ma sterili di maternità. Nella maggioranza delle nostre case si è persa la maternità, si è persa cioè la dolcezza, la gentilezza, la bontà, lo sguardo amorevole, si è persa la carezza, la tenerezza. Siamo spesso arrabbiati, spesso infastiditi nelle più piccole cose, spesso alziamo la voce, spesso risolviamo i problemi andando via, più spesso ancora nelle nostre case si risolve il problema uccidendo. Quanti bambini che muoiono nel mondo, in mare, in guerra, quanti nelle nostre case!
Nelle nostre case, come nella nostra società, sento spesso che il tema più ricorrente sono i soldi (quanti soldi abbiamo? Quante cose possiamo comprare? Quello lo possiamo prendere?). Tutta la nostra vita sembra dipendere da quanti soldi abbiamo. E questo lo facciamo perché la cultura odierna è fondata sulla competitività e i soldi mi permettono di essere competitivo con l’altro. Tu non sei più mio fratello, tu sei una persona che devo scavalcare, sorpassare, schiacciare.
Invece, una società e una Chiesa che è Madre va sulla strada della tenerezza; sa il linguaggio di tanta saggezza materna, delle carezze, del silenzio, dello sguardo che sa di compassione per l’altro. Un’anima, una persona che vive questa appartenenza alla Chiesa, sapendo che è Madre deve andare sulla stessa strada: una persona mite, tenera, sorridente, piena di amore.
Maria, Madre; la Chiesa, Madre; la nostra anima, Madre. Questa ricchezza grande custodita nella Chiesa è nostra; e lasciamo che lo Spirito Santo ci fecondi, a noi e alla Chiesa, per diventare noi anche madri degli altri, con atteggiamenti, dicevamo, di tenerezza. Sicuri che questa è la strada di Maria. Le nostre case svuotate della maternità sono come una un fiore senza petali si perde la bellezza del vivere insieme. Davanti all’immagine di Maria Madre Nostra ascoltiamo ancora una volta Gesù il figlio di Dio che ci chiede di prendere in casa nostra sua Madre, di riportare in casa nostra il valore ed il significato della maternità: quella stessa di Maria, quella maternità che ci rende più uomini.
Al termine di questa omelia il mio pensiero e la mia preghiera, così come quella di tutta la Diocesi di Locri-Gerace non può che andare al nostro pastore e maestro nella fede mons. Francesco Oliva. Mentre celebriamo questa solenne liturgia e devotamente onoriamo la Madre nostra Maria, il nostro Vescovo è in sala operatoria per un intervento delicato che ci preoccupa. Ma sappiamo con certezza che anche Maria, Madonna della montagna è preoccupata, è preoccupata per lui, però con delicatezza intercede presso il Figlio suo.
O Maria, salute del tuo popolo ricordati di noi e riporta a casa il nostro Vescovo.
DI SEGUITO LA PREGHIERA COMPOSTA DAL VESCOVO FRANCESCO OLIVA
ALLA MADONNA DI POLSI
Alla tua protezione, o bella e amata Madonna della Montagna,
quest’anno per la prima volta a distanza,
affido i tuoi tanti devoti, qui presenti, e quanti non hanno potuto farti visita
per le restrizioni dovute al coronavirus e ad ogni altra malattia.
Da questo bel luogo mostraci il tuo volto materno.
Anche noi da lontano vogliamo contemplarti, o Madre,
e contemplare il tuo Figlio su quella Croce
che ancora s’immola per noi e per il mondo intero.
É la croce che ci mostra il suo amore infinito.
É la croce che ci libera dal male
purifica e guarisce le nostre infermità.
É la croce della passione e del nostro riscatto,
la croce di quanti muoiono annegati nelle acque del mediterraneo
il mare dell’indifferenza e del rifiuto.
É la croce che segna un passaggio necessario verso la vita nuova
che nel Risorto dona a tutti speranza e salvezza.
Vergine Maria della montagna,
sii accanto a chi soffre ed invoca il tuo amore.
Sotto la tua misericordia troviamo rifugio
nel dolore e nella prova non ci abbandonare,
guarda i tuoi figli peccatori, gli umili ed i semplici, i poveri, i senza tetto,
gli immigrati, i giovani senza lavoro.
Rendi il nostro cuore capace di accogliere
quanti sognano una vita più umana,
lontani dalle guerre e dalle violenze.
Madre del buon Pastore,
veglia su di noi, sui sacerdoti e su tutti i pastori della Chiesa
aumenta in loro il coraggio di osare di più
nel donare sé stessi e la loro vita.
Maria, Madre di ogni grazia, a te offro il mio tempo,
le mie attese e speranze, i miei fallimenti e tutte le mie fragilità,
la mia povera vita, tutto il mio nulla.
Fammi dono della tua perseveranza
E nell’obbedienza al Padre
aiutami a cantare le sue lodi ed il suo amore per sempre. Amen!
X Mons. Francesco Oliva
Vescovo di Locri – Gerace
Polsi 2020