In questi giorni da più parti si leggono preoccupati interventi sulla stampa o sui social, riguardanti la salute o meno del nostro mare e la sua balneabilità.
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Ricordo che già nel giugno del 2002, durante il mio precedente mandato, ci siamo interessati del fenomeno che, anche allora si ripresentava puntualmente sulle nostre coste nei mesi estivi. Al tempo e negli anni successivi, assieme ad altri sindaci, Associazioni e Legambiente, ci siamo più volte scontrati sull’argomento con le istituzioni regionali.
Nell’estate del 2005, finalmente si era pervenuti ad un risultato che sembrava andare nella direzione giusta riguardo alla soluzione dell’annoso problema; infatti si era riusciti a coinvolgere l’allora assessore all’ambiente Diego Tommasi, che prese l’impegno di avviare un piano regionale per fognature e depuratori utilizzando i fondi della Comunità Europea. Tale iniziativa fu portata anche all’attenzione del governo sul tavolo dell’allora ministro Matteoli, sollecitandogli un piano strategico nazionale per la depurazione delle acque. Purtroppo non si arrivò a soluzioni organiche né a risultati concreti, tant’è che, ancora oggi, il fatto persiste.
All’epoca, ricordo anche che, siccome il fenomeno era poco conosciuto, ci si è preoccupati, ovviamente, di documentarsi interpellando una delle istituzioni che rappresentavano, ed ancora oggi rappresentano, una fonte autorevole nel campo e cioè il Laboratorio di Oceanografìa Biologica, Stazione Zoologica ‘Anton Dohrn” di Napoli. La risposta sul fenomeno è stata chiara ed esaustiva ed è stata anche resa pubblica da un articolo scritto da Fabio Conversano e Virginia La Mura, che appresso riportiamo in alcune sue parti, ritenendo possa essere utile avere notizie scientifiche dell’evento, anche per sgombrare il campo da fantasiose ipotesi e congetture nel merito: in pratica, a causa della eutrofizzazione del mare avvenuta ad opera dell’uomo negli ultimi cento anni circa, oggi succede che “…in estate, l’elevata temperatura delle acque, la maggiore disponibilità di luce, la presenza di venti tra deboli e moderati, favoriscono il manifestarsi costante lungo tutte le coste italiane, ma soprattutto al sud, di due fastidiosi fenomeni: “le schiume e i rifiuti galleggianti”. In entrambi i casi l’effetto sulla popolazione balneare è sicuramente di fastidio ma anche di estremo sospetto sulla qualità delle acque. Ciò lascia spazio ad allarmismi che non sempre sono correlati ad un effettivo inquinamento chimico-fisico e microbiologico delle acque di mare. I controlli assidui sulle acque depurate e il monitoraggio estivo di questi fenomeni è lo strumento più adatto per la loro gestione.
Le Schiume
Sono vistose formazioni che si osservano frequentemente sulla superficie del mare a poca distanza dalla costa e parallelamente ad essa, sempre ad una determinata ora del giorno.
I Rifiuti Galleggianti
Tutti i materiali con densità minore di quella dell’acqua di mare (oggetti di plastica, di legno, rifiuti alimentari grossolani o derivanti da sversamenti fognari diretti in mare) galleggiano sulla superficie del mare e subiscono continui spostamenti dovuti alle correnti superficiali e ai venti. L’insidia dei rifiuti galleggianti è rappresentata proprio dalla loro mobilità e quindi dal fatto che essi possono ritrovarsi in zone anche molto lontane da dove sono stati rilasciati. In associazione a venti deboli e moderati, quando una brezza soffia sulla superfìcie calma del mare, nelle acque vicino alla superficie si sviluppa un tipo particolare di circolazione detta di Langmuir, dal nome di chi la studiò per primo. Essa origina lunghi vortici in cui l’acqua si muove lungo traiettorie elicoidali in direzione del vento. Normalmente si formano molti vortici paralleli: vortici adiacenti circolano in dirczione opposta e in tal modo si forma il cosiddetto fronte termo alino.
L’intersecarsi di tali fenomeni forma linee parallele alternate di convergenza e divergenza. Nelle zone di divergenza le particelle in sospensione risalgono in superficie per concentrarsi, poi, nelle zone di convergenza.
Normalmente il fenomeno interessa aree molto estese e prossime alla costa. È necessario un vento di almeno 3 metri al secondo per attivare questa circolazione. Questo fenomeno è più evidente in condizioni di mare leggermente mosso o agitato .
Il fronte termico si comporta come una barriera capace di ostacolare il movimento e il trasporto di quanto presente in superficie e all’interno della colonna d’acqua, in generale, esso è composto da microalghe (utile potrebbe essere l’osservazione al microscopio delle specie fito-planctoniche presenti)
DA DOVE PROVENGONO I RIFIUTI GALLEGGIANTI
Diverso il problema di rifiuti galleggianti; l’arrivo di tali rifiuti galleggianti sulle coste può vanificare gli sforzi di quei comuni rivieraschi che, pur attuando azioni di prevenzione dell’ inquinamento del mare, diventano vittime di un problema di cui non sono direttamente responsabili.
Per contro, in alcuni casi, può succedere che i comuni costieri, che sono sprovvisti di impianti di depurazione efficienti, in grado cioè di poter gestire l’aumento estivo di popolazione non residente, ricorrono nei periodi di maggiore affluenza alla “pratica del by pass” dei reflui civili, senza operare neanche il grigliaggio dei rifiuti grossolani. In questo modo, attraverso le condotte più o meno sottomarine, vengono immessi in mare enormi quantità di acqua non depurata e ricca di rifiuti grossolani i quali, inevitabilmente, raggiungono le coste entrando nella circolazione costiera. Una grossa responsabilità del fenomeno è, talora, da attribuirsi anche alla presenza dei fiumi che convogliano in mare i rifiuti prodotti nell’entroterra. Anche il traffico marittimo delle grandi navi ed il diportismo nautico fanno la loro parte “alleggerendosi” di rifiuti durante la navigazione. Infine, non dimentichiamolo, ogni singola persona deve ritenersi responsabile. Infatti con troppa facilità si abbandonano in mare e sulla spiaggia i resti del proprio soggiorno.
IL MONITORAGGIO ESTIVO
Per conoscere la natura delle schiume presenti sulla superficie del mare sarebbe necessario effettuare, sui campioni di acqua contenenti le schiume stesse, analisi specifiche per accertarne in primis la innocuità per la salute umana.“
In poche parole sarebbe auspicabile che la Regione Calabria ripensasse ad un piano strategico per l’ambiente, che è propedeutico ad ogni altro tipo di politica territoriale e turistica, utilizzando, ove possibile, i fondi strutturali europei, collegandolo ad un programma che abbia l’obbiettivo specifico di monitorare la qualità microbiologica, biologica e chimica delle acque marine utilizzando i metodi ufficiali (dell’IRSA-CNR), in quelle aree dove è maggiore la frequenza dei bagnanti ed individuare eventuali punti critici, sia sulla costa che a mare, specialmente riguardo alla immissione a mare di inquinanti.
Giuseppe Grenci