di Gianluca Albanese (foto e video di Enzo Lacopo)
SAN LUCA – C’è baciamano e baciamano. Un anno e tre mesi fa fece scalpore il baciamano che un vicino di casa tributò al boss Giuseppe Giorgi poco dopo il suo arresto a San Luca. Un gesto che fece il giro del mondo, correndo nel circuito mediatico “mainstream” e, naturalmente, sul web. Un gesto ingenuo, un misto di chissà quale gratitudine e sottomissione, che suscitò un vasto dibattito, sul carattere e la subcultura dei calabresi in generale e dei sanluchesi in particolare.
Oggi, invece, ci concentriamo su un altro baciamano, immortalato in un fotogramma del meraviglioso reportage realizzato dal nostro Enzo Lacopo il giorno di Ferragosto a San Luca, meta della visita istituzionale del ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Tra un tripudio di selfie, applausi e ovazioni, che ricorda quello di un altro Matteo che andava in voga qualche mese fa, la festa della legalità a cui hanno preso parte i vertici nazionali delle forze dell’ordine italiane, trova una parentesi di dolore soffocato per un tempo lunghissimo, ricordo di un ferragosto di dodici anni fa, quando la ‘ndrangheta si fece conoscere da par suo anche fuori dai confini nazionali, uccidendo dei ragazzi che uscivano da una pizzeria nella città tedesca di Duisburg.
La scena è visibile integralmente, dal minuto 5’50” al minuto 8,50” del video di Enzo Lacopo.
La signora Antonia Giorgi, madre dei fratelli Achille e Marco Marmo, chiede e ottiene di parlare con Salvini. Anzi, chiede di leggere una lettera scritta, forse, in tante notti di dolore per la perdita di un figlio avvenuta con modalità violente a Duisburg e dello stato di detenzione di un altro figlio, accusato di un reato del tutto simile a quello ascritto ai killer del fratello.
Salvini, il ministro piacione che non si sottrae alle richieste di selfie, e corregge le impostazioni dell’i-phone di una signora che aveva lasciato il dispositivo in modalità “ripresa video”, inizialmente la prende a ridere, esclamando, un po’ come un Renato Pozzetto d’antan “Eh la Madonna, signora, non legga, dica a parole sue». La signora Giorgi, però, insiste. Vuole leggere per non dimenticare nulla. Troppo importante l’occasione per commettere errori o dimenticanze. Legge la lettera in cui chiede, semplicemente, giustizia per un figlio ucciso – la Giorgi non crede che ci sia un solo responsabile della strage di Duisburg, individuato in Giovanni Strangio – e per un figlio in carcere in precarie condizioni di salute. Ma non è tutto.
Dopo aver urlato la sua rabbia, dicendo «A chi mi devo rivolgere – ha detto Antonia Giorgi – per avere giustizia, se non allo Stato? Quello Stato assente fino a oggi…», la donna bacia la mano del ministro dell’Interno. Un gesto di umiltà e di speranza disperata. Un ossimoro, dunque. Di chi non sa più a chi rivolgersi per avere giustizia.
Sarebbe bene che anche questo baciamano facesse il giro del mondo, perché è un’icona della sofferenza dei familiari di chi la ‘ndrangheta la subisce ogni giorno. Sia nel ruolo di familiare delle vittime che in quello di congiunto dei presunti carnefici. In passato abbiamo scritto della sofferenza dei familiari dei presunti mafiosi durante i processi, di quella platea di avvocati e giornalisti che dà loro le spalle durante le udienze e che vede in faccia solo la Corte, quella che sarà chiamata a decidere, in un senso o nell’altro.
Ma forse questo baciamano non farà notizia.
Salvini, dal canto suo, dopo essere stato oggetto di applausi e cori da stadio, ha promesso che vorrà comprendere meglio la questione per approfondirla. Lo speriamo con tutto il cuore.
Così come speriamo che il numero uno del Viminale tenga fede alla promessa urlata a gran voce, di «Eliminare – citiamo testualmente – mafia, camorra e ‘ndrangheta dalla faccia della terra».
Un proposito che, come si evince dal prosieguo del video girato e montato da Enzo Lacopo, anche al Procuratore Capo di Catanzaro Nicola Gratteri appare come «Un azzardo», ma sperare non costa nulla.
Piuttosto, saranno i giorni a seguire a dire se quello di Ferragosto a San Luca sia stato l’inizio di un percorso di rinascita di questa terra o, purtroppo, l’ennesima passerella in pompa magna da queste parti, senza costrutto. Siamo certi che Gratteri e Bombardieri avranno chiesto più uomini e mezzi per forze dell’ordine e magistratura, e questa è una questione seria, forse una delle poche trattate due giorni fa.
Lo scriviamo ancora una volta: siamo stufi di vedere Mattarella e Prodi a Locri, Salvini a San Luca e così via, per poi tornare, una volta spente le luci della ribalta, punto e a capo. Non siamo mai stati “la figlia prediletta” dello Stato e, a scanso di equivoci, ci piacerebbe esserlo.
Salvini ha promesso pure il proprio interessamento personale per la situazione dell’ospedale di Locri e del ponte sull’Allaro, benché non siano materie di propria competenza. Eppure ci speriamo, anche perché pare che si siano aperti dei tavoli interministeriali su queste materie, riguardanti le emergenze della Locride.
Per ora, preferiamo soffermarci su un’immagine finale della giornata, immortalata magistralmente nel reportage del nostro Enzo Lacopo: quella dei bambini di San Luca che al passaggio delle auto blu delle autorità presenti, sventolano il tricolore. Quella bandiera italiana che i sodali politici di Salvini hanno vilipeso in più occasioni fino a non poco tempo fa. Ecco, Salvini deve dimostrare – a nostro modo di vedere – di meritare quello sventolio di speranza. Noi manteniamo le nostre perplessità in merito. Ma saremo ben lieti di ricrederci.
Intanto, guardiamo e riguardiamo il video di Enzo Lacopo
Verrebbe da fare una battuata Gianluca “avranno trovato il nuovo “padrino”?”