Gente in Aspromonte
Escursione molto bella che permette di “uscire dalla mischia” e salire su di una cima poco frequentata all’interno del Parco Nazionale d’Aspromonte, Monte Iofri, degna di maggiore attenzione, sia per il magnifico panorama ed anche per la sua posizione. Un tragitto che si snoda attraverso boschi misti che dal rifugio di Campolico ci porta al rifugio Varì, con breve deviazione alla grotta di Nino Martino che in realtà è costituita da enormi massi addossati l’uno sull’altro, formando così delle cavità. Incuranti della “leggenda del brigante”, secondo la quale ogni cavità rappresentava un rifugio per Nino Martino.
Raduno ore 9.00Portella d’Orgaro incrocio Campolico – Monte Jofri
Partenza Escursione ore 9.30
( Per i più mattinieri portare alcuni le auto all’area pic-nic in loc. Runci).
Come arrivare: Dalla SS 106, all’altezza di Bianco deviare in direzione Samo, a circa 10 km. Si proseguire in direzione pineta continuare a salire in direzione montagna, la strada è cementata, successivamente asfaltata, percorribile cmq con mezzi normali. Si raggiunge un incrocio su di un pianoro (Portella d’Orgaro
I Rifugi di Campolico e Varì
Tempo: Ore 5.00 Località: Portella d’Orgaro
Dislivello:730slm1123 Comuni int: Sant’Agata del Bianco – Samo
Difficoltà: E. Escursionistico Impegnativo
Descrizione sentiero.
Si parte dalla Portella d’Orgaro, crocevia molto importante per raggiungere un territorio ricco di storia e di luoghi ricchi di interesse naturalistico. Si prosegue sulla strada asfaltata, in discesa, per circa 1 km in direzione del rifugio di Campolico. Arrivati al passo delle Due Arie, si svolta a sinistra, immettendoci sulla sterrata. Dopo pochi minuti siamo alla sorgente da Gurna, luogo in cui la vista spazia in libertà sulla valle sottostante.
Si prosegue per un po’ su di un tratto pianeggiante sino ad arrivare al“iazzo” (stazzo) di Rocco. Ancora qualche tornante e siamo sul costone di Scaccioti in cui lasciamo sterrata e proseguiamo lungo la cresta di un costone caratterizzato dalla presenza di una fitta macchia mediterranea. Dopo 5 minuti imbocchiamo una antica mulattiera. Nel tratto iniziale bisogna stare molto attenti a causa di un piccolo smottamento superficiale che ha interrotto, per un breve tratto, il sentiero.
Anche la natura del terreno invita ad una certa prudenza. Seguendo i tornanti in discesa, giungiamo nel fondo valle del torrente Buzzi, affluente di destra del torrente Butramo. Superatolo, iniziamo a salire sul versante opposto, da cui è possibile ammirare, nella sua interezza, l’antico sentiero appena percorso, realizzato con piccole rampe poggianti su muri a secco realizzati da mani molto esperte.
Si continua a salire costeggiando il costone di Buzzi. La pendenza è piuttosto sensibile e si capisce così il perché dei tanti muri a secco presenti in quella remota contrada. Infatti, erano necessari per realizzare i numerosi terrazzamenti, un tempo intensamente coltivati che davano da vivere alla popolazione indigena. Purtroppo, fra quelle pietre, anche a causa dei tanti smottamenti superficiali mai riparati, si perde la vecchia mulattiera, ma con un po’ di impegno e di attenzione, dopo 30 minuti, siamo dietro la Fossa da Zimba.
Giunti sulla sommità del costone, si continua a camminare, sempre in salita ma adesso con pendenza minore, in un ambiente caratterizzato dalla presenza di molte querce secolari (escri) dalle maestose fronde. Le robuste radici di questi ammirevoli esemplari, trattengono massi erratici impazienti di liberarsi e rotolare rovinosamente a valle.
Durante il cammino ci si può riposare all’ombra di queste maestose querce, ferite dal vento e dai fulmini durante le tempeste invernali, mute sentinelle del tempo che passa.
Dopo una leggera salita, percorrendo il lato destro del crinale, arriviamo nella località detta Pietre di Mezzo, qui si può ammirare una sorta di recinto sacro, preistorico, di forma circolare, delimitato da massi megalitici. Alla fine della salita, la mulattiera si congiunge con la strada carrabile sterrata che porta ai Piani di Litri.
Si prosegue sulla sterrata e dopo pochi minuti si arriva ad un ammasso di pietre dalle dimensioni più disparate. Questa località è conosciuta come grotta di Nino Martino ma in realtà più che una vera e propria caverna, si tratta di un agglomerato di pietre che ha dato forma a diverse cavità naturali, più o meno spaziose, in cui uomini del passato hanno trovato rifugio, essendo state rinvenute all’interno della cavità maggiore, delle lettere incise sulla roccia risalenti al XVIII sec., sebbene la nascita del gruppo litico risalga a circa 4 milioni di anni fa.
Il toponimo, come altri siti della nostra montagna, ricorda il brigante Nino Martino alla cui fama sono legate numerose leggende. Sul sito in realtà esiste anche un’altra teoria suggerita da alcune immagini visibili sulle pareti rocciose interne secondo cui, nelle sue vicinanze era presente un tempio italiota.
Lasciate le grotte, riprendiamo il cammino sul sentiero pianeggiante e dopo pochi minuti, con una piccola deviazione, ci dirigiamo verso la sorgente della Malefemmina. Lasciata la fontana, ci immettiamo sulla sterrata dei piani di Litri da dove si può ammirare il panorama su tutta la vallata. Si prosegue il cammino tra lecci e farnie, lungo la carrabile e dopo circa 30 minuti, si arriva sulla strada asfaltata. Un centinaio di metri ancora e si giunge ad un bivio: a destra si va verso il Rifugio di Varì mentre e a sinistra si va all’area pic-nic di Runci nella omonima località.
Dopo pranzo, i più volenterosi potranno salire sulla vicina cima di Monte Iofri.