(foto di repertorio)
R. & P.
Due titoli interessanti di due case editrici diverse, due autori diversi, ma che hanno in comune alcune prerogative importanti. La Magna Grecia e la Locride, la storia e la cultura. Maria Rosa Fuda e Giuseppe Italiano sono entrambi docenti di Lettere. Due libri molto diversi anche nel titolo “L’Aurora di Locri” di Maria Rosa Fuda Corab edizioni e “Il seme nelle terre perse” di Giuseppe Italiano Rubbettino Editore. Lo stimolante incontro, non è un confronto bensì un modo di parlare delle eccellenze culturali calabresi.
Venerdì 1 dicembre presso la Sala Adunanze dello storico Palazzo Amaduri di Gioiosa Jonica con inizio ore 16,30. L’iniziativa organizzata dal Club per l’UNESCO e dalla Pro Loco con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Gioiosa Jonica, è intitolata: “Eccellenze Culturali della Locride, scrittori e storie del Sud”. Per sostenere la tesi del dialogo tra bravi autori, è stato coinvolto l’illustre giornalista e scrittore Filippo Todaro, personaggio conosciutissimo in Calabria e oltre per le sue capacità culturali. Filippo Todaro insieme agli autori parlerà di eccellenze del Sud.
Il primo è un romanzo di storia ambientato a Locri Epizefiri, nel periodo a cavallo tra il VI e il V sec. a. C. e tratta di un controverso matrimonio tra Eutimo e Melinna, sullo sfondo di epici avvenimenti per la storia della Magna Grecia, come la battaglia della Sagra e la caduta di Sibari. La narrazione è inframezzata da canti lirici in stile dell’epoca, opera anche della stessa autrice. “La bella storia chiamata “L’aurora di Locri” è saldamente innestata in quelle linfe vitali e in quei nodi tra popoli, offrendo una visione potente e colta dell’enorme patrimonio culturale e mitico della polis di Locri. L’epoca stessa della narrazione si presta meravigliosamente a questa scoperta, perché l’autrice ha scelto di ambientare la sua storia tra il VI ed il V sec. a.C., in un periodo trattato solo marginalmente dalle nostre fonti principali e di cui ci mancano, tragicamente, le versioni dei fatti perduti nel naufragio di tutta la cultura non attica. Grandi figure dominano la scena della rappresentazione messa in scena dall’autrice. La prima che si staglia è quella di Zaleuco di Locri, l’inflessibile legislatore, uno dei padri del Diritto, che sognava una polis utopica, senza schiavitù e senza lusso, abitata, si può dire, da cittadini/filosofi. Dietro le quinte, motore immobile di quasi un secolo di turbolenze, c’è quel Pitagora di Samo, venuto a realizzare il suo sogno politico, civile e morale nella lontana Italia.”
L’altra opera è una miscellanea di scritti “Il seme nelle terre perse” brevi saggi, articoli, commenti, che, pur nella loro singola compiutezza, diventano come tessere di un variegato mosaico letterario. Mosaico, dove si profilano scrittori e filantropi (Emmanuele Navarro della Miraglia, Corrado Alvaro, Francesco Perri, Mario La Cava, Leonardo Sciascia, Cesare Pavese, Umberto Zanotti Bianco), magistrati nella loro umanità (Nicola Gratteri e Francesco Cascini), uomini coraggiosi (Lollò Cartisano e Michele Virdò), luoghi di preghiera (la Certosa di Serra San Bruno e la Comunità delle suore di Crochi), accadimenti (il terremoto del 1908 e la rivolta nel Distretto di Gerace del 1847). E dove inoltre si accenna ai venticinque volumi della collana «Scrittori di Calabria», si ricorda l’amicizia tra Francesco La Cava e San Giuseppe Moscati, si segnala l’interessamento di Giovanni Pascoli alle sorti del brigante Musolino, si addita il sito calabrese che ricorda la Shoah; e si rammemora il mitico fascino del Natale.