di Gianluca Albanese
La conseguenza logica di tutti i contenuti interessanti e importanti emersi nel corso dell’incontro odierno del movimento “E’ tempo di reAgire” che ha avuto luogo questo pomeriggio alla biblioteca comunale di Siderno sembra essere quella della necessità di una grande mobilitazione popolare contro lo strapotere delle regioni più ricche del Nord che vogliono ancora di più e intendono dare di meno a chi è rimasto indietro.
In linea di principio questo è sacrosanto. Resta da capire se tutti gli attori sociali presenti saranno in grado di mobilitare i cittadini su un tema così importante. Le premesse ci sono tutte e le forze in campo non mancano, dalle associazioni al sindacato più rappresentativo, passando per gli intellettuali. Ma la nostra storia insegna che un’opinione pubblica già di per sé pigra e anestetizzata ancora di più dallo “sfogatoio” dei social network non sempre ha trovato la voglia e la forza di reagire efficacemente. Speriamo che sia la volta buona, magari guardando all’esempio dei coriacei pastori sardi, più che agli esagitati – in alcuni casi – gilet gialli transalpini.
Intanto, però, se la politica non riesce a dare risposte e se il prestigio del nostro ruolo di cittadini sembra svilito dall’attuale quadro politico-istituzionale, potremmo recuperare il ruolo, almeno, di consumatori consapevoli e responsabili.
Già, in attesa di una mobilitazione collettiva, potremmo pensare a una reazione individuale nella veste di consumatori. Il professor Daniele ha accennato alla questione e noi, nel nostro piccolo, vorremmo essere più espliciti, pur non avendo specifiche competenze in materia di economia e politica economica.
Ci siamo mai chiesti, infatti, quando spendiamo i nostri (pochi) soldi, dove vanno a finire? Abbiamo mai pensato, infatti, se i beni che acquistiamo possono servire a rimanere nell’economia locale o se siamo meri e passivi consumatori di beni e servizi prodotti al Nord o all’estero? Pensiamoci un attimo. Sfumato il sogno dei grandi insediamenti industriali nel Sud – ancora oggi si rimpiange la fabbrica di motocicli della OMC di Locri – la nostra terra ha dimostrato di offrire assolute eccellenze, a esempio nel settore agroalimentare. E allora, perchè non comprare prodotti del Sud (la cui qualità è mediamente più alta e il prezzo è mediamente più basso) invece dei grandi marchi norditaliani, in molti casi in mano a holding multinazionali con sede all’estero?
E’ semplice, quasi banale, questo concetto che si potrebbe allargare al manifatturiero (abbigliamento e calzaturifici in primis) e a settori nobili come l’editoria e la creatività in genere.
Invece no, troppo spesso i nostri conterranei comprano i grandi marchi nei negozi in franchising, nella grande distribuzione (a volte in mani non limpidissime) acquistiamo beni prodotti in larga scala se non – e questo è un fenomeno più diffuso di quanto si possa pensare e sembra coinvolgere più gli anziani che i giovani – compriamo on line, arricchendo i paperoni di Amazon e altre piattaforme di acquisto. Siamo davvero convinti di fare un affare ogni volta che strisciamo le nostre carte di credito a favore di fornitori che dreneranno le nostre risorse verso altre parti del mondo?
Pensiamoci, perchè il nostro territorio offre molte più eccellenze di quello che la grande pubblicità sembra fare emergere. Perchè possiamo fare tutti i discorsi più belli, ma se poi spendiamo i nostri soldi on line o nelle grandi catene alimentari, non facciamo che spostare capitali da qui verso posti lontanissimi.
Come se gli altri fossero sempre più bravi, capaci e competitivi di noi. Illuminante, a questo proposito, la risposta dell’editore Franco Arcidiaco di “Città del Sole” che a un lettore che chiedeva all’autrice del saggio d’inchiesta “Plutonio” (la milanese Monica Mistretta) come mai avesse pubblicato un testo così importante con una piccola casa editrice calabrese, rispose che «Non siamo una piccola casa editrice calabrese: siamo una casa editrice nazionale con sede a Reggio Calabria». Come a dire che forse, se ci si guarda intorno con più attenzione, le ricadute positive saranno per tutta la comunità. Semplice, vero? E allora, perchè non lo facciamo tutti?