di Bruno Grenci*
Sono certo che il super Mario di 30 anni fa di fronte a una situazione di quelle che si sono create oggi in Calabria non avrebbe esitato un attimo a sbottare e organizzare un casino. Io il Mario Oliverio capellone dei cortei e delle assemblee infuocate me lo ricordo bene. Fortemente carismatico, sempre con uno stuolo attorno, sempre con la voce più forte e incazzata degli altri. Oggi il super Mario è diventato un normalizzato e un normalizzatore, allora tocca a noi sbottare e organizzare il casino.
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Ma cosa deve ancora accadere in Calabria e nel Partito Democratico affinchè i militanti, gli iscritti, gli elettori sentano il bisogno di riunirsi e promuovere momenti di discussione, di confronto e se serve anche di scontro? Cos’è la democrazia sennò? Perché proprio in queste circostanze non ci sono momenti che facciano crescere il partito, la democrazia e il confronto civile di questa regione, che nonostante i proclami dei normalizzatori e dei garantisti alla ‘nduia, rimane in una patologica posizione di arretratezza e inferiorità rispetto al dibattito e alle dinamiche nazionali? È proprio vero, come evidenziarono Imma Vitelli prima e Pietro De Luca sul “Quotidiano della Calabria” qualche tempo fa, che il mutismo e l’omertà non riguardano solo gli aspetti strettamente criminali e ndranghetisti, ma che regna un’omertà diffusa e pervasiva che riguarda e tiene in ostaggio lo sviluppo civile e la stessa politica? Perché bisogna allestire le giostre dell’entusiasmo elettorale e dei proclami in prossimità del voto sul cambiamento necessario; sulla novità che è improcrastinabile, sulla democrazia da garantire e poi quando si tratta di formare la giunta, in questo caso regionale, non se ne può parlare nelle sezioni di partito, nelle assemblee pubbliche e nel dibattito democratico? Ma un sussulto e un’incazzatura democratica, terapeutica, genuina e liberatoria chi deve organizzarla?
La sberla di Maria Carmela Lanzetta è stata un’operazione coraggiosa e di dignità, che solo una donna poteva fare e che mi sento di paragonare alla denuncia che Luciano Regolo fece un anno fa sulle telefonate dei “cinghiali”. Tuttavia le esili spalle dell’ex ministro ed ex sindaco di Monasterace non possono sopportare il peso delle conseguenze del suo stesso gesto.
Si faccia allora adesso. Quello che non si è fatto dal 24 novembre in poi. Con buona pace degli Irto, dei Naccari, dello stesso Magorno e dei renziani calabresi, che hanno predicato ma non praticato il verbo secondo Matteo della rottamazione. Qualcosa mi fa pensare, come lo stesso annuncio di Mario Oliverio mi sembra in questo senso, che la vita della giunta varata sia breve e di “ponte” come il Mario della normalizzazione e, mi verrebbe da dire della restaurazione, l’ha definita. Quindi la formazione della giunta regionale, quella vera e più duratura, quella che verrà dopo, magari dopo che De Gaetano, e non solo lui, si sarà dimesso per indignazione nazionale o in seguito a qualche “avviso”, sia oggetto di dibattito e coinvolgimento democratico. Sui programmi, sul percorso da intraprendere, sui mutamenti culturali e di personale politico obbligatori e indispensabili. Con una discussione e un confronto nella base e negli elettori.
Si porti rispetto per coloro che vanno a chiedere i voti alla gente, e per la gente che ha votato; e si dia ascolto al popolo onesto e alle persone libere, agli intellettuali di tutte le estrazioni e di tutte le competenze messi in ombra dai nani e ballerine, incompetenti e occupanti della scena politica, che il promotore di Spazio Aperto Pino Mammoliti non perde occasione per ricordarceli.
*membro dell’osservatorio politico-culturale “Spazio Aperto”