R. & P.
L’associazione Escursionistica GENTE IN ASPROMONTE domenica 11 marzo ha visitato, percorrendo un sentiero vario e particolarmente interessante, il territorio di Pentedattilo.
Una splendida escursione ad anello, lungo il crinale situato tra i bastioni rocciosi di Rocca Santa Lena, Smiroddo e Rocca Smeraldo che, con la sagoma delle cinque dita della rocca di Pentedattilo, costituiscono un insieme di monumenti naturali di rara bellezza.
Il percorso, a seconda della stagione, acquista un fascino sempre nuovo, marcato dalla flora mediterranea: ginestre, mandorli, agrumi, gelsi e fichi d’india, e domenica ha accolto gli escursionisti con quel caleidoscopio di colori che solo la fioritura primaverile sa donare.
Si è trattato della sesta escursione dell’Associazione che, grazie ad una giornata limpida e soleggiata, dal Crinale di Pentedattilo ha ammirato l’Etna fumante, per poi abbracciare con lo sguardo Bova, la Rocca di Santa Elena, gli spuntoni arenari di Prestarà ed i tanti altri luoghi frequentati dal monaco bizantino S. Elia il Giovane.
Il sentiero, ben articolato, ha portato i tantissimi camminatori dal paese di Pentedattilo alla contrada Santo Antonio per poi proseguire fino al torrente Tabacco, caratterizzato dalla presenza di enormi piante di aloe. Risalendo poi lungo l’alveo del torrente e salendo di quota, i panorami hanno acquistato ampiezza divenendo sempre più suggestivi: gli enormi monoliti e i bastioni rocciosi, come quelli delle cinque dita della rocca che accoglie Pentedattilo, la gigantesca Rocca di Santa Lena e, un po’ più indietro, la compagna Smiroddo e la Rocca Smeraldo, che costituiscono un insieme di veri e propri monumenti naturali di assoluto valore naturalistico e paesaggistico. La cosa che colpisce è come queste formazioni rocciose si staglino imponenti in una campagna dai toni contrastanti: da un lato la dolcezza dei profili delle gobbe collinari con un manto erboso che sembra rasato di fresco, che viene poi interrotta bruscamente dalla mole aspra delle rocce. Geologicamente si tratta di rocce conglomerate di origine sedimentaria. Sono inoltre ben visibili delle grosse pietre levigate incastonate nell’arenaria.
Il sentiero, serpeggiando di collina in collina, fra antichi terrazzamenti coltivati a olivo, alcuni dei quali in evidente stato di abbandono a causa delle difficoltà di approvvigionamento idrico, ha riportato gli escursionisti lungo la parete Nord di Pentedattilo, permettendo loro di ritornare, seguendo un stretto viottolo, al centro del borgo.
La storia racconta di una Pentedattilo fondata intorno al 640 a.C., e che divenne un centro alquanto fiorente fino al periodo romano, per poi subire un periodo di decadenza, durante il periodo bizantino, dovuto alle continue incursioni saracene. La parte antica è caratterizzata da una struttura religiosa dedicata ai SS. Apostoli Pietro e Paolo e dai resti dell’imponente maniero degli Alberti, che fu il palcoscenico del sanguinoso evento, nella notte di Pasqua del 1686, l’efferata strage, per mano del barone Bernardino Abenavoli, del marchese Lorenzo Alberti e di altri componenti della sua famiglia.
“Una sorellina di Antonia, che chiamavano Annuzza ed aveva undici anni, tutta tremante di spavento, si era cacciata sulla via per fuggire, quando il barone inculcò a Giuseppe Scufari che la levasse di terra. Sparò l’infame contro quella povera fanciulla, e le squarciò le tenere ginocchia. Ed ella, più morta che viva, voltasi al suo assassino con infantile rampogna, gli disse: Scufari, perché m’ammazzasti? Queste compassionevoli parole, che dovevano aver forza di metter pietà in una tigre, niuna impressione fecero nell’efferato animo dello Scufari; il quale anzi corse a finirla di stile: e quella innocente anima si mutava da’ terreni affanni a’ refrigerii celesti. Con pari ferocia fu ucciso una altro fratellino di Antonia, che non finiva ancora il nono anno dell’età sua.” (Storia di Reggio Calabria – D. Spanò Bolani