di Gianluca Albanese
SIDERNO – I nostri lettori più attenti avranno sicuramente notato la linea intrapresa dalla nostra testata in vista delle primarie del Pd regionale di domenica, improntata al rigido rispetto della par condicio tra i quattro contendenti al ruolo di segretario regionale.
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Abbiamo dedicato loro un servizio a testa per ascoltare le ragioni e le proposte programmatiche dei candidati, in corrispondenza degli incontri ad hoc organizzati nel nostro comprensorio.
Dunque, domenica 2 abbiamo seguito l’incontro con Magorno a Caulonia, sabato 8 quello con Lo Polito a Siderno e domenica 9 Canale a Gioiosa Ionica. Villella, purtroppo, non è venuto da queste parti, altrimenti avremmo dato spazio anche a lui.
E dunque, lungi da noi voler violare questo principio. Resta solo da completare una valutazione, avviata proprio da questa testata sabato 8 mattina, quando raccogliemmo il duro sfogo del militante renziano “della prima ora” di Bianco Carmelo Celentano, che sul proprio profilo di facebook sparava a zero contro la decisione, a suo dire imposta dall’alto e subìta passivamente dalla base, di candidare a capolista pro Magorno Domenico Fortugno, suo concittadino che oltre ad essere il segretario del circolo bianchese del Pd, prima di allora non aveva mai manifestato pubblicamente soverchia simpatia politica verso il sindaco di Firenze e i suoi sostenitori in loco.
A onor del vero, Celentano se la prendeva soprattutto con l’atteggiamento remissivo dei “suoi”, senza nemmeno fare il nome di Fortugno, ma lasciando che fosse il lettore a intuirlo.
Un po’ come la nota stampa dei comitati pro Renzi della Locride ricevuta stamattina, con la quale, i “renziani d.p.o.” sostengono il loro candidato aspirando a “…far progredire la Locride – è scritto nel comunicato – senza tenere conto di oligarchie o di derive leaderistiche che negli anni hanno esiliato sempre più la Jonica dai circuiti decisionali capaci di far cambiare verso alla nostra zona” concludendo che
“Non è più accettabile – riporta ancora la nota dei comitati pro Renzi – che una comunità politica e conseguentemente una ampia area territoriale, debbano essere condizionate da personaggi che, pur d’imporre alla politica e alla Calabria la permanenza nei posti di comando dei gruppi di potere cui essi appartengono o addirittura di loro clan familiari, hanno impedito da noi la formazione di una classe dirigente illuminata e solidale”.
Semplici allusioni, dunque, mai riferimenti diretti, che giungono cinque giorni dopo l’ufficializzazione della lista e dell’ordine delle candidature – trattasi di fattore di primaria importanza, visto il sistema elettorale vigente che non permetterà agli elettori di esprimere la preferenza per i candidati all’assemblea regionale – e, dunque, in maniera intempestiva.
Come dire: “Ribellarsi è giusto – come amava dire qualche ex militante di Democrazia Proletaria – ma fino a un certo punto” . Nei tempi e coi modi tali da non pregiudicare certi assetti, nel momento in cui il capo rottamatore ha convinto l’establishment democratico nazionale a disarcionare Enrico Letta, spianandogli proprio la poltrona di palazzo Chigi.
Ma è davvero da “rottamatori”, da “innovatori della politica” una strategia della comunicazione nella quale non si fanno nomi e cognomi dei propri avversari che s’intende combattere politicamente? Secondo noi no.
Nemmeno alla vigilia delle primarie regionali e della conquista di palazzo Chigi.
Perché il “ponentino” che vuole portare aria nuova nella politica nazionale (dunque, perfino in quella calabrese), mal si concilia con i sussulti parziali e intempestivi e non ammette ribellioni a metà. O no?