DALL’UFFICIO STAMPA DEL COMUNE DI GERACE RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA SEGUENTE NOTA STAMPA:
GERACE- Un luogo e un giorno non propriamente casuali, quelli scelti per la presentazione, ieri a Gerace, di “La ’ndrangheta davanti all’altare” (sabbiarossa Edizioni, 2013).
La Chiesa di San Francesco d’Assisi, imponente edificio religioso del XIV secolo oggi sconsacrato, nel giorno in cui la città dello sparviero festeggia Maria SS. Addolorata e in cui ricorre il 20° anniversario dell’uccisione di don Pino Puglisi. Sullo sfondo del celebre altare policromo da poco tempo restituito a nuovo splendore, Paola Bottero, Cristina Riso e Alessandro Russo hanno introdotto alcuni degli aspetti trattati – insieme alle altre due autrici Romina Arena e Francesca Chirico – nel libro-inchiesta nato dalla sinergia tra sabbiarossa Edizioni e l’archivio stop ’ndrangheta. Poco più di 170 pagine per raccontare i tanti fatti di cronaca in cui l’organizzazione criminale, nel suo espandersi in collusione con zone sempre più ampie della società, entra in contatto con la Chiesa, tentando di accrescere il proprio consenso tra la gente servendosi della religione e di alcuni “pastori” tutt’altro che buoni.
Declinando i dieci comandamenti, gli autori – grazie anche ai contributi di Giuseppe Creazzo, don Pino Demasi, don Giacomo Panizza e don Ennio Stamile –, raccontano i troppi esempi in cui la ’ndrangheta si è presentata davanti all’altare e nessuno l’ha cacciata. Per fortuna, però, esiste il “contraltare”: il libro-inchiesta racconta infatti anche dove, come e quando da dietro all’altare, sull’esempio di don Italo Calabrò – «nel coraggio dei suoi pastori la gente ritrova il suo coraggio» – e dei tanti apostoli della “Chiesa che resiste” venuti dopo di lui, sono giunti dei no forti, secchi e definitivi, capaci di restituire un senso e una speranza al valore alto del coraggio e alla fede.
Coraggio e fede incarnati dal fondatore della Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme, don Giacomo Panizza. Lo stesso coraggio e la stessa fede nel proprio lavoro testimoniati dal geracese Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria. «L’attività di entrambi, ognuno nei rispettivi ambiti e all’interno delle rispettive istituzioni di appartenenza – ha detto, salutandoli, il primo cittadino di Gerace Giuseppe Varacalli – testimoniano in modo forte e chiaro, pur nella fallibilità propria di ogni istituzione composta da uomini, per natura fallibili, la prevalenza del bene sul male, dell’agire positivo su quello negativo, ed è per questo che Gerace e i geracesi sono fieri di poterli annoverare tra i propri amici».
Organizzata dall’Associazione “Cultura e Tradizione per lo Sviluppo del Territorio” Onlus di Gerace, in collaborazione con “Leggendo tra le righe” a cura di Marisa Larosa e Stefania Zuccalà per Radio Touring 104 – che ne ha curato la trasmissione in diretta –, e con il Comune di Gerace, la presentazione di ieri, moderata dal duo radiofonico composto da Marisa Larosa e Tonino Massara, ha potuto contare anche sulle singolari “contaminazioni” del rapping&playing book a cura di Mad Simon e Enzo de Liguoro. Il numeroso pubblico che ha riempito la Chiesa di San Francesco d’Assisi ha ascoltato con attenzione il leale e schietto confronto tra don Giacomo e il procuratore Gratteri sulle responsabilità della Chiesa e dei propri “cattivi” pastori nell’essersi “fatti usare” dalla ’ndrangheta. «La Chiesa cattolica calabrese, cui appartengo, – ha detto don Panizza – gode di un credito che non merita completamente, perché facciamo acqua da più parti… In Calabria, e parlo soprattutto della Chiesa, abbiamo bisogno di capire l’umanità. Ci sono preti che aiutano i parrocchiani ad essere dei bravi cristiani e parrocchiani che aiutano i preti ad essere dei buoni pastori… Occorre quindi capire l’umanità, e non solo i documenti e i codici, per capire fino in fondo il Vangelo, perché il Vangelo senza la vita non vale niente».
Una distinzione tra parola e azione purtroppo presente nella Chiesa, dove «manca coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa, ed è per questo che bisogna distinguere tra chi è coerente e chi non lo è», ha detto il procuratore Gratteri prima di soffermandosi su alcune, a suo dire, scelte infelici della Chiesa, quali il ritardo nella scomunica della ’ndrangheta pronunciata da monsignor Bregantini, o la mancanza di una sola parola di condanna della criminalità organizzata tra quelle pronunziate da Benedetto XVI durante la propria visita pastorale a Lamezia Terme nel 2011.
Perché, accanto alla Chiesa che resiste alla ’ndrangheta, c’è un’altra Chiesa che non trova il coraggio di fare altrettanto e che troppo spesso si volta addirittura dall’altra parte? Perché ancora troppo spesso i confini tra Chiesa e ’ndrangheta diventano così labili da confondersi? Alcune risposte vengono dall’analisi dei fatti ripercorsi nelle pagine di “La ’ndrangheta davanti all’altare”. Altre dall’osservazione degli sguardi di chi ha sete di ascoltare o leggere le parole di coloro che alle parole fanno seguire i fatti, come don Giacomo Panizza e Nicola Gratteri. Di chi col proprio sguardo assetato dimostra di non avere solo voglia di cambiare… Ma anche voglia di “fare” per cambiare.