di Francesco Tuccio
Lasciandosi alle spalle terre mai esplorate e sconosciute, meravigliose e terribili, oltre i limiti della Grecia arcaica, l’eroe di Troia, protetto da Atena, finalmente ritornò ad Itaca tra le braccia di Penelope, ostinata custode del fedele talamo avvolto nei veli trepidi dell’attesa. Ed ammaliate dal fascino del mitico Odisseo, le genti della miriade delle stirpi elleniche, sparse nella patria disunita in polis indipendenti e guerriere, guidate dalle predizioni dall’oracolo di Delfi, presero a navigare sulle avventurose rotte inverse degli epici eroi del ritorno (nostoi), raggiunsero le rade ioniche ed approdarono sui bianchi litorali che accoglievano i declivi dei meandri sinuosi delle valli e dei corsi d’acqua cinti all’orizzonte dall’aspra catena delle sommità azzurrine delle dorsali appenniniche, dell’Aspromonte e delle Serre. Qui strinsero incontri ospitali, scambi commerciali, compirono depredazioni, fondarono colonie, e impressero nei natali delle nuove polis appartenenze etniche, discendenze, identità, culti e culture incarnati nelle figure mitologiche e leggendarie della civiltà che illuminò il mondo sin dalla tarda età del bronzo.
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Nella gara alla conquista delle plaghe più feraci e rigogliose, giunse tardi la gente achea sulla lingua prominente, ora erosa, di Capo Cocinto, e dovette incunearsi tra le potenti città-stato rivali di Locri Epizefiri e Crotone. Fondò Kaulonia e la profonda vallata dell’Allaro divenne il confine naturale, caldo e palpitante a sud della chora. Il nuovo insediamento, si presume, sia stato favorito dai crotoniati per porre un argine alle mire espansive dei belligeranti locresi. Ed a maggior ragione, la minaccia dei confinanti costrinse alla costruzione di un complesso di phrourion lungo la linea di frontiera scrosciante nel largo greto ciottoloso della fiumara, la stessa che, probabilmente, distinse il territorio dei Siculi da quello degli Enotri della protostoria. Degli avamposti militari strategici, impiantati sulle alture per dominare la vallata, fino ad oggi, casualmente ne sono venuti alla luce quattro: Torre Camillari (Caulonia Marina), Monte Castello (Focà), Monte Gallo (Placanica), Municipio (Caulonia centro). Il susseguo ravvicinato dei rilievi collinari, su cui i cauloniati si posero a vedetta ed interdizione del nemico, dà l’idea visiva di un sistema difensivo lineare dalla costa all’entroterra che, ovviamente, ha seguito le alterne fortune della polis.
Non sappiamo con certezza se all’Allaro corrispose l’antico fiume Sagra, teatro cruento della mitica vittoria dei locresi sui crotoniati, quando un esercito tredici volte più piccolo, guidato dall’intervento divino dei Dioscuri, Castore e Polluce, sconfisse quello ben più potente destando sconcerto e meraviglia in tutta la regione Mediterranea. Di sicuro, la stretta piana di Aguglia fino a Focà, tra le foci dell’Allaro e del Precariti, fu la porta d’ingresso costiero che conduceva alla città kauloniate; fu punto di snodo per raggiungere le alture boschive ed attendere al taglio del legname per la costruzione delle navi, all’estrazione dei minerali, dei metalli e della pece, le ragioni commerciali della colonizzazione dell’intero territorio; fu area di contatto stabile tra indigeni e greci che vi costruirono i consueti santuari di frontiera, o “extramuranei”. Ne danno testimonianza la bellissima testa femminile del IV sec. a.C. raffigurante una divinità, i grandi conci in calcare bianco lasciati in custodia alla famiglia Genovese da Paolo Orsi nel 1925, ed ai quali si aggiunsero quelli rinvenuti nel 2010.
A questo proposito, fa davvero male leggere: “in attesa dello studio puntuale dei ritrovamenti materiali in deposito presso il Dott. Francesco Genovese, per i quali in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Caulonia, è in corso l’elaborazione di una proposta progettuale per la loro esposizione, abbiamo effettuato un rapido conteggio dei pezzi presenti: 5 blocchi di grandi dimensioni, 15 blocchi più piccoli ad il rocchio della colonna scanalata rilevata dal Carta.”(1)
I rinvenimenti nella zona Aguglia-Focà vanno oltre quelli citati: sono stati tutti occasionali ed a nessuno è seguito uno scavo più ampio e preordinato come la logica archeologica elementare avrebbe consigliato. Non stupisce, ma indigna il fatto che dei reperti siano lì, da quasi 90 anni, “in attesa dello studio puntuale”. Anche i phrourion scoperti sono stati sotterrati, o in attesa di sotterramento, oppure abbandonati alle fauci di sterpaglie e rovi. Oscurati, occultati come una tragica vergogna. Con la scusa, che è manifestazione di impotenza, di dover tramandare ai posteri non si affronta mai l’esigenza di valorizzazione dell’oggi. Non c’è nulla che un cittadino normale e interessato possa vedere nella dimensione reale o virtuale, se si escludono i libri specializzati. E la mancanza è assai grave.
L’anima di una comunità trova il suo collante sociale, i suoi valori identitari, prima ancora che nel tessuto economico (peraltro da noi povero e sfilacciato) in una matrice eminentemente storico-culturale. Le pietre trasudano ansie e aspettative, sconfitte e vittorie individuali e collettive che hanno segnato le epoche, i costumi, le tradizioni. Sulle pietre il presente incontra il passato e trae le indicazioni per il futuro, educa e sviluppa la coscienza civile delle nuove generazioni.
Per dirla con parole rudi: con la cultura si mangia, si può e si deve mangiare, intanto, rispondendo alla fame primaria di conoscenza e di conservazione. Il progetto riportato nel suddetto virgolettato risale alle pie intenzioni pubblicate nel 2011 e mai realizzate. La bella Casa della Pace titolata ad Angelo Frammartino, in fase di ultimazione a Caulonia marina, può costituire la vetrina-mostra ideale per ospitare fisicamente i ruderi disponibili e riprodurre con gigantografie fotografiche quelli inamovibili e sparsi sul territorio. Il Sindaco e l’Assessore alla Cultura devono saper osare con la consapevolezza che le grandi cose sono impossibili e non credibili se non si ha la capacità di guardare e realizzare quelle piccole e meno costose, ma altamente significative.
In fondo, chi meglio di chi è stato oggetto di distruzioni e di guerre può farsi messaggero di pace nel pieno spirito del nuovo edificio?
(1)-Maria Teresa Iannelli in Kaulonia, Caulonia, Stilida – Edizioni Normale 2011.
Foto: rinvenimenti monumentali Aguglia-Focà – tratta da Kaulonia, Caulonia, Stilida – Edizioni Normale 2011.