di Simona Masciaga
BAROLO – Ettari sconfinati di vigneti dai colori intensi, odori intensi del mosto appena torchiato intrisi di delicato profumo di rose fino a raggiungere il più acceso aroma di frutti di bosco e ciliegie che trionfa nell’ imperante nocciola tipica di questa splendida terra: le Langhe piemontesi.
Ospiti graditi de le cantine dei Marchesi di Barolo, i quali hanno aperto le porte alla nostra testata giornalistica ma soprattutto alla nostra insaziabile curiosità, ci siamo addentrati in un percorso enogastronomico di elevato valore culturale, storico e comunicativo. Guidati da Andrea, tra vendemmia in atto, maturazione e imbottigliamento, percorrendo un tragitto logistico, storico ed entusiasmante siamo venuti a conoscenza che il Barolo, ” Re dei vini e vino dei re” è nato proprio lì e per volontà incondizionata di una donna: Giulia Colbert sposa di Carlo Tancredi Falletti (gli stessi del Palazzo di Siderno superiore) convolata a nozze nel lontano 18 Agosto del 1806 a Versailles. Trasferitasi a Barolo, in collina, dove le mondanità erano ben poche, dotata di spirito critico e intraprendente, di grande intelligenza e, soprattutto di palato raffinato (conosceva bene i vini francesi e lo champagne), per ovviare alla noia campagnola e sentirsi dinamica, decise di allargare le cantine di famiglia e fare invecchiare per ben 5 anni le uve di nebbiolo presenti sul territorio. Col beneplacito di Carlo Tancredi, ottenne il suo intento tanto da offrire un vino di qualità superiore ai suoi commensali e regalarlo ai regnanti dell’epoca. Tutti tranne te Carlo Alberto di Savoia, il quale, rammaricandosi, ne chiede la motivazione. La nobildonna, scusandosi le promise una botte a settimana per l’intero anno ma, all’arrivo le botti erano decurtate di ben 25 sulle 54 promesse; orbene, con intelligenza e astuzia la donna rispose che un Re devoto doveva rispettare la Quaresima e il digiuno dell’ Avvento più i venerdì di magra.
Da qui il nobile Barolo, nome dato alla località di produzione, è divenuto ormai il simbolo dell’ enologia italiana: vino austero, di lungo invecchiamento, secco, deciso e ricco di profumi proveniente dalle uve Nebbiolo dal colore rubino intenso che diventa granato col tempo e si arricchisce di ampi aromi fruttati, speziati ricchi e vigorosi. Un vino longevo di cui ne abbiamo apprezzato il gusto e l’intensità pasteggiando con i classici tortellini del Plin e cacciagione con inevitabile polenta offerta dai nostri gentili ospiti.