di Maria Grazia Messineo*
SIDERNO – Mi permetto di suggerire al Ministro Lanzetta “di ringraziare il Presidente e rifiutare l’offerta”. E’ inconcepibile che proprio la dottoressa Lanzetta, simbolo di legalità e lotta alla criminalità organizzata, che sulla propria pelle ha patito le arroganze e le vessazioni della ‘ndrangheta, accetti l’incarico di assessore regionale sedendosi allo stesso tavolo del neo assessore ai Lavori pubblici Nino De Gaetano, per il quale nel 2012, la squadra mobile di Reggio Calabria aveva addirittura chiesto l’arresto, rimettendo ai magistrati alcune informative per la configurazione del reato di voto di scambio politico-mafioso (416 –ter c.p.).
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A fronte di quanto emerso dall’inchiesta “Il Padrino”, che oltre ad aver disarticolato la cosca Tegano, aveva informato circa i presunti “collegamenti perversi” tra l’ex consigliere regionale reggino e il clan di Archi, la nomina in giunta dello stesso Nino De Gaetano, è un primo “risultato” negativo sul quale non ci si può esimere dall’esprimere un giudizio e che lascia attoniti, increduli e profondamente delusi.
Al Presidente della Giunta regionale, Mario Oliverio, mi permetto di dire, da cittadina calabrese, prima ancora che da dirigente regionale del Partito democratico, che la missione di “cambiare” la Calabria è, ahimè, fallita prima ancora di iniziare.
Non ricandidare De Gaetano per poi “ripescarlo” all’indomani delle elezioni regionali, non fa certo onore al Presidente e denota tutt’altro che “coraggio”: a questo punto, non abbiamo ben capito a quali “criteri” di rinnovamento dicesse di ispirarsi e se queste manovre che salvaguardano compromessi, equilibri di partito e di territorio non rappresentino forse quella “vecchia” politica che in campagna elettorale volevamo lasciarci alle spalle!
Scavalcare certi “insormontabili” pilastri, ovvero i principi dell’etica, nonché le ragioni di opportunità politica che stanno alla base delle proprie scelte, è la dimostrazione più palese di come la fiducia e la speranza dei calabresi, onesti e liberi, siano state tradite.
Quella stessa fiducia e quella stessa speranza che, da oggi, mi sento di riporre esclusivamente nell’operato della magistratura e delle forze dell’ordine che, quotidianamente, in trincea, in silenzio e tra mille ostacoli, lottano davvero per la legalità e per una Calabria diversa.
Nella giornata di sabato 24 gennaio, esattamente ventiquattro ore prima della nomina della nuova giunta regionale, il Procuratore Cafiero de Raho lanciava il suo “j’accuse” alla politica e ai colletti bianchi che agevolavano i clan. Nel corso della cerimonia svoltasi a Reggio Calabria, in occasione dell’apertura del nuovo anno giudiziario, De Raho, infatti, spiegava come Reggio Calabria fosse la “casa madre” di una criminalità organizzata capace di allungare nel silenzio i suoi tentacoli ovunque, radicandosi fortemente nei territori e trasformandosi in “collettore di voti, in dispositivi territoriali capaci di intercettare consenso elettorale, sostegno politico ad amministratori o partiti in cambio della gestione degli appalti”.
La politica continua, imperterrita, a non ascoltare il grido d’allarme dei magistrati e, nei fatti, si dimostra pronta “a sacrificare la giustizia in nome di un esasperato garantismo”.
Alla deputazione calabrese che siede in Commissione Parlamentare Antimafia domanderei perché mai continuino a convocare e ad udire, frequentemente, i Procuratori della DDA reggina quando i politici continuano a “lottizzare” il potere senza alcuno scrupolo, offrendo poltrone finanche a soggetti sui quali aleggiano fitte ombre e i cui nomi compaiono nelle lunghe informative depositate agli atti di “pesanti” inchieste di mafia.
Com’è possibile chiedere ai cittadini di rialzare la testa se la politica dà costantemente prova di piegarsi, di farsi dettare l’agenda dai poteri forti, disconoscendo alla Giustizia il prestigio e l’autorevolezza delle proprie raccomandazioni e ricordando ad essa che un’ informativa, un avviso di garanzia e un rinvio a giudizio “non sono sufficienti”!
Le qualità e i talenti di questa terra continuano ad essere seppelliti. In Calabria bisogna fare posto “a chi porta più voti”, a chi ha troppa clientela da ricompensare, ma anche tante “vicende incresciose” sulle spalle da spiegare, prima o poi .
*:Componente della direzione regionale PD Calabria